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Tribunale di Ivrea: bocciato l’algoritmo del Ministero, supplenze assegnate in modo ingiusto

Una docente esclusa da un incarico vince il ricorso: il Ministero dovrà risarcirla con oltre 10mila euro per il mancato guadagno

Tribunale di Ivrea

Tribunale di Ivrea: bocciato l’algoritmo del Ministero, supplenze assegnate in modo ingiusto

Una sentenza destinata a far discutere scuole e sindacati arriva dal Tribunale del Lavoro di Ivrea. Il giudice eporediese ha dichiarato illegittimo l’algoritmo ministeriale con cui il Ministero dell’Istruzione e del Merito assegna le supplenze dalle Graduatorie Provinciali (GPS). Una decisione che apre un nuovo fronte nella lunga battaglia dei docenti precari contro un sistema automatizzato che, secondo la magistratura, non rispetta i principi di trasparenza ed equità.

La vicenda nasce dal ricorso di una docente esclusa da un incarico annuale, nonostante avesse i requisiti e il punteggio per ottenere la nomina. L’assegnazione, gestita interamente dal software ministeriale, l’aveva tagliata fuori a causa del meccanismo di scelta delle sedi, che obbliga gli insegnanti a indicare preferenze “alla cieca”, senza conoscere le disponibilità effettive dei posti. Il tribunale ha definito il sistema «del tutto irragionevole», perché costringe i candidati a muoversi nel buio e può penalizzare proprio chi ha più titoli e meriterebbe l’incarico.

Nella sentenza, il giudice ha condannato il Ministero a risarcire la docente con 10.011 euro, oltre agli interessi legali, riconoscendo un danno economico concreto legato al mancato guadagno derivante dalla supplenza mai ottenuta. La decisione sottolinea come l’automatismo cieco dell’algoritmo non possa sostituire il principio di meritocrazia che deve regolare il reclutamento del personale scolastico.

A sostenere il ricorso è stato il sindacato Anief, da tempo impegnato a denunciare le anomalie del sistema. «Questa sentenza – hanno commentato i legali – conferma quanto diciamo da anni: l’algoritmo non garantisce né trasparenza né giustizia. Chi resta escluso non lo è per mancanza di merito, ma per un difetto di logica informatica».

La questione non è isolata. In diverse province italiane, negli ultimi due anni, i tribunali del lavoro hanno accolto ricorsi simili, evidenziando un problema strutturale: l’algoritmo del Ministero non tiene conto della reale disponibilità delle cattedre, né consente ai candidati di modificare le preferenze in corso d’opera. Se una sede non viene indicata e successivamente risulta libera, il docente viene considerato “rinunciatario”, perdendo ogni possibilità di nomina.

Un cortocircuito burocratico che ha alimentato frustrazione e contenziosi in tutta Italia, con centinaia di supplenti esclusi senza una motivazione comprensibile. Gli avvocati di Anief parlano di un “sistema opaco”, frutto di un’eccessiva fiducia nell’automazione e di una progressiva deresponsabilizzazione degli uffici scolastici provinciali, che ormai si limitano a eseguire i risultati prodotti dal software.

La sentenza di Ivrea, oltre al valore economico, assume dunque un significato politico e giuridico più ampio: riconosce che la gestione algoritmica delle graduatorie non può prevalere sui diritti individuali dei lavoratori, e che il Ministero deve garantire un sistema fondato su criteri chiari e verificabili.

Mentre si attende di capire se il Ministero presenterà appello, la decisione eporediese apre la strada a nuovi ricorsi e rischia di mettere in discussione l’intero modello di reclutamento automatizzato. Un segnale forte, che potrebbe spingere l’amministrazione a ripensare l’uso degli algoritmi nella pubblica amministrazione, laddove la macchina finisce per schiacciare il fattore umano.

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