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Scandalo Asl To4. Ospedale di Ivrea, la senatrice che telefona e minaccia: “O fate come dico io o vi sputtano”

Le intercettazioni della Guardia di Finanza, nell’inchiesta della Procura di Ivrea sull’Asl To4, svelano il dietro le quinte del potere: pressioni, minacce velate e ospedali decisi al telefono. Tra i protagonisti la senatrice azzurra, i dirigenti Fasson e Scarpetta e un sistema che parla più di quanto curi

Ospedale di Ivrea, la senatrice che telefona e minaccia: “O fate come dico io o vi sputtano”

Stefano Scarpetta e Virginia Tiraboschi

Il nuovo ospedale di Ivrea ancora non c'è, ma c’è già chi — dalle intercettazioni della Guardia di Finanza — si preoccupava di decidere dove piazzarlo, nell'ex area Montefibre, vicino al casello autostradale, dentro Palazzo Uffici Olivetti. E non erano medici o tecnici, ma politici e dirigenti. Tutto scritto nero su bianco nell’inchiesta dei procuratori di Ivrea Alessandro Gallo e Valentina Bossi sull’Asl To4, un’indagine che ha già prodotto 38  avvisi di garanzia e che racconta un mondo fatto di telefonate amichevoli, confidenze imbarazzanti e scambi di cortesie ai confini del buon gusto amministrativo.

L'ex senatrice Virginia Tiraboschi (non indagata), all’epoca in quota Forza Italia, è una delle voci più riconoscibili in quelle registrazioni. Chiede informazioni al direttore generale Stefano Scarpetta sul futuro nosocomio eporediese. E quando la risposta non le piace, scatta l’ultimatum: «Guarda che esco sui giornali in tre secondi». La frase  dice molto più di mille note stampa. Non serve urlare, basta ricordare di avere un microfono pronto.

Il giorno dopo, lo stesso Scarpetta chiama Stefano Sertoli, all’epoca sindaco di Ivrea, e gli racconta l’episodio. «Meglio che non parli», dice, «perché se parlo, devo parlare in procura». Eccolo, il termometro del sistema sanitario piemontese: febbre alta, pressione politica alle stelle, ma nessuna cura in vista.

L'ex sindaco di Ivrea Stefano Sertoli

L’indagine mette in fila mesi di telefonate, nomi e dialoghi che dipingono il ritratto di una sanità pubblica che funziona come un condominio dove tutti si conoscono e nessuno fa la raccolta differenziata. Al centro c’è Carla Fasson, dirigente di lungo corso, e il suo rapporto strettissimo con Scarpetta. Nelle intercettazioni la si sente spesso raccomandare calma e sangue freddo: «Dobbiamo stare tranquilli, è una partita da giocare con calma». Una frase che, in bocca a chi gestisce un’azienda sanitaria, suona più da pokerista che da amministratore pubblico.

Tra le voci più frequenti compare Agostino Ghiglia, ex assessore regionale, oggi all’Autorità Garante per la Privacy. Non è indagato.

Fasson lo chiama «Ago» — tono amichevole, confidenziale. Si vanta pure del legame di parentela, come se bastasse quello a risolvere qualche grana burocratica.

È l’inizio del 2022 e i due parlano di tutto: dalle nomine in Regione ai rapporti interni tra l'assessore Maurizio Marrone e il consigliere regionale Gianluca Gavazza, passando per la guerra politica fra Lega e Fratelli d’Italia. «Salvini da Roma si sta comportando sempre peggio», commenta Ghiglia, che nonostante il nuovo ruolo istituzionale dimostra di avere ancora l’orecchio ben sintonizzato sulle dinamiche di partito.

Nel frattempo, Fasson e Scarpetta (entrambi indagati) si sentono “a fine corsa”. «Qui mi sto bruciando, basta un secondo per far scoppiare un disastro», ammette lei. E aggiunge: «La prossima settimana Ago andrà da Cirio». Insomma, quando il terreno si scalda, c’è sempre un canale “amico” a cui rivolgersi. L’elenco degli interlocutori è lungo: Andrea Cane, Alessandro Benvenuto, Gianluca Gavazza, e naturalmente l’assessore Luigi Icardi, quello che della sanità piemontese è il vero “centro di gravità permanente”.

Ma non mancano nemmeno i contatti a sinistra. C’è Mauro Laus, parlamentare del Pd, che — secondo le registrazioni — viene citato dall’imprenditore Alessandro Rossi, amministratore della Saapa, società pubblico-privata che gestisce l’ospedale di Settimo. Rossi racconta di un incontro “super riservato” con Laus, aggiungendo che «a Settimo non si dovrà sapere nulla». Peccato che ora lo sappia mezza Italia. Nella stessa conversazione, definisce «troppo pericolosa»la sindaca Elena Piastra, anche lei dem

Intanto, mentre i dirigenti si scambiano consigli su come non “scoppiare fuori un merdone”, la sanità reale — quella dei cittadini, dei pronto soccorso affollati e delle liste d’attesa — resta sullo sfondo.

È il paradosso piemontese: si parla per ore al telefono di ospedali da costruire, ma non di quelli che crollano.

Le intercettazioni della Guardia di Finanza restituiscono un quadro chiaro: un sistema che non ha bisogno di tangenti per puzzare di potere. Bastano le amicizie, le telefonate, le pressioni velate e quella cultura della confidenza che da anni infetta la sanità pubblica come un virus silenzioso. Nessuno indagato, nessun colpevole, ma una certezza: se la salute è un diritto, la politica ne ha fatto da tempo una proprietà privata.

E allora, sì, forse la frase di Scarpetta era più lucida di quanto sembri: “Meglio che non parli”. Perché se davvero parlassero tutti, del sistema sanitario piemontese non resterebbe nemmeno il referto.

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