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Una panchina gialla per rompere il silenzio sull’endometriosi: a Barone Canavese l’inaugurazione dell’Endopank®

Barone Canavese inaugura la panchina gialla Endopank®: simbolo e punto informativo per sensibilizzare e accompagnare le donne con endometriosi

Una panchina gialla

Una panchina gialla per rompere il silenzio sull’endometriosi: a Barone Canavese l’inaugurazione dell’Endopank®

Barone Canavese si prepara a trasformare un gesto simbolico in un segnale concreto di consapevolezza e responsabilità collettiva. Sabato 4 ottobre 2025, alle ore 15.30, in via Torino 39, davanti alla sede pluriuso e al centro sportivo del paese, verrà inaugurata la panchina gialla Endopank®, un’iniziativa che unisce il Comune e l’associazione “La voce di una è la voce di tutte® ODV” nella lotta contro l’endometriosi, malattia cronica che in Italia colpisce circa tre milioni di donne.

L’evento, aperto a tutta la cittadinanza, vedrà la partecipazione del sindaco Alessio Bertinato, dell’assessore Federica Chiaro – promotrice dell’iniziativa – e di Deborah Di Bin, tutor dell’associazione che ha portato il progetto Endopank® in decine di città italiane.

La panchina, dipinta di un giallo brillante, è stata collocata in uno dei punti più frequentati del paese: l’ingresso dell’area sportiva. Una scelta non casuale, pensata per intercettare sguardi e stimolare domande, trasformando così un oggetto quotidiano in un’occasione di informazione.

A sottolineare l’importanza dell’iniziativa è proprio l’assessore Federica Chiaro, che ha voluto fortemente portare il progetto a Barone Canavese: «Parliamo di una malattia diffusa che colpisce un numero significativo di donne in tutto il mondo, che può causare dolori debilitanti e influire profondamente sulla vita sociale, lavorativa e relazionale. Spesso la diagnosi arriva dopo diversi anni e lunghi percorsi diagnostici».

L’endometriosi è infatti una patologia subdola e spesso sottovalutata, caratterizzata dalla presenza anomala di tessuto simile a quello endometriale al di fuori dell’utero, che provoca dolori pelvici cronici, infertilità e una serie di complicazioni che impattano pesantemente sulla vita delle pazienti. Secondo i dati più recenti, il ritardo diagnostico medio in Italia varia dai 7 ai 10 anni, un arco di tempo in cui i sintomi vengono spesso scambiati per normali disturbi mestruali o sottovalutati da medici non specialisti.

Su questo punto insiste ancora Chiaro: «Una diagnosi tempestiva, tramite cui identificare e trattare la patologia, è fondamentale per migliorare la qualità della vita delle pazienti e prevenire la sua progressione. Per questo motivo, come Comune, abbiamo aderito al progetto “Sediamoci sul giallo: ENDOPANK” promosso dall’Associazione La voce di una è la voce di tutte ODV».

L’obiettivo dichiarato è duplice: sensibilizzare la cittadinanza e fornire alle donne, in particolare alle più giovani, gli strumenti per riconoscere i campanelli d’allarme della malattia. L’Endopank®, infatti, non è solo un simbolo, ma anche un punto di partenza per diffondere informazioni sui Centri di Riferimento per l’Endometriosi e sui medici specialisti, indispensabili per affrontare correttamente il percorso di diagnosi e cura.

«La panchina, installata davanti all’ingresso dell’area sportiva, si distingue per il suo colore, un giallo vivace, proprio per attirare l'attenzione e per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'endometriosi» aggiunge Chiaro, ricordando come l’impatto visivo sia una leva fondamentale per avvicinare il pubblico al tema.

La presenza di Deborah Di Bin, in rappresentanza dell’associazione promotrice, conferma l’intento di costruire una rete solida tra territori, associazioni e istituzioni. La campagna “Sediamoci sul giallo” è già stata adottata in numerose città italiane, creando una mappa di panchine che unisce idealmente comunità diverse sotto un unico messaggio: non ignorare l’endometriosi, parlarne è il primo passo per combatterla.

Il Comune di Barone Canavese, con questa iniziativa, sceglie quindi di affiancarsi ad altre realtà che hanno compreso come la lotta alla malattia non sia solo un affare sanitario, ma anche culturale e sociale. Sensibilizzare significa dare voce a chi troppo spesso resta in silenzio, normalizzando un dolore che non è mai “normale”.

L’appuntamento del 4 ottobre non sarà solo una cerimonia, ma un momento di confronto, riflessione e consapevolezza collettiva. Una comunità che inaugura una panchina gialla decide di assumersi un impegno: quello di guardare in faccia un problema invisibile ma reale, e di non lasciare sole le donne che ne soffrono.

Endometriosi: tutto quello che devi sapere

L’endometriosi è una malattia cronica complessa che colpisce milioni di donne in tutto il mondo. Si manifesta quando il tessuto simile all’endometrio, quello che normalmente riveste la cavità uterina, si sviluppa in sedi anomale all’esterno dell’utero. Questo tessuto, pur trovandosi fuori posto, continua a rispondere agli stimoli ormonali del ciclo mestruale: si ispessisce, sanguina e poi si sfalda, ma non avendo una via d’uscita rimane intrappolato nell’organismo. Ne derivano processi infiammatori, aderenze e cisti dolorose che possono compromettere gravemente la qualità della vita di chi ne soffre.

