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L'obesità è una malattia! Ma senza cure garantite: la legge è un passo avanti a metà

Approvata la legge: prevenzione e Osservatorio. Lea ancora assenti, terapie costose. SIO in congresso a Trieste

L'obesità è una malattia

L'obesità è una malattia! Ma senza cure garantite: la legge è un passo avanti a metà

Il Senato ha approvato in via definitiva la legge che riconosce l’obesità come patologia, un traguardo atteso da tempo che rompe lo stigma e apre la strada a una presa in carico strutturata. A promuovere il provvedimento è stato l’onorevole Roberto Pella. La norma istituisce un programma nazionale di prevenzione e un Osservatorio dedicato ai malati di obesità, due pilastri per raccogliere dati, rafforzare le politiche pubbliche e costruire una rete di servizi.

Per il presidente uscente della Società Italiana dell’Obesità (SIO), Rocco Barazzoni, «questa legge pone una base, una dichiarazione d’intenti fondamentale» per trattare chi soffre di obesità «come pazienti che hanno diritto a una cura». È un cambio di paradigma culturale: da “condizione imputabile alla volontà individuale” a “malattia cronica da trattare con strumenti clinici”.

Eppure, dietro il riconoscimento formale resta un nodo irrisolto: l’assenza di queste cure nei Lea, i livelli essenziali di assistenza. Senza la copertura del Servizio sanitario nazionale, i costi delle terapie restano interamente a carico dei pazienti. È qui che la svolta rischia di fermarsi: si riconosce la malattia, ma non si garantisce a tutti la possibilità di curarla.

In Italia l’obesità riguarda 6 milioni di persone, in prevalenza donne. È associata a oltre 200 complicanze: malattie cardiovascolari, respiratorie, muscoloscheletriche, disturbi metabolici e psicologici. L’impatto sulla qualità della vita è enorme e grava anche sulla spesa sanitaria pubblica. Per questo il riconoscimento non può restare solo simbolico.

Un caso emblematico è quello della semaglutide, farmaco nato contro il diabete e oggi utilizzato con successo nel trattamento dell’obesità. Le evidenze cliniche lo descrivono come efficace e sicuro, ma il costo — 400-500 euro al mese — lo rende inaccessibile alla maggior parte dei pazienti. Solo chi soffre contemporaneamente di diabete può ottenerlo tramite il sistema sanitario, lasciando fuori il 90% delle persone con obesità. «Così si rischia di introdurre un grave motivo di disuguaglianza» denuncia Stefano Buscemi, nuovo presidente della SIO.

Il tema è arrivato con forza anche al congresso nazionale della SIO a Trieste, dove la coincidenza con l’approvazione della legge ha rafforzato il messaggio politico e scientifico. Gli esperti chiedono un cambio di passo: prevenzione, diagnosi e cura devono essere parti di un unico percorso integrato, non compartimenti stagni.

Da domani, cosa cambia davvero? Sul piano formale, il riconoscimento della malattia spezza lo stigma del “è colpa tua” e impone nuovi standard di rispetto e presa in carico. Sul piano pratico, però, resta tutto da costruire: inserire nei Lea le terapie, definire percorsi diagnostici chiari, garantire equità nell’accesso. Senza queste scelte, il rischio è che il peso economico continui a ricadere sulle famiglie, proprio nel momento in cui lo Stato afferma che l’obesità è una malattia come le altre.

La legge è dunque un atto di civiltà, ma non basta. La priorità ora è trasformarla in salute concreta: investire in prevenzione sin dall’infanzia, potenziare i centri specializzati, introdurre farmaci e terapie innovative nei Lea. Solo così milioni di persone non resteranno intrappolate tra nuove definizioni e vecchie disuguaglianze, ma potranno finalmente accedere a cure adeguate e a una migliore qualità della vita.

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