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28 Settembre 2025 - 09:52
Da Volpiano al tetto del mondo: Enzo Osella, l’uomo che portò Torino in Formula 1
Può un’officina di Torino spingersi fino alla Formula 1? Enzo Osella ha dimostrato che sì: determinazione, ingegno e una visione cocciuta possono aprire varchi là dove le risorse sembrano finire. È morto a 86 anni uno dei protagonisti più fieri e controcorrente dell’automobilismo italiano. La sua è la storia di un self-made man dei motori: nato a Cambiano nel 1939, cresciuto tra Volpiano e il capoluogo, capace di trasformare un laboratorio di periferia in un sogno colorato di azzurro e di benzina, fino ai cordoli del Mondiale.
Tutto inizia in provincia. Osella nasce a Cambiano nel 1939 e si avvicina al mondo dei motori grazie al padre, che gestiva un’attività di trasporti a Volpiano. Poi il trasferimento a Torino, dove padre e figlio mettono le mani a bulloni e carburatori in un’autofficina: è lì che si forgiano metodo, sensibilità meccanica e quella tenacia operaia che diventerà marchio di fabbrica.
Anni ’60, Torino ribolle di talenti e officine. Osella incrocia la strada di Carlo Abarth e entra nel circuito del celebre marchio, ricoprendo diversi ruoli all’interno del team. È la palestra perfetta: lavoro di squadra, corse, sviluppo. Impara a coniugare pragmatismo e ambizione, a vivere il box come un laboratorio a cielo aperto.
Quando la Fiat acquista la Abarth, Osella sceglie la via più rischiosa: lascia e fonda la “Osella Corse”. Una struttura, una vettura, un’identità squisitamente torinese. La scommessa è enorme, ma la strada porta dove osano in pochi: fino alla Formula 1. All’inizio degli anni ’80 arriva il risultato che vale una targa ideale all’ingresso dell’officina: uno storico quarto posto al Gran Premio di San Marino. Per una realtà indipendente, è la prova che l’impossibile, a volte, è solo una parola.
Il tempo, però, presenta il conto. Le difficoltà economiche e i risultati sempre più scarsi finiscono per chiudere la porta dei grandi circuiti. È la storia di molte piccole squadre: idee e coraggio non bastano quando i bilanci non tengono il ritmo degli avversari. Ma il valore di quell’impresa resta: la cultura del fare, l’ostinazione artigiana, l’orgoglio di un progetto nato e cresciuto in casa, capace di accendersi ai massimi livelli senza perdere l’anima.
Cosa lascia Enzo Osella? La prova concreta che l’Italia dei garage e delle torce elettriche può toccare l’élite del motorsport. Una traiettoria lineare nei suoi punti cardinali: radici solide, un maestro come Abarth, una scelta radicale, un acuto mondiale. In mezzo, un messaggio semplice: la grandezza non si misura solo con i trofei, ma con la capacità di arrivare dove sembrava vietato.
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