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10 Ottobre 2025 - 00:33
Foto profilo: Festival dell'Accoglienza. Credit: Marco Dorneles
Qualcuno la chiama la "sindaca con gli stivali" e lei, Elena Piastra, di strada ne fa. Tra un hashtag progressista e una diretta Facebook dal tono “umanista contemporaneo”, sembra ormai vivere in una campagna elettorale senza fine, una specie di “Grande Tour del consenso permanente” che la porta ovunque — tranne che nella sua città.
Succede questo. Mentre a Settimo Torinese è in corso il Festival dell’Innovazione e della Scienza (e dei "pasticci" con Leonardo di Dario Netto) lei se ne stava trulla trulla a Torino, a moderare un incontro al Festival dell’Accoglienza.
Titolo: “Accogliere talenti. Incontro tra imprese e giovani migranti”. Un evento, guarda caso, dal sapore perfettamente elettorale: migranti, inclusione, imprese, valori universali, applausi assicurati e nessun rischio di contestazioni concrete.
D’altronde, da tempo la prima cittadina sembra aver scelto di fottersene delle buche, del traffico, dei problemi reali dei cittadini — cose troppo terrene, troppo “non instagrammabili” — per dedicarsi alla costruzione della sua immagine di leader illuminata, pronta per platee più ampie.
Insomma, mentre Settimo discuteva di scienza, lei preferiva discutere di accoglienza. Mentre i ragazzi delle scuole incontravano divulgatori, lei incontrava funzionari ONU e industriali torinesi.
L’appuntamento torinese al VastéBistrò della Fondazione Agnelli, dove si è svolto l’evento, è stato raccontato come un aperitivo diventato “ponte tra mondi diversi”. E in effetti, un ponte lo è: quello tra Settimo e Torino, che la sindaca percorre volentieri ogni volta che c’è da mettersi al centro di un palcoscenico.
Certo, c’è da dire che moderare un incontro con l’UNHCR, l’Unione Industriali e la Fondazione Geos fa sempre la sua figura. Un contesto perfetto per farsi fotografare mentre ascolta attentamente, annuisce con empatia e poi dice qualcosa di universalmente condivisibile come “Dobbiamo costruire comunità inclusive e libere da pregiudizi”. Nessuno può dissentire, e soprattutto nessuno le può chiedere conto dei problemi di casa sua. Perché si sa, l’accoglienza va benissimo, ma quella delle critiche un po’ meno.
E così, mentre lei discuteva a Torino di ponti tra culture, a Settimo i cittadini continuavano ad attraversare ponti veri — spesso pieni di buche, traffico e disagi — per raggiungere il lavoro o portare i figli a scuola. Un parallelismo involontariamente perfetto: da una parte i “ponti metaforici” del linguaggio politico, dall’altra i ponti reali che cadono a pezzi sotto il peso della quotidianità. Ma forse la metafora è troppo calzante per non essere ironica.
Non c’è nulla di male, in fondo, nel voler partecipare a un evento sull’inclusione. Il problema è che la sindaca Piastra sembra ormai più interessata a includersi lei in ogni vetrina possibile che a occuparsi della vita concreta dei suoi cittadini. Da mesi è una presenza costante in convegni, dibattiti, talk, aperitivi sociali, panel “ispirazionali” — tutto ciò che le consente di mantenere viva l’immagine di amministratrice progressista e moderna, pronta a spiccare il volo verso qualcosa di più grande. Magari un seggio, magari un incarico regionale, magari solo un titolo in più da spendere.
Perché la verità è che a Settimo, tra un festival e l’altro, la gente comincia a chiedersi se la sindaca ci sia ancora. Le cronache locali raccontano di quartieri trascurati, aree sporche, scuole in attesa di interventi, servizi che arrancano.
A Torino la si applaude per le belle parole, a Settimo la si aspetta con l'elenco dei disservizi.
Insomma, mentre Settimo celebra l’innovazione, Elena Piastra celebra se stessa. Mentre gli altri parlano di futuro, lei costruisce il proprio — rigorosamente sotto i riflettori. E magari, mentre brinda all’inclusione tra un aperitivo e l’altro, pensa già al prossimo slogan elettorale: qualcosa tipo “Accogliamo talenti, respingiamo i problemi”. Sarebbe perfetto per la sua prossima campagna.
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