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11 Ottobre 2025 - 11:19
Torino: divieto di trasferta ai tifosi del Napoli, ma lo stadio Olimpico sarà per metà azzurro
È tornata la stagione dei divieti, delle ordinanze e delle decisioni “per motivi di sicurezza” che puzzano di vecchio calcio e di doppie misure. La partita Torino–Napoli, in programma il 18 ottobre allo stadio Olimpico Grande Torino, si giocherà senza tifosi campani. O, almeno, così vorrebbe far credere il provvedimento del prefetto Donato Cafagna, che ha imposto il divieto di vendita dei biglietti ai residenti in Campania, esteso a tutti i settori dello stadio, compreso quello ospiti.
Un provvedimento che, a leggere le motivazioni ufficiali, serve a “garantire l’ordine e la sicurezza pubblica”, dopo le valutazioni dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive e del Comitato di analisi per la sicurezza nelle manifestazioni sportive. Tradotto: la solita formula burocratica per mascherare la paura dell’incapacità di gestire una partita di calcio.
Non basterebbe, evidentemente, l’enorme dispiegamento di forze dell’ordine che accompagna ogni match di Serie A. E allora si sceglie la scorciatoia: vietare la trasferta. Penalizzare una tifoseria intera, colpevole soltanto di avere il domicilio nella regione sbagliata. Anche i titolari della tessera di fidelizzazione del Napoli, quella che dovrebbe garantire l’accesso “sicuro” agli impianti sportivi, sono stati esclusi dal diritto di assistere alla partita.
Eppure, nonostante il divieto, lo stadio sarà comunque mezzo azzurro. Perché il Torino ha deciso di mettere a disposizione dei tifosi napoletani non residenti in Campiani diversi settori dell’Olimpico – non solo quello ospiti – consentendo di fatto la presenza di centinaia di sostenitori partenopei residenti fuori dalla Campania. Insomma, un paradosso: si vieta per “motivi di sicurezza”, ma si spalancano le porte altrove.
A rendere il tutto più surreale, l’ordinanza prevede che solo i possessori della tessera “Cuore Granata”, sottoscritta prima del 31 agosto 2025, possano acquistare biglietti per le curve Nord e Sud. Tutti gli altri esclusi. Biglietti “blindati”, personalizzati e incedibili, come se una tessera fosse garanzia di civiltà.
Il risultato è sempre lo stesso: il calcio dei divieti e della paura. Un calcio che si vanta di essere “per le famiglie”, ma che rinuncia sistematicamente a gestire la passione popolare. E allora si preferisce chiudere, impedire, vietare. Peccato che a farne le spese siano i tifosi veri, quelli che viaggiano, pagano, e sognano di poter seguire la propria squadra ovunque giochi.
La scena del prossimo 18 ottobre sarà dunque emblematica: uno stadio diviso a metà, con settori riempiti da tifosi azzurri “in incognito” e un’aria surreale di sospetto reciproco. Tutto nel nome di una sicurezza che sa tanto di ipocrisia istituzionale.
Forse il problema non è nei tifosi, ma in un sistema che non sa più distinguere tra prevenzione e repressione, tra ordine pubblico e libertà sportiva. E che, pur di evitare rischi, sacrifica il senso stesso del calcio: quello di unire.
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