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11 Ottobre 2025 - 10:54
Che cosa succede quando un paziente in trattamento oncologico per un tumore solido ha un improvviso rialzo febbrile o manifesta un effetto tossico da farmaci? Fino a oggi, la risposta era quasi sempre la stessa: un passaggio obbligato dal pronto soccorso, con lunghe ore d’attesa, ambienti affollati, personale non sempre specializzato e un carico enorme di ansia e rischio clinico. Ora, però, in Piemonte qualcosa sta cambiando. Nasce infatti il Centro Accoglienza e Servizi – Terapia (CAS-T), un progetto che punta a riscrivere le regole dell’urgenza oncologica con un approccio più rapido, strutturato e umano.
Promosso da Azienda Zero Piemonte e dalla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, il CAS-T è pensato per i pazienti che stanno affrontando un trattamento farmacologico attivo per un tumore solido. Il suo obiettivo è tanto chiaro quanto ambizioso: costruire un percorso dedicato che intercetti tempestivamente i segnali d’allarme, eviti i “giri a vuoto” nei pronto soccorso e garantisca una gestione specialistica delle tossicità e dei sintomi acuti correlati alle terapie.
Alla base dell’iniziativa c’è un’idea semplice ma rivoluzionaria: non tutte le urgenze sono uguali, e un paziente oncologico non può essere trattato come chi arriva in pronto soccorso per un trauma o un malessere generico. Perché ogni minuto di ritardo può avere conseguenze pesanti, e ogni intervento deve tener conto della fragilità clinica e psicologica di chi sta già lottando contro la malattia.
Il progetto CAS-T nasce grazie anche al contributo del dottor Marco Numico, direttore dell’Oncologia dell’Azienda Ospedaliera di Cuneo, e parte in fase pilota in tre strutture di riferimento: gli ospedali Santa Croce e Carle di Cuneo, l’Ospedale Mauriziano di Torino e l’ASL VCO. L’obiettivo è testare un modello che, se efficace, potrà essere esteso progressivamente a tutta la rete piemontese.
Il cuore operativo del CAS-T è un triage clinico specifico, costruito su misura per i pazienti oncologici. Gli operatori — formati con percorsi dedicati — sono in grado di valutare rapidamente i sintomi e le tossicità, assegnando un livello di priorità che rispecchia la reale gravità del quadro. In questo modo, la presa in carico diventa tempestiva e coerente con le esigenze del paziente, riducendo i tempi di attesa e indirizzando subito verso le competenze giuste: oncologia, medicina d’urgenza o terapia di supporto.
Dietro il progetto c’è una filosofia chiara, riassunta nelle parole dell’assessore regionale alla sanità Federico Riboldi: «CAS-T mette al centro la persona, rafforzando l’umanità delle cure. Migliora l’assistenza territoriale garantendo ai pazienti oncologici un supporto rapido e vicino ai loro bisogni, evitando percorsi frammentati o confusionari. Solo così possiamo assicurare risposte tempestive, competenti e coerenti con la loro fragilità».
Il contesto in cui nasce il CAS-T è tutt’altro che marginale. Il cancro è oggi la seconda causa di mortalità in Italia, con quasi 400.000 nuove diagnosi solo nel 2023. Tra il 3 e il 10% dei pazienti che si presentano ai pronto soccorso ha una storia oncologica, e più della metà di loro viene ricoverata. Numeri che raccontano un carico enorme per il sistema sanitario e per le persone coinvolte.
In questo scenario, una corsia preferenziale per i pazienti in trattamento attivo può diventare una svolta. Ridurre i tempi di attesa, limitare i ricoveri inutili e alleggerire i pronto soccorso sono obiettivi che si intrecciano con la qualità della vita dei malati e con la sostenibilità dell’intero sistema sanitario regionale.
CAS-T promette di offrire un’assistenza più vicina e pertinente, con un accesso dedicato, una valutazione rapida delle tossicità e un percorso chiaro, senza frammentazioni e senza il disorientamento che spesso accompagna l’esperienza d’urgenza. Per i clinici significa poter contare su strumenti standardizzati e su criteri di priorità condivisi; per i pazienti significa non sentirsi soli nel momento più critico del percorso terapeutico.
Il progetto non è solo un’innovazione organizzativa, ma anche un passo avanti nella umanizzazione delle cure, uno dei principi cardine della sanità piemontese. Perché se la medicina di precisione mira a colpire il tumore con efficacia crescente, la medicina dell’accoglienza deve imparare a prendersi cura di chi ne porta il peso, anche e soprattutto nei momenti di emergenza.
Il CAS-T, con la sua formula sperimentale e la collaborazione tra ospedali, oncologi e territorio, rappresenta dunque un laboratorio di integrazione sanitaria. Una sfida che punta a un obiettivo ambizioso: trasformare la gestione dell’urgenza oncologica da percorso caotico e ansiogeno in un sistema ordinato, competente e umano.
Perché la vera innovazione, in sanità, non è solo nella tecnologia o nei farmaci, ma nella capacità di ridurre le distanze tra chi cura e chi chiede aiuto — anche, e soprattutto, quando ogni minuto conta davvero.
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