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Nuovo orso nel VCO? Le misteriose feci scoperte in montagna

Nel Verbano-Cusio-Ossola feci a 1.300 m suggeriscono un orso giovane diverso da M29: foto analizzate dagli esperti, ma solo il DNA potrà confermarlo

Nuovo orso nel VCO?

Nuovo orso nel VCO? Le misteriose feci scoperte in montagna

Nel Verbano-Cusio-Ossola si apre un nuovo capitolo sul fronte della fauna selvatica: alcune feci scure rinvenute a circa 1.300 metri di quota in zona montana potrebbero appartenere non all’orso noto come M29, ma a un individuo diverso, più giovane e di taglia inferiore. L’Associazione Nazionale per la Tutela dell’Ambiente e della Vita Rurali (ANPAVR) riporta che le analisi iniziali svolte su fotografie del reperto lasciano spazio a tale ipotesi, anche se – fino a prova contraria – ogni certezza rimane vincolata al DNA.

Il casus, divulgado nei giorni scorsi, è stato rilanciato attraverso una segnalazione fatta da un escursionista esterno alla zona. L’uomo ha fotografato il reperto e lo ha consegnato ai tecnici. Esperti zoologi e studiosi specializzati in orsi bruni hanno esaminato l’immagine: il colore molto scuro, l’assenza di ossa visibili, la forma relativamente esile e la dimensione compatibile con un animale che non somiglia al robusto M29 hanno fatto ipotizzare la presenza di un orso subadulto, piuttosto che di un esemplare maturo.

Va detto che le analisi sul campo, condotte l’8 ottobre, non hanno permesso di ritrovare ulteriori feci nel contesto territoriale, complice il paesaggio vasto e boscoso. L’area è stata mantenuta segreta per evitare disturbi e falsi ritrovamenti. L’Associazione, se riscontrerà altri reperti, intende inviarli a un istituto accreditato per l’analisi genetica.

Sul versante tecnico, il confronto con M29 è inevitabile. Secondo gli esperti, l’esemplare trovato non ha i caratteri morfologici attesi da M29: testa e collo più stretti, zampe più snelle, assenza dei segni cromatici tipici del maschio adulto. Alcuni zoologi hanno stimato la lunghezza testa-coda presumibile tra 155 e 160 cm, con un’altezza della groppa attorno a 90 cm, e un peso indicativo di 100–130 kg — un profilo compatibile con un orso in accrescimento. Il confronto con M29, un maschio documentato e monitorato da anni, ha messo in luce differenze sostanziali: M29 pesa molto di più e presenta marcature fisiche più robuste.

Il comandante della polizia provinciale, osservando la fotografia, ha ammesso che è sempre difficile fare certezza visiva sulle feci, pur riconoscendo elementi che lo portano a considerare probabile la matrice ursina piuttosto che quella di animali più comuni come cinghiali. Nonostante ciò, ha sottolineato che solo un test genetico può confermare l’appartenenza. In quota, la presenza residua di mirtilli, specialmente nelle zone meno esposte al gelo, potrebbe aver influenzato il contenuto e la colorazione delle feci, rendendone più probabile l’assimilazione da parte di un orso giovane.

Il Parco Val Grande e il Parco Alpi Cozie sono chiamati a rivedere le proprie strategie di monitoraggio, anche in relazione a questa nuova possibile segnalazione. In particolare, emerge una richiesta di provvedimenti disciplinari o almeno di maggiore trasparenza da parte del Parco Alpi Cozie, che sovrintende a buona parte delle aree alpine del Piemonte occidentale e del territorio in cui la segnalazione è stata fatta. L’ente di gestione delle Aree Protette delle Alpi Cozie gestisce, tra l’altro, il Parco Orsiera-Rocciavrè e altre aree critiche per la convivenza tra fauna selvaggia e attività umane.

In anni recenti l’orso M29 è stato l’unico esemplare certificato nella provincia del VCO, oggetto di numerosi avvistamenti e tracciamenti tramite fototrappole. Recenti immagini lo confermerebbero attivo nella zona del Parco Val Grande, senza manifestare comportamenti aggressivi verso l’uomo. Da qui la cautela degli studiosi: ogni nuova segnalazione rischia di sovraccaricare le attenzioni su un singolo individuo già opportunamente monitorato.

Il sospetto che ci sia un secondo orso, potenzialmente giovane e in fase di dispersione, introduce scenari nuovi per la gestione faunistica alpina: dal rischio genetico (incroci con M29), all’aumento delle interazioni con l’uomo, fino alla necessità di potenziare il sistema di rilevamenti sul terreno e con fototrappole.

La comunità naturalistica locale e gli enti interessati hanno davanti un bivio: considerare la segnalazione come un falso positivo, oppure valutare seriamente che il VCO e le Alpi occidentali abbiano cominciato ad ospitare un nucleo minimo autonomo di orsi, oltre a M29. In ogni caso, il passo successivo è chiaro: reperti biologici, analisi genetiche e un coordinamento più stretto tra Parchi e autorità provinciali per certificare o escludere l’esistenza del “nuovo orso” segnalato nelle feci fotografate.

Solo con dati solidi si potrà passare dalle ipotesi ai fatti, e definire nuove linee guida per la conservazione, la sicurezza nelle aree montane e la convivenza con grandi carnivori che, lentamente, tornano a reclamare spazi perduti.

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