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26 Ottobre 2025 - 21:07
A Borgaro Torinese il volontariato continua a dare sangue, mentre la politica resta a guardare. È la fotografia, amara e precisa, che emerge dal comunicato del gruppo consiliare Uniti per Cambiare, firmato da Elisa Cibrario Romanin, dopo mesi di silenzi, interrogazioni inevase e risposte evasive. Al centro della polemica, la sede dell’Avis di via Gramsci, ritenuta inidonea ai prelievi e ormai simbolo di un cortocircuito amministrativo e morale.
«Da tempo segnaliamo le criticità della sede – scrive il gruppo consiliare – ma l’amministrazione continua a ignorare il problema. L’Avis è la più grande realtà di volontariato cittadino, con oltre 400 donatori attivi, una forte componente giovanile e una crescente partecipazione femminile. Nonostante ciò, viene trattata come un fastidio da nascondere dietro una tenda di indifferenza».
Secondo Uniti per Cambiare, le lettere protocollate inviate dal presidente Giancarlo Farella sarebbero rimaste senza risposta, come se la questione potesse semplicemente essere archiviata. «La nostra interrogazione dell’8 maggio 2025 – ricordano – ha riportato nero su bianco ciò che tutti sanno ma pochi hanno il coraggio di ammettere: la sede è inadatta, il Comune non ha un piano, e l’unica soluzione proposta è continuare a utilizzare le autoemoteche dell’Avis Intercomunale “Arnaldo Colombo”. Un rattoppo che non affronta la radice del problema».
Il gruppo denuncia una gestione che definisce “inerziale e opportunistica”: una linea che si limita a galleggiare, senza progettualità né ascolto. Nella risposta ufficiale all’interrogazione, il sindaco Claudio Gambino avrebbe confermato che la sede non sarà mai idonea per i prelievi, che non sono previsti interventi strutturali e che i locali resteranno destinati a funzioni amministrative e di accoglienza. Una soluzione che, per l’opposizione, equivale a una resa: «Il sindaco parla di efficienza, ma l’efficienza senza visione è solo immobilismo».
La parte più dura del comunicato è però rivolta al presidente del Consiglio comunale, Andrea Tirella, che secondo il gruppo incarna un conflitto di ruoli emblematico. «È anche segretario della stessa Avis – sottolineano – eppure non ha mosso un dito per affrontare una questione che riguarda direttamente l’associazione che rappresenta. Un doppio ruolo che dovrebbe tradursi in doppia responsabilità, e invece si è trasformato in doppia assenza».
Le parole del gruppo sono taglienti: «Le lettere del presidente Farella sono rimaste lettera morta. Nessuna presa di posizione, nessuna proposta, nessuna difesa. Solo silenzio. E quando abbiamo chiesto spiegazioni, Tirella non ha nemmeno risposto personalmente: ha preferito lasciare la parola al sindaco, come se il suo doppio incarico non comportasse alcun dovere di ascolto o di intervento».
Nel comunicato si parla apertamente di “silenzio imbarazzante”, e di un atteggiamento che svilisce l’impegno dei donatori. «Il volontariato – prosegue Uniti per Cambiare – non può essere ridotto a cornice per le cerimonie. Servono fatti, non passerelle. Non bastano le strette di mano, servono interventi concreti».

Elisa Cibrario Romanin, capogruppo di Uniti per Cambiare
A rendere il quadro ancora più paradossale, secondo il gruppo, sarebbe stato l’episodio avvenuto pochi giorni fa durante la cerimonia per i 50 anni dell’Avis locale. «L’assessore alla Cultura Eugenio Bertuol – raccontano – si è fatto fotografare sorridente, con fascia tricolore ben in vista, davanti alla sede inagibile di via Gramsci. Un’immagine che riassume la distanza tra la politica e la realtà».
Lo stesso Bertuol, in un’intervista successiva, ha dichiarato che “essere cittadini attivi non significa compiere gesti clamorosi, ma scegliere di esserci a prescindere”. Parole che Uniti per Cambiare definisce “una beffa per chi da anni si spende gratuitamente per la collettività”. «Essere presenti – replicano – non vuol dire farsi fotografare. Vuol dire affrontare i problemi, ascoltare chi li vive, e restituire dignità a chi lavora per la comunità».
Nel testo si fa riferimento anche a una seconda interrogazione, datata 10 giugno 2025, in cui il gruppo chiedeva chiarimenti puntuali sullo stato di inagibilità dei locali, sulla documentazione ufficiale, sulle infiltrazioni, sulla continuità del servizio sanitario e sulle azioni previste in attesa della nuova palazzina Vigel. Tutte domande rimaste senza una risposta esaustiva. «Abbiamo chiesto trasparenza – spiegano – e ci è stato risposto con la solita genericità. È inaccettabile che il Comune non sappia o non voglia dire quando e come intende restituire all’Avis una sede all’altezza del suo ruolo».
Il tono si fa quasi amaro nella conclusione: «Il volontariato merita rispetto, non indifferenza. E rispetto significa non limitarsi alle parole. Significa riconoscere che senza il contributo di chi dona, la città sarebbe più povera, più fragile, meno solidale. Se oggi l’Avis di Borgaro continua a operare è solo grazie alla tenacia dei suoi volontari, non certo grazie all’attenzione dell’amministrazione».
Il gruppo di Elisa Cibrario Romanin promette di non abbassare la guardia: «Continueremo a vigilare – assicurano – affinché il volontariato non venga relegato ai margini dell’attenzione istituzionale. La cittadinanza merita chiarezza, rispetto e azioni concrete».
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