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Tassa di soggiorno, verso un nuovo record nel 2026: 1,3 miliardi di incassi. Ma piovono critiche da Comuni e operatori

Il gettito in continua crescita porterà nelle casse statali e comunali oltre un miliardo di euro, ma l’Anci e le associazioni del turismo attaccano: “Così si colpisce il settore e si tolgono risorse ai territori”

Tassa di soggiorno verso 1,3 miliardi nel 2026: lo Stato trattiene il 30% e scoppia la polemica

Tassa di soggiorno verso 1,3 miliardi nel 2026: lo Stato trattiene il 30% e scoppia la polemica

La tassa di soggiorno continua la sua ascesa e promette di diventare un vero e proprio tesoro per lo Stato e i Comuni. Secondo le ultime stime, nel 2026 gli incassi potrebbero raggiungere 1 miliardo e 300 milioni di euro, spinti dagli aumenti delle tariffe, dall’ampliamento dei periodi di applicazione e dall’ingresso di nuovi Comuni. Nel decreto “anticipi” approvato dal Consiglio dei ministri è stata infatti inserita la proroga delle misure incrementali dell’imposta, che prevede anche che il 30% del gettito extra venga girato al bilancio statale per finanziare il fondo per l’inclusione delle persone con disabilità e quello per l’assistenza ai minori.

«Già il 2025 sarà un nuovo anno record per quanto riguarda gli incassi dell’imposta di soggiorno, che raggiungeranno ben 1 miliardo e 186 milioni, segnando un incremento del 15,8% rispetto all’anno scorso. Dalle prime stime sul 2026, tra incrementi di tariffe, modifiche ai regolamenti e nuove amministrazioni che introdurranno l’imposta, potremmo arrivare a quota 1 miliardo e 300 milioni» ha spiegato Massimo Feruzzi, responsabile dell’Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno di Jfc.

Una crescita impressionante, considerando che nel 2011, primo anno di applicazione, soltanto 13 Comuni incassarono 77 milioni di euro. Poi una progressione costante, interrotta solo nel biennio della pandemia: 192 milioni nel 2020, 263 nel 2021, fino al rimbalzo a 628 milioni nel 2022.

La notizia del nuovo incremento ha però diviso politica e operatori. L’Anci, attraverso il presidente Gaetano Manfredi, ha espresso forte contrarietà: «Esprimiamo la nostra contrarietà in merito. Pur apprezzando la proroga dei limiti massimi dell’imposta di soggiorno anche per il 2026, ci preoccupa la disposizione che prevede di destinare una quota dell’eventuale gettito aggiuntivo alle coperture delle spese comunali per i minori e l’assistenza agli alunni disabili. Ciò che il governo propone ci sembra una “soluzione tampone” e incerta nel quantum, che scarica sui bilanci comunali una spesa che spetta allo Stato».

Sulla stessa linea anche l’opposizione. La deputata Silvia Roggiani, della presidenza del gruppo Pd alla Camera, ha sottolineato che «il turismo crea ricchezza che finisce allo Stato, mentre ai Comuni restano i costi e gli effetti dell’overtourism. La tassa di soggiorno dovrebbe servire a compensare questi squilibri, ma il governo Meloni sceglie di metterci le mani sopra, sottraendo il 30% delle risorse per finanziare spese che dovrebbero essere già coperte dal bilancio statale, come l’assistenza ai minori non accompagnati».

La vicecapogruppo dem alla Camera Simona Bonafè ha definito la decisione «un grave errore che sottrae risorse ai Comuni, destinate a servizi e sviluppo dei territori, per finanziare politiche sociali che dovrebbero essere garantite direttamente dallo Stato».

Durissimo il giudizio di Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti, secondo cui «si tratta di un provvedimento assurdo, in un Paese in cui la domanda interna ristagna, il livello di tassazione resta tra i più elevati d’Europa e il turismo chiuderà la stagione in positivo solo grazie alle presenze estere. È anche una misura inattesa, visto che erano in corso discussioni con le parti sociali. L’imposta di soggiorno diventa così una tassa sui turisti, una sorta di addizionale sulle presenze, e non più uno strumento per migliorare la qualità dell’offerta e delle destinazioni».

Messina ha ricordato che la tassa «era nata come imposta di scopo, destinata a finanziare investimenti turistici e interventi di valorizzazione dei territori, ma di questi investimenti, finora, se ne sono visti pochissimi».

Anche Federalberghi ha espresso disappunto, evidenziando che «il Giubileo è alle battute finali, ma la fame di denaro dei Comuni e dello Stato continua a galoppare». L’associazione ha ribadito l’importanza di destinare «una parte del gettito alla riqualificazione delle imprese turistiche e a contenere gli oneri amministrativi ed economici che gravano sulle strutture incaricate della riscossione dell’imposta».

Infine, il Codacons ha definito la misura «un enorme regalo per i Comuni e un danno per il turismo», lamentando «la totale mancanza di trasparenza sull’uso delle risorse e il rischio che i proventi vengano utilizzati per coprire buchi di bilancio, in violazione della normativa di settore».

Tra sostenitori e oppositori, la tassa di soggiorno si conferma uno dei temi più divisivi nel panorama economico italiano: un gettito in crescita costante che da un lato alimenta le casse pubbliche, ma dall’altro continua a far discutere chi teme un impatto negativo sul turismo e sull’immagine del Paese.

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