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Venaria, il Centro FIGC resta un miraggio: cinque anni di proclami, rinvii e cartelli aggiornati, ma il cantiere non parte

Dal “progetto straordinario” sbandierato a marzo alle date fantasma di luglio e ottobre 2025: la giunta Giulivi incassa applausi e targa ad Abete, ma il Don Mosso è ancora fermo al palo

Venaria, il Centro FIGC resta un miraggio

Venaria, il Centro FIGC resta un miraggio: cinque anni di proclami, rinvii e cartelli aggiornati, ma il cantiere non parte

Doveva essere il simbolo del calcio inclusivo e della Città Europea dello Sport 2025, ma il nuovo Centro Tecnico Federale della FIGC a Venaria Reale oggi è solo un recinto di promesse. L’iter sembra scritto da un autore di fiction: a giugno 2024 l’avvio dei lavori era dato per certo, poi slittato a giugno 2025 tra conferenze stampa, “finte inaugurazioni” e toni trionfali. Ora il cartello parla di inizio cantiere il 10 luglio e fine lavori il 31 ottobre 2025: poco più di un mese per completare un’opera da 2 milioni di euro che dovrebbe ospitare le Nazionali giovanili, con campi da Serie C, spogliatoi, sale mediche e una vocazione dichiarata all’inclusione. Una scadenza che, a leggerla, sa di beffa.

Intanto le immagini della grande giornata del 21 marzo restano sui social: il convegno sull’impiantistica al Teatro della Concordia, la passerella all’impianto Don Mosso, la visita guidata tra i due campi da gioco e i sorrisi di circostanza. Sul balcone delle istituzioni, il sindaco Fabio Giulivi e il presidente FIGC Gabriele Gravina, il numero uno della LND Giancarlo Abete omaggiato con una targa, l’assessore Luigi Tinozzi che parlava di “nuova vita per un impianto storico”. Tutto vero, tranne i cantieri.

A quasi cinque anni dall’insediamento della giunta Giulivi, siamo al punto di partenza: l’impianto resta quello di sempre, i cittadini vedono solo un cartello aggiornato, e l’area indicata come futura “casa dello sport inclusivo” continua a essere un perimetro abbandonato. Nel frattempo la città ha già sventolato il titolo di Città Europea dello Sport, organizzato convegni e raccolto titoli sui giornali, ma del campo D con manto misto erba-sintetico, della sala stampa, delle sale antidoping e di tutta l’infrastruttura che avrebbe dovuto “rivoluzionare il panorama sportivo nazionale” non c’è traccia.

La polemica non è solo politica. È una questione di credibilità: un progetto che si autodefinisce “laboratorio di crescita e inclusione” dovrebbe dare il buon esempio in trasparenza e rispetto delle scadenze. Invece i cittadini vedono rinvii e cerimonie di facciata, mentre il finanziamento pubblico — 800 mila euro dalla Regione, 850 mila dalla LND, 350 mila dal Comune — resta in stand-by.

A ogni cambio di data, la distanza tra slogan e realtà aumenta. Se davvero i lavori dovessero iniziare il 10 luglio e chiudersi il 31 ottobre 2025, servirebbe un miracolo ingegneristico per rispettare il cronoprogramma di un cantiere così complesso. Per ora, Venaria è l’emblema di un’Italia che inaugura prima ancora di costruire: tagli di nastro senza mattoni, piani inclusivi senza un metro di campo in più. E il Don Mosso, in attesa di ruspe e calcestruzzo, resta solo una promessa appesa a un cartello.

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