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07 Ottobre 2025 - 11:14
Torino, un tesoro restituito allo Stato: 254 reperti archeologici tornano alla collettività (foto: alcuni dei reperti)
Una vicenda sospesa per più di trent’anni si è chiusa con un lieto fine: la restituzione volontaria allo Stato di un patrimonio archeologico di straordinario valore storico e culturale. Nella mattinata del 7 ottobre 2025, nella sede della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Torino, a Palazzo Chiablese, si è svolta la cerimonia di riconsegna di 254 reperti archeologici di provenienza apula, umbra, etrusca, messapica e romana, tutti provenienti da una abitazione privata torinese.
La cerimonia, alla presenza del Soprintendente Corrado Azzollini, del Tenente Colonnello Giuseppe Marseglia, comandante del Gruppo Carabinieri TPC di Monza, e dell’avvocato Tiziana Pisani dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, ha celebrato un momento che va oltre la cronaca giudiziaria: la restituzione alla collettività di un frammento di memoria storica.
La vicenda ha origine nel 1991, quando i reperti furono sequestrati nell’ambito di un’ampia indagine sui traffici di beni archeologici provenienti da scavi clandestini in Toscana. All’epoca, il materiale era stato rinvenuto in possesso di un privato torinese. Ma con la morte del detentore, il procedimento penale si era chiuso con l’estinzione del reato, lasciando i reperti sotto sequestro e gli eredi come custodi giudiziari del patrimonio.
Per decenni quei vasi, anfore, kylix, kantharos, lekythos e oggetti votivi in metallo e terracotta sono rimasti chiusi in un’abitazione privata, quasi dimenticati, fino a quando – nel 2024 – gli eredi dell’uomo hanno deciso di rivolgersi alla Soprintendenza torinese per chiarire la loro posizione. Da lì si è messo in moto un complesso lavoro di ricostruzione giuridica, condotto congiuntamente dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (TPC) di Torino, dalla Soprintendenza e dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato.
Gli accertamenti hanno confermato che i reperti erano tutti ancora sotto sequestro, in buone condizioni e perfettamente corrispondenti al materiale originario. A quel punto, il confronto tra le istituzioni e i privati ha portato a una scelta tanto semplice quanto significativa: la consegna spontanea dei reperti allo Stato, senza alcuna pretesa economica o rivendicazione di proprietà.
Una decisione che, come hanno ricordato i Carabinieri TPC, è perfettamente coerente con la giurisprudenza consolidata, secondo cui ogni bene archeologico rinvenuto nel sottosuolo appartiene allo Stato sin dall’origine, salvo prova di una lecita provenienza anteriore al 1909, anno della prima legge italiana di tutela del patrimonio archeologico.
La vicenda si è formalmente chiusa con l’approvazione del Tribunale di Torino, che ha accolto la richiesta di dissequestro e confisca presentata dal Nucleo TPC di Torino, basata su un accordo transattivo tra il privato e la Soprintendenza. Una soluzione che ha permesso di restituire alla cittadinanza un insieme di opere di enorme valore storico e artistico, destinato a essere presto esposto e studiato.
Il corpus di 254 reperti comprende oggetti fittili a vernice nera e rossa, anfore, lekythos, utensili, statuette, antefisse, sculture in bronzo e terracotta, testimonianze della cultura materiale di antiche civiltà dell’Italia centrale e meridionale. Si tratta di un insieme eterogeneo e prezioso, che permette di leggere le contaminazioni culturali tra l’area etrusca, quella apula e quella messapica, con manufatti databili tra il VI e il II secolo a.C.
L’operazione di restituzione rappresenta un raro esempio di collaborazione virtuosa tra istituzioni e cittadini. Come sottolineato dagli esperti presenti alla cerimonia, la scelta degli eredi non solo ha evitato ulteriori contenziosi, ma ha permesso di restituire al patrimonio pubblico un bene che appartiene all’intera collettività.
Per il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, nato proprio per contrastare il saccheggio del patrimonio artistico e archeologico italiano, l’iniziativa conferma l’efficacia di una strategia che coniuga rigore investigativo e dialogo con i privati, nel segno della tutela e della legalità.
Oggi, quegli oggetti che per trent’anni erano rimasti chiusi in un appartamento torinese tornano finalmente a raccontare la loro storia: la storia di un Paese che continua a difendere, anche a distanza di secoli, le proprie radici culturali.
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