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04 Ottobre 2025 - 16:43
Greco Caterina
È sempre bello vedere il Pd di Settimo Torinese riscoprire la parola solidarietà. Peccato che la usi come la brillantina: solo per chi è già pettinato. Dopo il nostro articolo di ieri, ecco arrivare in coro il rosario laico del progressismo municipale.
Prima Caterina Greco, che con tono da martire della libertà di stampa ringrazia il partito per la “vicinanza” e lancia una “crociata” per far chiudere i giornali non allineati.
Poi il Pd locale, indignato come se avessimo profanato la tomba di Berlinguer. Infine Settimo Futura, che da movimento civico si è trasformato nella succursale parrocchiale del Pd, specializzata in comunicati di penitenza e assoluzione.
E allora, visto che la memoria è corta e la lettura ancora più corta, lo ribadiamo: da nessuna parte abbiamo scritto che Caterina Greco è indagata. Da nessuna. Zero. Niente. Anzi, lo abbiamo scritto chiaramente: non è indagata. Ma probabilmente Alessandro Raso ha letto l’articolo mentre guidava, o mentre cercava qualche insetto impollinatore. O forse gliel’ha raccontato Giggino in versione audiolibro.
Il punto, casomai, è un altro — e non serve la lente d’ingrandimento per trovarlo: Salvatore Gallo è stato condannato per peculato, corruzione elettorale e spese allegre. E tra le carte, come beneficiaria dei suoi pacchetti di voti, spunta anche Caterina Greco. Non indagata, non colpevole, ma certo fortunella. Perché quei voti non nascevano dal nulla: li portava Gallo, che in fatto di “reti di contatto” era più efficiente di LinkedIn.
Ma guai a dirlo. Perché nel Pd di Settimo si può parlare di tutto: di diritti, di parità, di inclusione. Però appena tocchi una dirigente di sezione, scatta la scomunica. “Attacco sessista!”, urlano in coro. Sì, certo: la solita etichetta pronta all’uso, come il prezzemolo. Ma quando a essere umiliate o ignorate sono donne senza tessera, senza delega o senza foto col segretario, allora silenzio assoluto. Il femminismo democratico è selettivo: vale solo per chi paga la quota d’iscrizione.
E così, mentre i social si riempiono di comunicati uguali come fotocopie — “La consigliera non è indagata”, “La comunità democratica è con lei”, “Vergogna alla stampa cattiva” — nessuno risponde alla domanda delle domande: da dove arrivavano i voti di Greco?
Tant’è. Come abbiamo già fatto, torniamo a esprimere la nostra solidarietà a chi se la merita, ai candidati veri, quelli col mal di schiena, i calli ai piedi e la speranza nel cuore. Quelli che nel 2021 si sono fatti la campagna elettorale a Torino un citofono alla volta, con i volantini stampati in casa e le scarpe consumate. A loro sì che è toccata l’inculata (politica, eh) — e pure senza il conforto di un post di partito o di un comunicato benedetto.
Il Pd difende la sua paladina? Bene. Noi difendiamo chi è rimasto a casa perchè non aveva dietro un Salvatore Gallo pronto a distribuire voti come i punti del supermercato. Difendiamo quelli che non hanno lobby, non hanno santi in paradiso, ma hanno ancora la faccia di dire le cose come stanno.
Perché, vedete, qui non si tratta di sessismo, né di offese, né di mancanza di rispetto. Si tratta di fatti. E i fatti, per quanto scomodi, restano lì: un uomo condannato, una rete di voti, e un nome che compare. Tutto il resto sono liturgie, inciampi verbali e solidarietà prêt-à-porter.
Insomma, c’è chi si è fatto il culo, e chi se l’è fatto coprire. Noi stiamo con i primi. Con quelli che non hanno i comunicati pronti, ma solo la schiena dritta. E continueremo a scrivere, anche se al Pd prudono le dita ogni volta che ci legge.
Perché la libertà di stampa, cari compagni, non si misura in like. Si misura in verità.
E se vi scotta, vuol dire che è ancora calda.
«Ringrazio il Partito Democratico di Settimo Torinese per la solidarietà e la vicinanza. Dobbiamo impegnarci di più per far sì che giornalisti senza scrupoli non possano più scrivere e diffamare in maniera disdicevole le persone senza nessuna conseguenza, anzi attingendo a risorse pubbliche per farlo.»
Così parla Caterina Greco, già luminare della libertà d’espressione condizionata. Ringrazia, sì, e subito dopo — da brava democratica — propone di “impegnarsi di più” per impedire a certi giornalisti di scrivere. Il verbo è “impegnarsi”. Non “replicare”, non “smentire”, non “citare in giudizio”. Impegnarsi, come ai tempi in cui il Duce chiedeva disciplina.
Eccola, la nuova frontiera del progressismo: la libertà di stampa, ma solo per chi scrive articoli piacevoli. Gli altri, i “disdicevoli”, dovrebbero essere regolati. Non servono manganelli — siamo civili, noi — bastano i comunicati e un bel voto di maggioranza. Il fascismo, oggi, si presenta in giacca e tailleur e parla con voce ferma di “valori democratici”.
“Non possano più scrivere.” È un verso d’autore, quasi tenero nella sua brutalità. Fa venir voglia di appendere un cartello all’ingresso delle redazioni: Si prega di non disturbare l’Amministrazione comunale, le segreterie dei partiti, Regione, Città Metro.
E poi quella chicca, “attingendo a risorse pubbliche”. Come dire: la libertà va bene, ma solo se si autofinanzia e se c'è un mecenate con cui si può "trattare", se è una cooperativa di giornalisti "no", sono inaffidabili....
Dunque ricapitoliamo: una consigliera di un partito che si chiama Democratico sogna un mondo in cui la stampa non disturba, non indaga, non osa. Se poi osa, è “disdicevole”. Parola deliziosa, da galateo, perfetta per chi sogna un giornalismo che scriva bene e pensi poco.
È la democrazia a orario continuato: aperta dalle 9 alle 17, chiusa la domenica e durante le polemiche. Una democrazia che non vieta, semplicemente sconsiglia. E chi non si adegua, viene catalogato tra gli “scrupolosi al contrario”.
E così, mentre ringrazia per la solidarietà, Caterina Greco riesce nel miracolo di reinventare il PD: la D non sta più per Democratico, ma per Dittatore con garbo.
E poi dicono che la censura è di destra. Diciamo che la sinistra, quando si impegna, sa fare miracoli? O forse no.
Diciamo che a Settimo quelli di sinistra con la sinistra vera non hanno nulla a che fare. Stanno lì e non sanno neanche perchè...
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