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Stellantis scommette tutto sull’America: 13 miliardi di dollari e 5.000 nuovi posti di lavoro. “E in Italia?”

Il colosso automobilistico punta tutto sugli Stati Uniti, dove annuncia il più grande investimento della sua storia. In Italia scoppia la polemica, tra rabbia sindacale e accuse di scarsa competitività.

Stellantis scommette tutto sull’America

Stellantis scommette tutto sull’America

Stellantis ha annunciato un piano di investimenti da 13 miliardi di dollari negli Stati Uniti nei prossimi quattro anni, il più grande mai realizzato nella storia del gruppo oltreoceano. L’obiettivo è aumentare la produzione del 50%, con cinque nuovi modelli nei principali segmenti di mercato e 19 iniziative di prodotto. Il progetto porterà oltre 5.000 nuovi posti di lavoro negli stabilimenti di Illinois, Ohio, Michigan e Indiana, rafforzando la presenza industriale americana.

Le risorse finanzieranno anche la produzione di un nuovo motore a quattro cilindri, mentre la programmazione industriale già definita si estenderà fino al 2029 con 19 modelli aggiornati e gruppi propulsori completamente rinnovati.

«Questo investimento negli Stati Uniti, il più grande e individuale mai realizzato nella storia di Stellantis, stimolerà la nostra crescita, rafforzerà i nostri impianti produttivi e porterà più posti di lavoro americani negli Stati che consideriamo la nostra casa» ha dichiarato Antonio Filosa, amministratore delegato di Stellantis e responsabile operativo per il Nord America. «Mentre ci prepariamo ai prossimi 100 anni, poniamo il cliente al centro della nostra strategia, ampliando la nostra gamma e offrendo loro la libertà di scegliere i prodotti che desiderano e amano. Accelerare la crescita negli Stati Uniti è stata una priorità assoluta fin dal mio primo giorno. Il successo in America non è solo un bene per Stellantis negli Stati Uniti, ma ci rende più forti ovunque».

L’annuncio, però, ha scatenato immediate reazioni in Italia. A cominciare dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha commentato con toni duri: «Perché Stellantis va negli Stati Uniti? È questa la domanda che ci dobbiamo porre. Perché non siamo riusciti ad essere attrattivi e a tenerli in Europa o ancor meglio in Italia. In Italia non ci sta perché costa troppo l’energia e c’è troppa burocrazia. Dall’altra parte stanno offrendo stabilimenti e costi che sono minori sia dal punto fiscale che per l’energia. O l’Europa si sveglia o perde dei pezzi di industria, ma il welfare di questo Paese è pagato all’80% dalle imprese di Confindustria».

I sindacati italiani, che incontreranno Filosa lunedì a Torino, chiedono che la stessa attenzione sia riservata anche al mercato europeo. Durissima la Fiom-Cgil, con le parole del segretario generale Michele De Palma e del responsabile del settore mobilità Samuele Lodi: «Stellantis annuncia investimenti di 13 miliardi di dollari negli Usa, mentre di investimenti in Italia al momento non c’è traccia. Mai come ora sono necessari importanti investimenti in Italia per mettere in sicurezza tutti gli stabilimenti, rilanciare le produzioni soprattutto mass market e l’occupazione».

Anche il numero uno della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano, ha espresso forte preoccupazione: «Chiediamo a Stellantis di investire in Europa come fa negli Usa. Se l’Italia, come l’azienda dice, è una delle tre gambe del gruppo, bisogna fare in modo che anche questa viaggi come le altre. La strategia deve essere di rafforzamento dei volumi e dell’occupazione. Abbiamo tanta cassa integrazione, si sono persi 9.000 posti di lavoro».

Sulla stessa linea la Uilm, con Rocco Palombella e Gianluca Ficco, che puntano il dito contro le scelte europee: «Il paventato rinvio del piano industriale da parte di Stellantis, peraltro contestuale al varo di imponenti investimenti negli Usa, dimostra che i pasticci combinati dalla Ue sulla transizione stanno spingendo le case automobilistiche a investire altrove e stanno mettendo a repentaglio la stessa sopravvivenza della nostra industria, senza alcun effettivo beneficio per l’ambiente».

Un coro unanime di preoccupazioni che accompagna il gruppo verso l’incontro di Torino, dove i sindacati attendono risposte concrete. Il timore, condiviso, è che mentre Stellantis spinge la crescita negli Stati Uniti, l’Italia resti ferma ai box, tra burocrazia, costi energetici e incertezza industriale.

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