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30 Settembre 2025 - 16:11
Pont Canavese anticipa l’accensione dei riscaldamenti, ma il buon senso deve prevalere
Pont Canavese ha deciso di muoversi in anticipo. Con un’ordinanza firmata il 30 settembre dal sindaco, è stata concessa la possibilità di accendere gli impianti di riscaldamento già da oggi, in via facoltativa, per un massimo di sette ore al giorno. La misura è stata giustificata dal calo improvviso delle temperature che, in poche giornate, ha fatto scendere rapidamente anche i valori all’interno delle abitazioni. Una scelta dettata dalla necessità di evitare disagi, soprattutto alle fasce più fragili della popolazione come anziani, bambini e persone malate.
Il provvedimento, che rappresenta una deroga rispetto al periodo ordinario di esercizio fissato tra il 15 ottobre e il 15 aprile, stabilisce comunque alcune regole precise. La temperatura massima non deve superare i 19 gradi negli appartamenti, negli uffici, nei negozi, nei luoghi di culto e nelle sedi di associazioni ricreative, mentre il limite scende a 17 gradi per le attività industriali e artigianali. Ospedali, case di cura, asili nido e scuole materne non rientrano nelle limitazioni, proprio per garantire il benessere degli utenti più delicati.
L’ordinanza, in sé, è perfettamente legittima e in linea con le normative vigenti: risponde a una situazione contingente, quella del freddo precoce, che avrebbe potuto creare disagi concreti. Ma, accanto al provvedimento istituzionale, è necessario aprire una riflessione più ampia. Accendere i termosifoni a fine settembre, anche solo per qualche ora, significa incidere in maniera significativa sia sulle bollette familiari sia sull’ambiente. E se l’obiettivo immediato è quello di garantire il comfort domestico, l’altra faccia della medaglia è un aumento dei consumi energetici che si traduce in nuove emissioni di anidride carbonica.
Si tratta, in sostanza, di un equilibrio delicato. Da una parte c’è l’esigenza di proteggere i più vulnerabili, dall’altra la necessità di ricordare che ogni scelta quotidiana pesa nel bilancio ambientale collettivo. Non possiamo ignorare che viviamo in un’epoca in cui il riscaldamento globale e la crisi climatica sono realtà concrete: ogni grado in più ottenuto artificialmente dentro le case è un grado che contribuisce a peggiorare la situazione fuori.
È vero che le temperature si sono abbassate, ma ricorrere a sette ore di termosifoni accesi al 30 settembre non è l’unica strada percorribile, né la più responsabile. Per la maggior parte della popolazione — fatta eccezione per anziani, invalidi e malati che necessitano di condizioni particolari — si può e si deve fare ricorso a soluzioni più semplici e sostenibili. Migliorare l’efficienza termica delle abitazioni è il primo passo: chiudere porte e finestre per evitare correnti d’aria, ridurre le dispersioni di calore, arieggiare i locali per tempi brevi e nelle ore meno fredde.
E poi c’è un altro aspetto, ancora più immediato: la scelta personale degli indumenti. Indossare un maglione, un paio di calze più pesanti o una coperta in più nelle ore serali è un gesto banale, ma che può fare una grande differenza. Meglio un capo di lana sulle spalle che un termosifone acceso in più: non solo per la bolletta, ma per l’ambiente che condividiamo tutti.
Queste sono piccole attenzioni che diventano grandi se moltiplicate per centinaia di famiglie. È un problema di cultura e di responsabilità collettiva: imparare a distinguere ciò che è indispensabile da ciò che è solo abitudine. L’ordinanza di Pont Canavese non è certo in discussione: il Comune ha fatto il suo dovere, prevedendo una deroga in un momento di freddo anomalo. Ma il vero punto è come ciascuno di noi decide di comportarsi.
La tentazione di premere subito l’interruttore del riscaldamento è forte, comprensibile, persino naturale. Ma proprio per questo è necessario fermarsi un istante a riflettere. Scegliere la comodità immediata ha un costo nascosto, che non ricade solo sulle famiglie ma sull’intera collettività. Ecco perché la raccomandazione, oggi più che mai, è quella di usare il buon senso. Non rinunciare al calore quando serve davvero, ma imparare a conviverci con più consapevolezza.
Perché, alla fine, la differenza tra una società che consuma senza limiti e una comunità che costruisce il futuro passa anche da qui: da un termosifone acceso con criterio e da un maglione indossato con responsabilità.
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