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09 Ottobre 2025 - 14:37
Allarme latte in Piemonte: crollano i prezzi
Il prezzo del latte torna a far tremare il comparto zootecnico piemontese. Dopo un’estate già segnata da rincari energetici e difficoltà logistiche, il settore lattiero-caseario entra in autunno con un dato che preoccupa gli allevatori: il prezzo “spot” del latte crudo è sceso da 60 a 51 euro al quintale, con un successivo parziale assestamento tra 54 e 55 euro, ma il trend resta negativo. A lanciare l’allarme è Confagricoltura Piemonte, che parla di “comparto in allerta” e invita le istituzioni ad attivare subito strumenti di sostegno per evitare un nuovo collasso della filiera.
La contrazione dei prezzi, spiegano da Confagricoltura, non riguarda solo il latte ma anche derivati chiave come panna, burro e formaggi, il che potrebbe innescare una catena di ripercussioni su tutta la filiera. L’ipotesi che le industrie decidano di rivedere al ribasso le forniture e le quotazioni è considerata un rischio concreto. In uno scenario simile, i margini per gli allevatori – già compressi da mesi di spese elevate – si ridurrebbero ulteriormente, con conseguenze potenzialmente gravi per la tenuta economica delle aziende agricole piemontesi.
«È una situazione di assestamento che va seguita con grande attenzione» ha spiegato Cristina Donalisio, vicepresidente di Confagricoltura Torino. «Questo calo è legato anche all’ingresso nel nostro Paese di latte estero, in un periodo, quello di fine estate, in cui solitamente tali flussi non si registrano». Il riferimento è ai quantitativi provenienti dall’Europa centrale, dove il latte di provenienza straniera riesce a competere sul prezzo, comprimendo la capacità di vendita delle aziende italiane.
La dinamica è aggravata da fattori internazionali che, secondo Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, vanno considerati nel loro insieme. «L’Europa – osserva – registra una flessione produttiva, mentre Paesi come Nuova Zelanda e Stati Uniti hanno incrementato sensibilmente i quantitativi di latte esportato. Questa asimmetria sta incidendo sulle quotazioni europee e di riflesso anche sul mercato italiano». A ciò si aggiungono i cambiamenti climatici, che influenzano la salute degli animali e la qualità del latte, oltre ai dazi commerciali e alla volatilità dei costi delle materie prime.
Il combinato disposto di questi elementi rischia di riaprire ferite non ancora rimarginate dopo la crisi del 2020-2021, quando il prezzo del latte era crollato ai minimi storici e centinaia di stalle avevano chiuso. Oggi, il timore è che la nuova discesa possa innescare una spirale simile, aggravata da un contesto in cui i costi di gestione – mangimi, energia, carburante – restano elevati e poco prevedibili.
Confagricoltura chiede che l’Italia applichi pienamente gli strumenti di tutela previsti dalla normativa comunitaria, che consente di attivare aiuti temporanei nei periodi di crisi di mercato, con fondi straordinari per sostenere gli allevatori e preservare il tessuto produttivo. «Occorre un piano strutturale di sostegno alla filiera – sottolinea Allasia – che garantisca la sopravvivenza delle aziende e valorizzi la qualità del latte italiano, senza permettere che sia schiacciato dalle logiche speculative di mercato».
Il Piemonte, che rappresenta una delle regioni simbolo della produzione lattiero-casearia italiana, con eccellenze come il Toma, il Raschera, il Bra e il Gorgonzola Dop, rischia di vedere compromesso un settore strategico per l’economia rurale e per la salvaguardia del territorio. In molte aree di pianura e collina, la zootecnia non è solo un’attività produttiva ma un presidio ambientale, capace di mantenere vivi i piccoli centri e contrastare l’abbandono delle aree agricole.
Oggi, spiega Confagricoltura, gli allevatori si trovano stretti tra due forze opposte: da un lato i prezzi al consumo che non scendono, dall’altro il valore del latte alla stalla che crolla, comprimendo la redditività. Un paradosso che dimostra quanto poco arrivi nelle tasche di chi produce rispetto a quanto paga il consumatore finale.
A peggiorare il quadro, il costante ingresso di latte importato, che spesso non rispetta gli stessi standard di tracciabilità e qualità garantiti dal prodotto nazionale. «Non si tratta di chiudersi al mercato – ribadisce Allasia – ma di difendere il valore del lavoro agricolo italiano e di assicurare trasparenza ai consumatori».
L’appello di Confagricoltura è dunque duplice: da un lato rivolto al governo, perché metta in campo misure di protezione e fondi d’emergenza; dall’altro alle filiere e ai consorzi, affinché promuovano accordi stabili di prezzo e strategie comuni per affrontare la volatilità dei mercati globali.
Il rischio, in caso contrario, è quello di una nuova crisi che colpirebbe soprattutto i piccoli allevatori, quelli che rappresentano l’anima del sistema lattiero piemontese. E che, se costretti a fermarsi, lascerebbero un vuoto economico, sociale e paesaggistico difficilmente colmabile.
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