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L'Orco trasformato in discarica: “Una casa intera buttata nel bosco”. La denuncia di un runner diventa virale (VIDEO)

Il video dell'uomo che si allena lungo l’Orco diventa virale e riaccende il tema dell’inciviltà ambientale. Frigoriferi, mobili e sacchi neri sulle rive del torrente. Le sanzioni arrivano fino a 18 mila euro, con la possibilità di denuncia penale per rifiuti pericolosi

L'Orco trasformato in discarica: “Una casa intera buttata nel bosco”. La denuncia di un runner diventa virale (VIDEO)

L'Orco trasformato in discarica: “Una casa intera buttata nel bosco”. La denuncia di un runner diventa virale (VIDEO)

«Stavo correndo in mezzo ai boschi di San Benigno Canavese quando mi sono trovato di fronte all’ennesima schifosissima discarica che puntualmente compare in mezzo al nulla! È mai possibile che nel 2025 si debbano vedere cose del genere?».

È l’incipit, amaro e indignato, di un video pubblicato il 4 ottobre e diventato virale su Facebook. L’autore — un runner che si allena lungo la riva dell’Orco — annuncia che «nei prossimi giorni farà segnalazione ai vigili sperando che portino via quello schifo».

Le immagini parlano da sole: frigoriferi scoperchiati, una vecchia televisione, mobili a pezzi, secchi e bidoni, sacchi neri pieni, cartoni, scope e aste di plastica. Non l’occasionale abbandono di due sacchetti: una discarica a cielo aperto.

«C’è una casa intera, praticamente. Qui ci arrivi in macchina e nessuno ti vede», commenta chi ha girato il video, indicando la stradina sterrata nascosta dal bosco.

Sotto al post si accende il dibattito. C’è chi punta il dito contro l’evasione della tassa rifiuti e le regole dei centri di raccolta:

«Buttano la roba in giro perché non pagano la Tari e alle isole ecologiche chiedono il codice fiscale».

Qualcuno allarga il quadro: «Inciviltà ai massimi livelli. Del bene pubblico non importa nulla e il senso civico sta a zero».

Altri utenti ipotizzano l’origine dei cumuli: «Opere di sgomberi cantine o lavoratori in nero».

C’è chi invita ad agire: «Chiama le guardie, troveranno di sicuro chi è stato: lasciano sempre qualche carta con l’indirizzo».

E chi propone strumenti di controllo: «Ogni tanto far sorvolare dei droni servirebbe».

Non mancano sfoghi brutali («la punizione giusta sarebbe fargliela mangiare…»), che testimoniano soprattutto un clima di esasperazione.

Esasperazione comprensibile: quel tratto dell’Orco non è nuovo a sversamenti e microdiscariche, in un ping-pong infinito tra bonifiche straordinarie e nuovi abbandoni. In mezzo, l’ambiente, l’immagine di un paese, il diritto di tutti a un fiume pulito.

È bene dirlo con chiarezza: chi scarica rifiuti in campagna non è un “furbetto”, commette un illecito che la legge punisce duramente.

Il divieto di abbandono di rifiuti è previsto dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) e la norma consente alla pubblica amministrazione di ordinare la rimozione dei rifiuti e il ripristino dei luoghi ai responsabili.

Dal 10 ottobre 2023, l’abbandono di rifiuti da parte di privati cittadini non è più mera sanzione amministrativa: è diventato reato contravvenzionale, con ammenda e iscrizione nel casellario in caso di condanna. Nell’estate 2025 è arrivata un’ulteriore stretta: per i rifiuti non pericolosi l’ammenda oggi va da 1.500 a 18.000 euro, e se l’abbandono è compiuto mediante veicolo a motore, scatta anche la sospensione della patente da 1 a 4 mesi.

Quando l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi — e tra i cumuli fotografati compaiono frigoriferi e televisori, che contengono componenti e fluidi pericolosi se non trattati — il fatto può diventare delitto, con reclusione e aggravanti se è messo in pericolo l’ambiente o la salute. Se a scaricare è un’impresa o un responsabile di ente, la legge punisce con pene ancora più severe.

Tradotto: chi scarica rifiuti lungo l’Orco rischia oggi da migliaia di euro di ammenda alla sospensione della patente, fino alla reclusione nei casi più gravi, oltre all’obbligo di ripulire e bonificare.

Il video mostra una scena eloquente: RAEE, mobili, plastiche, cartoni, ferraglia e secchi. I frigoriferi rientrano nei rifiuti elettrici ed elettronici e, se abbandonati, possono disperdere gas e oli: non solo sporcizia, ma pericolo ambientale concreto. La presenza di sacchi neri e imballaggi fa pensare a sgomberi o lavori “in nero”.

Se venisse individuata una filiera economica dietro lo sversamento, non saremmo più al gesto del “singolo incivile”, ma all’organizzazione di uno smaltimento illecito, con pene penali importanti. C’è poi l’ubicazione: la riva di un fiume. In aree di sponda i materiali vengono facilmente trascinati in acqua da piogge e piene, moltiplicando i danni.

La Polizia Locale può essere attivata con una segnalazione puntuale (posizione, immagini, video). Gli agenti aprono l’istruttoria, trasmettono la notizia di reato alla Procura e il Comune può emettere l’ordinanza di rimozione e ripristino.

L’individuazione dei colpevoli è meno impossibile di quanto sembri: tra i cumuli spesso compaiono documenti o etichette utili a risalire a chi ha conferito. Molti Comuni usano oggi fototrappole e droni su segnalazioni mirate.

Un punto chiave delle reazioni social riguarda la Tari e l’accesso alle isole ecologiche: è vero che serve il codice fiscale per conferire, ma mobili, elettrodomestici e RAEE si possono portare gratuitamente nei centri di raccolta o richiedere il ritiro a domicilio.

Chi “sgombera per lavoro” deve invece smaltire tramite ditte autorizzate: costa di più, ma è la legalità. E la legalità non può ricadere sull’ambiente e sulla collettività.

Il coro dei commenti restituisce l’immagine di una comunità stufa di sentirsi ostaggio dell’inciviltà di pochi. «Con l’aumento dei rifiuti tanti gettano ovunque per dispetto», scrive qualcuno. Un altro propone: «Volendo si potrebbe risalire a chi ha lordato e querelarlo». C’è perfino chi invoca punizioni esemplari. Questo giornale condivide la condanna senza sconti degli abbandoni: non è “un problema di decoro”, è un reato che sottrae risorse alle bonifiche, deturpa un’area naturalistica, mette a rischio l’ecosistema fluviale.

Ma alla rabbia va affiancata la strada delle regole: segnalare, documentare, pretendere controlli e chiedere bonifiche rapide, senza cedere alla rassegnazione.

Se qualcuno pensa ancora che «tanto non mi beccano», ricordi le cifre: fino a 18 mila euro di ammenda, patente sospesa, perfino la reclusione se ci sono rifiuti pericolosi. E, comunque vada, tocca a lui ripulire.

Perché la natura non è una discarica e l’Orco non è un cassonetto rovesciato.

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