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Pont Canavese anticipa l’accensione dei riscaldamenti, ma il buon senso deve prevalere

Deroga anticipata a Pont Canavese: riscaldamento facoltativo fino a 7 ore con limiti a 19 °C e 17 °C, tra tutela dei più fragili e appello alla sostenibilità.

Pont Canavese

Pont Canavese anticipa l’accensione dei riscaldamenti, ma il buon senso deve prevalere

Pont Canavese ha deciso di muoversi in anticipo. Con un’ordinanza firmata il 30 settembre dal sindaco, è stata concessa la possibilità di accendere gli impianti di riscaldamento già da oggi, in via facoltativa, per un massimo di sette ore al giorno. La misura è stata giustificata dal calo improvviso delle temperature che, in poche giornate, ha fatto scendere rapidamente anche i valori all’interno delle abitazioni. Una scelta dettata dalla necessità di evitare disagi, soprattutto alle fasce più fragili della popolazione come anziani, bambini e persone malate.

Il provvedimento, che rappresenta una deroga rispetto al periodo ordinario di esercizio fissato tra il 15 ottobre e il 15 aprile, stabilisce comunque alcune regole precise. La temperatura massima non deve superare i 19 gradi negli appartamenti, negli uffici, nei negozi, nei luoghi di culto e nelle sedi di associazioni ricreative, mentre il limite scende a 17 gradi per le attività industriali e artigianali. Ospedali, case di cura, asili nido e scuole materne non rientrano nelle limitazioni, proprio per garantire il benessere degli utenti più delicati.

L’ordinanza, in sé, è perfettamente legittima e in linea con le normative vigenti: risponde a una situazione contingente, quella del freddo precoce, che avrebbe potuto creare disagi concreti. Ma, accanto al provvedimento istituzionale, è necessario aprire una riflessione più ampia. Accendere i termosifoni a fine settembre, anche solo per qualche ora, significa incidere in maniera significativa sia sulle bollette familiari sia sull’ambiente. E se l’obiettivo immediato è quello di garantire il comfort domestico, l’altra faccia della medaglia è un aumento dei consumi energetici che si traduce in nuove emissioni di anidride carbonica.

Si tratta, in sostanza, di un equilibrio delicato. Da una parte c’è l’esigenza di proteggere i più vulnerabili, dall’altra la necessità di ricordare che ogni scelta quotidiana pesa nel bilancio ambientale collettivo. Non possiamo ignorare che viviamo in un’epoca in cui il riscaldamento globale e la crisi climatica sono realtà concrete: ogni grado in più ottenuto artificialmente dentro le case è un grado che contribuisce a peggiorare la situazione fuori.

È vero che le temperature si sono abbassate, ma ricorrere a sette ore di termosifoni accesi al 30 settembre non è l’unica strada percorribile, né la più responsabile. Per la maggior parte della popolazione — fatta eccezione per anziani, invalidi e malati che necessitano di condizioni particolari — si può e si deve fare ricorso a soluzioni più semplici e sostenibili. Migliorare l’efficienza termica delle abitazioni è il primo passo: chiudere porte e finestre per evitare correnti d’aria, ridurre le dispersioni di calore, arieggiare i locali per tempi brevi e nelle ore meno fredde.

E poi c’è un altro aspetto, ancora più immediato: la scelta personale degli indumenti. Indossare un maglione, un paio di calze più pesanti o una coperta in più nelle ore serali è un gesto banale, ma che può fare una grande differenza. Meglio un capo di lana sulle spalle che un termosifone acceso in più: non solo per la bolletta, ma per l’ambiente che condividiamo tutti.

Queste sono piccole attenzioni che diventano grandi se moltiplicate per centinaia di famiglie. È un problema di cultura e di responsabilità collettiva: imparare a distinguere ciò che è indispensabile da ciò che è solo abitudine. L’ordinanza di Pont Canavese non è certo in discussione: il Comune ha fatto il suo dovere, prevedendo una deroga in un momento di freddo anomalo. Ma il vero punto è come ciascuno di noi decide di comportarsi.

La tentazione di premere subito l’interruttore del riscaldamento è forte, comprensibile, persino naturale. Ma proprio per questo è necessario fermarsi un istante a riflettere. Scegliere la comodità immediata ha un costo nascosto, che non ricade solo sulle famiglie ma sull’intera collettività. Ecco perché la raccomandazione, oggi più che mai, è quella di usare il buon senso. Non rinunciare al calore quando serve davvero, ma imparare a conviverci con più consapevolezza.

Perché, alla fine, la differenza tra una società che consuma senza limiti e una comunità che costruisce il futuro passa anche da qui: da un termosifone acceso con criterio e da un maglione indossato con responsabilità.

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