Cerca

Attualità

Vandali a Montanaro: presa di mira la chiesa! Careri: “Un atto di disprezzo verso la nostra comunità”

Ignoti hanno imbrattato i muri del luogo sacro. Il sindaco: «Un gesto che offende la cultura, la spiritualità e la storia del nostro paese»

Vandali a Montanaro!

Vandali a Montanaro! Careri: “Un atto di disprezzo verso la nostra comunità”

Ci risiamo. Ancora una volta, l’inciviltà ha trovato il modo di farsi vedere, e lo ha fatto dove fa più male: sui muri di una chiesa, quella di Loreto, a Montanaro, imbrattata nottetempo con scritte di cui nessuno sentiva il bisogno. Un atto tanto vile quanto assurdo, che ha lasciato sgomenti i cittadini e indignato l’amministrazione comunale.

Nella mattina di ieri, chi si è recato in chiesa per la messa ha trovato le pareti deturpate da scritte vergognose, vergate probabilmente nel buio della notte, con la presunzione di chi crede che la provocazione basti a dare un senso al proprio vuoto. Ma non è così: non c’è nulla di ribelle, nulla di artistico, nulla di “libero” in un gesto che colpisce un luogo di fede, di memoria, di identità collettiva.

A dirlo, con parole nette e amare, è stato lo stesso sindaco Careri, che ha condannato con fermezza l’episodio: «Un gesto che offende la cultura, la spiritualità e la storia del nostro paese. Il vandalismo in un luogo sacro è un atto di profondo disprezzo verso la nostra comunità».

E come dargli torto. I luoghi di culto, qualunque sia la confessione, non sono muri da imbrattare, ma spazi che appartengono a tutti, anche a chi non crede. Sono simboli di fede, di tradizione, di appartenenza, testimonianze vive di secoli di storia e di un patrimonio condiviso che non merita di essere sfregiato dalla mano di qualche idiota in cerca di attenzione.

Chi scrive insulti o slogan su una chiesa non compie un “gesto contro il potere”, ma un atto di violenza simbolica. È un attacco alla libertà altrui, un’offesa alla dignità di chi, in quel luogo, trova conforto, preghiera o semplice silenzio. È la dimostrazione di una barbarie culturale che va oltre la mera inciviltà: è disprezzo puro, una cancellazione del rispetto, un colpo basso inferto al senso stesso di comunità.

Eppure, il copione si ripete. Da anni assistiamo, in silenzio o quasi, a vandalismi nei cimiteri, nelle chiese, nei monumenti, come se fosse tutto normale, come se la memoria collettiva potesse essere trattata alla stregua di un muro qualsiasi. Ogni volta si parla di “ragazzate”, di “episodi isolati”. Ma non sono ragazzate: sono gesti deliberati di ignoranza, compiuti da chi scambia la libertà di espressione per il diritto di distruggere.

«Distruggere o deturpare un luogo sacro è un atto di violenza non solo contro la struttura fisica, ma contro i valori che rappresenta», ha aggiunto il sindaco, ricordando che «dietro questi gesti non c’è solo inciviltà, ma un disprezzo profondo per la fede cristiana e per ciò che essa significa per la nostra comunità».

E in effetti, la gravità di quanto accaduto non si misura in litri di vernice o nel costo del restauro. Il vero danno è morale. È il messaggio che resta, quel senso di ferita aperta che si prova quando a essere colpito non è un muro, ma un simbolo condiviso, qualcosa che appartiene a tutti, credenti e non.

Nel frattempo, le autorità stanno cercando di individuare i responsabili. Le indagini sono affidate ai carabinieri, che stanno analizzando le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona. Ma qualunque sia la mano che ha impugnato la bomboletta, il problema è più profondo. È educativo e culturale: c’è una generazione che sembra aver perso il senso del limite, il rispetto per ciò che non gli appartiene, la consapevolezza che la libertà finisce dove comincia quella dell’altro.

Sarebbe troppo comodo liquidare tutto con l’etichetta di “atto vandalico”. Queste scritte, come tutte quelle che deturpano chiese e monumenti, sono un pugno nello stomaco per chi crede ancora nel rispetto reciproco, un segnale preoccupante del degrado civile che si insinua anche nei luoghi che dovrebbero essere intoccabili.

Ecco perché non basta la condanna: serve una reazione corale, una presa di posizione chiara da parte delle istituzioni, delle scuole, delle associazioni. Serve ricordare, soprattutto ai più giovani, che un luogo sacro non è un bersaglio ma un’eredità; che chi profana un tempio, un monumento o un cimitero non “sfida il sistema”, ma calpesta la memoria di chi l’ha costruito e di chi lo custodisce.

Il sindaco ha promesso che le scritte saranno rimosse al più presto, ma il segno del gesto resta, e non solo sulla pietra. Resta nella coscienza di una comunità che oggi si sente ferita, e che ha tutto il diritto di essere indignata.

Perché sì, si può discutere di tutto, si può criticare tutto, ma il rispetto per i luoghi sacri e per la fede altrui non è materia di opinione. Chi lo dimentica, non solo commette un reato: dimostra di non appartenere più a quella civiltà che dice di voler cambiare.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori