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08 Ottobre 2025 - 16:58
ll problema c’è. E questa volta lo ammette anche Poste Italiane. Dopo il nostro articolo di qualche giorno fa, in cui denunciavamo la vergogna quotidiana del recapito a Settimo Torinese, l’azienda ci ha scritto. Ha riconosciuto l’esistenza di rallentamenti e ha assicurato di aver “attuato gli opportuni provvedimenti per il pieno ripristino della regolarità del servizio.
Un’ammissione che pesa, perché arriva dopo mesi di segnalazioni rimaste inascoltate.
Tant'è! Le scuse ai cittadini ci sono, la promessa di migliorare pure. Ma a Settimo nessuno dimentica che di promesse simili, negli ultimi mesi, se ne sono sentite tante, e che il problema è sempre rimasto lì, in attesa — come la posta.
Le buche delle lettere che in molti quartieri, restano desolatamente vuote per giorni. Famiglie che ricevono bollette già scadute, commercianti che aspettano documenti fiscali fondamentali e perfino lettori che non trovano il loro settimanale La Voce nella cassetta. Un cortocircuito che dura ormai da troppo, e che ha un’origine precisa: la chiusura del centro di smistamento di Settimo e il trasferimento di tutto a Leini.
La chiamano “razionalizzazione”, come se fosse una parola magica. In realtà significa meno personale, tempi più lunghi e un servizio peggiorato. Un esperimento fallito, nato per “ottimizzare le risorse” e finito per tagliare il legame con il territorio. I postini — pochi, stremati, spesso costretti a coprire aree enormi — fanno quello che possono. Ma se il sistema è ingolfato, neppure la buona volontà basta.
Nel frattempo, Poste Italiane rassicura: tutto tornerà presto alla normalità. Ma i cittadini, giustamente, chiedono prove, non parole. Perché dietro ogni lettera che non arriva c’è un disservizio reale, che ha conseguenze concrete. C’è chi perde una scadenza, chi deve pagare more, chi scopre all’ultimo una convocazione importante. E poi ci sono gli anziani, che ancora aspettano la posta come un segno di normalità, come un contatto umano. Anche loro, ormai, hanno smesso di credere alle promesse.
Dietro la quinte la solita sindaca Elena Piastra in tutt'altre faccende affaccendate. Impegnatissima con il festival dell'innovazione e dagli impegni con Ali a raccontare la città più bella del mondo....
Più volte investita del problema, non ha fatto sapere se abbia preso in mano la situazione. Ha alzato il telefono? Ha mandato una pec? Nessuno lo sa. Forse sì, forse no. Forse si è limitata, come spesso accade, a dire che “non è competenza del Comune”. Eppure, si tratta di un servizio pubblico che tocca tutti, e una città che funziona si misura anche da come reagisce di fronte ai disservizi.
Un sindaco non può limitarsi a segnalare. Deve pretendere, incalzare, battere i pugni sui tavoli. Perché dietro la parola “posta” non c’è solo la corrispondenza: c’è la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. E quando questa fiducia vacilla, nessuna lettera di scuse può bastare.
L’unica certezza, al momento, è che Settimo resta in attesa. In attesa del postino, delle risposte, e soprattutto dei fatti. Perché se è vero che Poste Italiane ha ammesso i disservizi, è altrettanto vero che a oggi non c’è un solo cittadino in grado di dire se qualcosa stia davvero migliorando.
Insomma, Poste Italiane ammette i disservizi e promette soluzioni. Settimo, per ora, aspetta. Aspetta la posta, le risposte e un segno concreto che le scuse non siano solo parole scritte su carta intestata.
A Settimo Torinese il postino non suona più. Non è colpa sua, dicono. È colpa delle riorganizzazioni, dei piani di razionalizzazione, delle verifiche avviate. Tutte parole che promettono ordine e consegnano confusione.
Poste Italiane ha ammesso i disservizi, con la cortesia formale dei comunicati: “rallentamenti”, “ripristino della regolarità”. È sempre bello quando il linguaggio è così ordinato, anche se la realtà non lo è affatto.
La posta, intanto, resta per strada. O in un magazzino. O in un pensiero di qualcuno che ha smesso di aspettarla. I cittadini si arrangiano, la sindaca non segnala, e tutto continua come se fosse normale che la normalità non arrivi mai.
Una volta il postino suonava due volte. Adesso non suona più. Forse perché ha capito che, anche se suonasse, non aprirebbe nessuno.
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