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08 Ottobre 2025 - 10:32
Piemonte, la Lega prova a cancellare la multa da 150 euro per i consiglieri assenti. Pd e M5s fermano tutto
A volte la politica sembra dimenticare di essere sotto gli occhi di tutti. È accaduto ieri al Consiglio regionale del Piemonte, dove la maggioranza ha tentato un colpo di mano tanto discreto quanto esplosivo: abolire la penalizzazione economica di 150 euro prevista per ogni consigliere che si assenta ingiustificatamente dai lavori d’Aula o di Commissione. Un’idea firmata Fabrizio Ricca, capogruppo della Lega, che doveva passare in Commissione in sede legislativa, cioè senza discussione in Aula. Tutto già pronto, tutto già scritto. Ma il piano si è arenato all’ultimo momento, travolto dalla levata di scudi di Pd e Movimento 5 Stelle.
La proposta leghista, dietro la giustificazione formale di “semplificare la gestione delle presenze” e “riconoscere i carichi di lavoro dei capigruppo”, avrebbe di fatto introdotto un bonus di assenza: un giorno al mese di libertà senza perdere nemmeno un euro dello stipendio. Tradotto: un permesso retribuito per non fare ciò per cui si è stati eletti.
Un’idea che ha fatto infuriare le opposizioni. Dalla sinistra sono arrivate parole di fuoco: “Mentre fuori da Palazzo Lascaris la gente perde giornate di paga per un mal di schiena o per accudire un figlio, qui dentro qualcuno pensa di regalarsi l’impunità per l’assenteismo”. Anche il Movimento 5 Stelle ha denunciato quello che definisce “un insulto ai cittadini che pagano le tasse”, ricordando che la politica regionale già gode di indennità elevate, benefit e rimborsi spese non indifferenti.
Il tentativo di approvazione in Commissione, che avrebbe permesso di evitare il confronto pubblico, ha contribuito a far esplodere la polemica. Le opposizioni hanno chiesto il rinvio, e la seduta è saltata. Un rinvio che, per ora, mette la parola fine al provvedimento, ma non alle sue conseguenze politiche: in un momento in cui la fiducia dei cittadini nelle istituzioni regionali è ai minimi storici, una proposta del genere rischia di apparire come l’ennesimo autogol di una classe politica autoreferenziale.
L’ironia è che lo stesso Consiglio, solo pochi mesi fa, aveva discusso di tagli ai costi della politica e di maggiore trasparenza. Ora, invece, si ritrova a dover giustificare un’iniziativa che avrebbe abolito una delle poche sanzioni simboliche rimaste. Il regolamento prevede infatti che i consiglieri assenti senza motivazione (malattia, missione istituzionale o impegni giustificati) subiscano una decurtazione di 150 euro per ogni seduta. Una cifra modesta rispetto agli oltre 10mila euro mensili lordi percepiti da molti di loro, ma pur sempre un segnale di responsabilità.
A difendere, almeno in parte, il principio della flessibilità è intervenuto Silvio Magliano, capogruppo della Lista Cirio, che ha chiesto di salvare una parte della norma: “Inserire la malattia di un figlio minore tra le assenze giustificate”. Una proposta di buon senso, che tuttavia rischia di essere travolta dal clamore suscitato dal resto del testo.
La maggioranza di centrodestra, intanto, appare divisa. Dentro la stessa Lega qualcuno avrebbe espresso perplessità per l’opportunità politica del gesto, soprattutto in un periodo di difficoltà economiche diffuse e con una campagna elettorale regionale ormai alle porte. “Non è il momento per simili iniziative”, avrebbe confidato una fonte interna. Ma il danno d’immagine ormai è fatto.
Sul piano simbolico, il messaggio che arriva ai cittadini è devastante. Mentre il Piemonte affronta emergenze vere — dalla sanità in crisi, ai ritardi nei cantieri infrastrutturali, ai tagli ai servizi sociali — la politica discute di come non perdere soldi quando non si presenta al lavoro. Un gesto che alimenta la sensazione di distanza tra chi governa e chi deve arrivare a fine mese.
La storia delle assenze dei consiglieri piemontesi non è nuova. Già in passato, i report pubblici avevano evidenziato punte di assenteismo in alcune commissioni chiave. Eppure, anziché intervenire per aumentare la produttività e la trasparenza, la maggioranza ha pensato bene di smussare le sanzioni, quasi a voler legittimare l’inerzia come pratica accettabile.
“La credibilità della politica passa anche da questi gesti”, ha commentato un consigliere d’opposizione, ricordando come le decurtazioni non siano punitive, ma “un atto di rispetto verso i cittadini che pagano lo stipendio di chi siede in Regione”.
L’episodio, per quanto circoscritto, diventa così un caso politico emblematico: racconta il corto circuito tra il palazzo e la strada, tra la retorica dell’efficienza e la realtà di chi cerca scorciatoie. Una fotografia di un Piemonte dove la distanza tra rappresentanti e rappresentati continua ad allargarsi, e dove la trasparenza resta spesso solo una parola buona per i comunicati stampa.
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