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Askatasuna, il progetto di cogestione vacilla tra luci accese, misure cautelari e politica in trincea

La Digos notifica due misure: il centrodestra chiede lo sgombero. La maggioranza difende il progetto e gli attivisti convocano un corteo l’11 ottobre.

Askatasuna nella bufera

Askatasuna (foto di repertorio)

Le luci che restano accese e le sagome che si intravedono ai piani alti di corso Regina Margherita 47 sono diventate il simbolo di una contraddizione che Torino non riesce più a ignorare: il centro sociale Askatasuna, formalmente svuotato da febbraio 2024, continua a essere usato. All’alba, dentro quello stesso stabile, la Digos ha notificato due misure cautelari a giovani ritenuti protagonisti delle azioni più violente nelle recenti mobilitazioni contro la guerra di Israele. Un fatto che alimenta la polemica sulla trasformazione dello spazio in “bene comune” e mette sotto stress la tenuta politica del progetto di cogestione.

La cronaca è asciutta: nonostante l’ufficiale “vuoto” dell’edificio, in molti hanno visto attività ai piani alti, anche durante i cortei a sostegno di Gaza e della Palestina delle ultime settimane. La conferma, nero su bianco, arriva con le due misure cautelari eseguite all’interno del civico 47. I destinatari, stando alle contestazioni, sono coinvolti nelle frange più dure delle proteste del 2023 e del 2024. Per gli attivisti, perquisizioni e provvedimenti sono “un atto intimidatorio” che “non basterà a fermarci”.

Qui emerge il nodo politico. La delibera della giunta Lo Russo, sostenuta da un gruppo di garanti espressione della sinistra torinese, poggia su due pilastri: non violenza da parte di chi utilizzerà lo spazio e svuotamento durante i lavori di messa in sicurezza. Gli sviluppi delle ultime ore cozzano con entrambi i requisiti. Se l’obiettivo era disinnescare una faglia storica della città riconoscendo e regolando l’uso di quell’area, i fatti rischiano di trasformare la cogestione in un boomerang di credibilità.



Sul fronte opposto, il centrodestra coglie l’assist. L’assessore regionale di Fratelli d’Italia, Maurizio Marrone, annuncia un esposto in procura e rilancia la battaglia contro quella che definisce una “legalizzazione” di Askatasuna. La richiesta è corale: sgombero immediato. A farsi sentire è anche il ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo. Dal lato di Palazzo Civico il sindaco Stefano Lo Russo sceglie il silenzio, mentre i partiti di maggioranza mantengono la rotta a difesa del progetto, una linea esplicitata dalla consigliera regionale di Avs, Alice Ravinale.

Gli attivisti, intanto, tirano dritto. Il primo banco di prova sarà la manifestazione di sabato 11 ottobre, con partenza da piazza Castello. Dopo settimane di cortei, l’appuntamento misurerà la capacità di mobilitazione e il livello di tensione in città, mentre la questione Askatasuna torna al centro della scena pubblica.

Il caso tiene insieme tre piani: ordine pubblico, legalità amministrativa e reputazione politica. Le misure cautelari danno sostanza ai dubbi sull’effettivo svuotamento dello stabile; l’esposto annunciato da Marrone può aprire un fronte giudiziario parallelo alla partita istituzionale; la coalizione che governa Torino è chiamata a dimostrare che il modello di cogestione non è un alibi, ma una strada credibile per riportare regole e responsabilità in un luogo simbolico. Il punto, oggi, non è solo se Askatasuna debba essere sgomberata o no, ma se la città sappia far convivere diritti civili, partecipazione e rispetto delle regole senza scivolare in nuove contrapposizioni sterili.

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