I sintomi non sono uguali per tutte le donne e spesso variano in intensità e frequenza. Uno dei più diffusi è il dolore pelvico cronico che peggiora durante il ciclo mestruale e che molte pazienti descrivono come invalidante. Frequenti sono anche le mestruazioni particolarmente dolorose, che non sempre trovano sollievo con i comuni antidolorifici, e il dolore durante i rapporti sessuali. In alcune forme l’endometriosi si accompagna a disturbi intestinali o urinari, soprattutto nei giorni del ciclo, e in numerosi casi incide sulla fertilità, rendendo difficile il concepimento. Non mancano sintomi più generici ma altrettanto impattanti, come l’affaticamento costante e la sensazione di malessere diffuso. È importante ricordare che la malattia può anche essere silente per anni, fino a emergere con complicazioni improvvise.

Sul fronte delle cure non esiste al momento un trattamento risolutivo. L’approccio più comune è quello farmacologico ormonale, attraverso la somministrazione di pillola anticoncezionale, progestinici o farmaci che abbassano i livelli di estrogeni, con l’obiettivo di limitare la crescita delle lesioni. A questo si affianca l’uso di analgesici per il controllo del dolore, anche se spesso da soli non bastano. Nei casi più gravi si ricorre alla chirurgia laparoscopica per rimuovere tessuti e cisti endometriosiche, un intervento che può alleviare i sintomi ma che non sempre impedisce le recidive. In situazioni particolarmente compromesse si valutano interventi più radicali, fino all’asportazione dell’utero, ma si tratta di scelte drastiche e mai semplici.

Negli ultimi anni si è diffusa l’idea di una gestione multidisciplinare, che affianca ginecologi, terapisti del dolore, psicologi e specialisti di altri settori, riconoscendo che l’endometriosi non è solo una patologia medica, ma anche una condizione che coinvolge la vita relazionale, lavorativa e sociale delle donne. A rendere più difficile la battaglia contro la malattia è il ritardo diagnostico: in Italia in media passano dai sette ai dieci anni tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi definitiva. Un tempo troppo lungo, che permette alla malattia di aggravarsi e di compromettere anche la fertilità. Una diagnosi precoce, invece, consente di avviare terapie tempestive, contenere i danni e restituire prospettive più serene alle pazienti.

L’endometriosi resta quindi un problema non soltanto clinico, ma anche culturale. Troppo spesso i dolori mestruali vengono banalizzati e liquidati come normali, mentre dietro di essi può celarsi una malattia invalidante. Dare voce a chi soffre, sensibilizzare la società e promuovere la conoscenza della patologia significa ridurre lo stigma e favorire la ricerca di cure adeguate. Le iniziative simboliche come le panchine gialle dedicate all’endometriosi vanno lette proprio in questo senso: un modo per ricordare a tutti che dietro al colore acceso si nasconde un messaggio urgente, quello della consapevolezza e della necessità di non lasciare sole le donne che convivono con questa malattia.

Ricerca e prospettive

Negli ultimi anni la ricerca scientifica sull’endometriosi ha fatto passi importanti, ma resta ancora molta strada da percorrere. Una delle priorità è trovare strumenti diagnostici più rapidi e meno invasivi: oggi la certezza arriva spesso solo attraverso la laparoscopia, un intervento chirurgico che permette di osservare direttamente le lesioni. Gli studiosi stanno lavorando su marcatori biologici rilevabili nel sangue o nelle urine, che in futuro potrebbero consentire di riconoscere la malattia in modo semplice e precoce, riducendo così il lungo ritardo diagnostico che oggi affligge molte pazienti.

Sul fronte terapeutico, oltre alle cure ormonali tradizionali, la ricerca esplora nuove molecole in grado di modulare i processi infiammatori e di ridurre il dolore senza gli effetti collaterali tipici delle terapie attuali. Alcuni studi guardano anche alla medicina personalizzata, con trattamenti calibrati sul profilo genetico e ormonale delle singole pazienti, per ottenere risultati più mirati ed efficaci. In parallelo, si punta a terapie conservative che salvaguardino la fertilità, aspetto cruciale per le donne in età riproduttiva.

Un’altra frontiera è quella della rigenerazione tissutale: si studiano strategie per riparare i danni provocati dalle aderenze e dalle cicatrici che l’endometriosi lascia negli organi interni. Nel frattempo, cresce l’attenzione agli approcci integrati che affiancano alle cure mediche il supporto psicologico, la fisioterapia pelvica, la nutrizione mirata e, in alcuni casi, tecniche complementari come lo yoga o la mindfulness, che aiutano a gestire il dolore cronico.

Le prospettive future non possono prescindere dalla ricerca clinica e dalla costruzione di reti di centri specializzati, capaci di raccogliere dati, sperimentare nuove terapie e offrire percorsi multidisciplinari. In Italia, negli ultimi anni, si è parlato di creare una vera e propria rete nazionale per l’endometriosi, che garantisca diagnosi e cure uniformi su tutto il territorio, superando le disparità regionali.

In definitiva, l’endometriosi non è più una malattia invisibile come lo è stata a lungo, ma resta una sfida enorme. Le nuove scoperte scientifiche alimentano la speranza che un giorno si possa arrivare a una cura risolutiva, ma già oggi l’obiettivo concreto è migliorare la qualità di vita delle pazienti, ridurre il dolore e restituire loro la possibilità di progettare serenamente il futuro. La ricerca va in questa direzione, e ogni passo avanti rappresenta un segnale di speranza per milioni di donne.

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