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Finpiemonte, la Cassazione chiude il caso Gatti: annullata definitivamente la condanna per peculato

I giudici dichiarano inammissibile il ricorso della procura generale: il reato non era peculato ma truffa, ormai prescritta. Si conclude così uno dei processi più discussi della sanità finanziaria piemontese

Finpiemonte, la Cassazione chiude il capitolo peculato: annullata la condanna, resta solo la truffa ormai prescritta

Fabrizio Gatti Finpiemonte

La Cassazione ha messo la parola fine al caso Finpiemonte, confermando la decisione della Corte d’Appello di Torino che lo scorso marzo aveva annullato la condanna per peculato inflitta all’ex presidente Fabrizio Gatti e agli altri imputati del processo. I giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla procura generale, stabilendo che i fatti contestati non configuravano il reato di peculato ma quello di truffa, ormai prescritto.

L’inchiesta riguardava una presunta distrazione di circa sei milioni di euro dai fondi della società regionale Finpiemonte. In primo grado Gatti, che era stato anche arrestato durante le indagini, aveva ricevuto una condanna a sette anni e sei mesi di reclusione, mentre per gli altri imputati le pene variavano tra i sette anni e due mesi e i quattro anni e mezzo.

La Corte d’Appello, accogliendo una delle tesi difensive, aveva ritenuto che la competenza territoriale spettasse non a Torino ma al tribunale di Roma, poiché i conti correnti su cui erano transitati i fondi si trovavano nella capitale. La difesa, rappresentata dagli avvocati Luigi Giuliano, Luigi Chiappero e Fabio Martinetto, aveva sostenuto sin dall’inizio che non sussistessero gli estremi del peculato e che la qualificazione giuridica del fatto dovesse essere diversa.

Secondo l’accusa, coordinata dal pm Francesco Pelosi, parte del denaro era stato trasferito su un conto della banca svizzera Vontobel intestato a una società che avrebbe poi finanziato un’immobiliare riconducibile a Gatti e in difficoltà economiche. Tuttavia, per la difesa, non era mai stata provata la disponibilità diretta di quelle somme da parte dell’ex presidente, né il nesso di causalità richiesto dal reato contestato.

Anche i legali Manlio Morcella e Michela Malerba, difensori di Pio Piccini, avevano definito inevitabile la riqualificazione giuridica dei fatti, sostenendo che non vi fosse mai stata prova materiale di appropriazione del denaro.

Con la decisione della Cassazione, che ha definitivamente respinto il ricorso della procura, la lunga vicenda giudiziaria di Finpiemonte si chiude dopo anni di udienze, ricorsi e ribaltamenti di sentenza. Per Fabrizio Gatti e per gli altri imputati, il verdetto rappresenta la fine di un processo durato oltre un decennio e segnato da un’accusa che, alla fine, non ha retto in sede di legittimità.

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