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Liceo Monti di Chieri, il preside ferma la “moda degli sticker”: “Serve rispetto, non derisione”

Dopo le foto scattate di nascosto a docenti e compagni, il dirigente richiama gli studenti al rispetto e avverte: “La scuola non è un terreno di gioco per il cyberbullismo”

Liceo Monti di Chieri

Liceo Monti di Chieri, il preside ferma la “moda degli sticker”: “Serve rispetto, non derisione”

Al liceo Monti di Chieri la goliardia digitale ha superato il limite del rispetto. Scattare foto di nascosto a professori o compagni e trasformarle in sticker da condividere nelle chat: una pratica sempre più diffusa tra gli studenti, tanto da spingere il dirigente scolastico Giusta a intervenire con una circolare inviata a tutte le classi. Un richiamo deciso, ma dal tono educativo, per ricordare che la scuola deve rimanere «un luogo sereno e positivo, dove il rispetto reciproco viene prima di tutto».

L’iniziativa nasce dopo la segnalazione di diversi episodi in cui immagini di insegnanti o alunni erano finite nelle chat scolastiche sotto forma di sticker personalizzati, spesso usati per scherzo ma talvolta con intento offensivo o derisorio. Nella circolare, il preside ha invitato gli studenti a riflettere sulle conseguenze di un gesto apparentemente innocente: immortalare qualcuno senza consenso, manipolare l’immagine e diffonderla in rete può trasformarsi in un atto lesivo della dignità personale e configurare una violazione della privacy.

Gli sticker, spiegano i docenti, sono piccole immagini digitali, simili alle emoji ma create a partire da fotografie reali, ritagliate e modificate per essere usate in modo immediato nelle chat. In molti casi, vengono scambiate tra amici come forma di ironia o parodia, ma il confine tra gioco e mancanza di rispetto è sottile. E quando lo scherzo diventa pubblico, può generare umiliazione e imbarazzo, amplificati dal meccanismo virale dei social e delle app di messaggistica.

Il preside Giusta, nel documento diffuso all’interno dell’istituto, ha sottolineato l’importanza di promuovere una cultura digitale consapevole: «La tecnologia deve essere uno strumento di conoscenza, non di offesa. Fotografare una persona senza consenso e condividere l’immagine è un atto che può ferire, anche se non intenzionalmente». Parole chiare, destinate a ristabilire i confini di ciò che in un contesto educativo non può essere tollerato.

Per ora non sono state adottate sanzioni disciplinari, ma la scuola ha chiarito che, in caso di comportamenti reiterati o particolarmente gravi, potrà procedere con provvedimenti formali e, se necessario, coinvolgere le famiglie o le autorità competenti. Una linea ferma, che punta però prima di tutto alla prevenzione e alla responsabilizzazione.

L’episodio del liceo Monti si inserisce in una tendenza ormai diffusa in molti istituti italiani, dove l’uso disinvolto di smartphone e social network ha dato vita a una nuova forma di “satira digitale studentesca”, spesso priva di consapevolezza. Gli esperti di educazione digitale mettono in guardia: anche un gesto apparentemente innocuo può generare cyberbullismo involontario, soprattutto quando coinvolge docenti o coetanei che non hanno dato il proprio consenso.

Molte scuole, negli ultimi mesi, stanno avviando progetti di educazione civica digitale e laboratori sulla reputazione online, per insegnare ai ragazzi che ogni immagine condivisa ha un peso, e che l’umorismo, nel mondo dei social, può facilmente trasformarsi in una ferita.

A Chieri, la decisione del preside Giusta è stata accolta con favore dai docenti e con riflessione dagli studenti, che ora sono chiamati a riscoprire il valore di una regola antica, ma mai superata: il rispetto dell’altro, anche attraverso uno schermo.

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