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24 Ottobre 2025 - 14:25
“Aspettando Halloween” si ferma: "Manca la voglia, manca l'entusiasmo". Se anche i commercianti alzano le mani...
A Chivasso, il fine settimana in cui si cambia l’ora non voleva dire solo l’arrivo dell’autunno. Voleva dire Aspettando Halloween: la festa dei bambini, quella che faceva sorridere le vetrine, riempiva le strade, portava gente da ogni angolo della città e anche da fuori. Ma quest’anno no. Quest’anno niente “Dolcetto o scherzetto”. Nessun costume, nessuna zucca illuminata. Nessuna magia.
Ad annunciarlo, con dispiacere ma anche con lucidità, è stato Giovanni Campanino, commerciante, ex presidente Ascom e, soprattutto, il “papà” di questa iniziativa. Con la moglie Orietta e un gruppo di amici di via del Collegio, nel 2011 aveva dato vita a una scommessa che in pochi anni era diventata un piccolo miracolo cittadino: una festa che esplodeva di allegria, che faceva crescere e divertire un’intera generazione di bambini chivassesi.
“Non è la prima volta che la manifestazione non si fa – scrive Campanino in un post su Facebook –. È già successo durante il Covid. Ma questa è la prima volta che non si organizza per mancanza di risorse. Non economiche, ma umane. È venuta meno la voglia, l’entusiasmo. Sia alla base che al vertice. Sia tra i commercianti che dovrebbero organizzare, sia tra enti e istituzioni che dovrebbero sostenere”.
Nessuna polemica, chiarisce Campanino, ma un grido d’allarme: un altro “pezzetto di Chivasso” che si perde. Aspettando Halloween era diventato un appuntamento fisso, un momento atteso dalle famiglie, costruito anno dopo anno con passione. E ora che si ferma, sembra davvero che la città si spenga un po’. Non è pessimismo: è realismo.
“Senza voglia e entusiasmo il territorio muore. Lentamente, ma muore. Senza anima e senza identità”, scrive. E poi aggiunge: “Oggi tutto è più complicato, anche solo per ottenere un contributo. Non viene più erogato in anticipo, ma solo dopo, previa fattura pagata. Con regole così rigide passa la voglia di fare”.
Il paradosso è tutto lì: la burocrazia uccide la spontaneità. E così, anche gli eventi che nascono “dal basso”, da chi vive davvero la città, finiscono schiacciati. “Se già c’è poca gente in giro e ci aggiungiamo pure le difficoltà organizzative – spiega Campanino – è un attimo che sparisca la voglia di proporre, di inventare, di partecipare. E così muore anche l’entusiasmo”.
Chivasso, per restare viva, ha bisogno di mani, idee, coraggio. Di persone che si incontrano e si rimboccano le maniche. “Bisognerebbe farlo – dice ancora Campanino – per il bene comune. Ma manca la voglia. E senza quella non si va da nessuna parte”.
Una frase che suona come una sentenza. O forse, come un ultimo invito a non spegnere la fiamma.
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