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17 Settembre 2025 - 12:25
Katia Buchicchio è la nuova Miss Italia: nulla da fare per le miss del Canavese
È una cifra che a prima vista sembra solo un dettaglio, ma che in realtà diventa simbolo di equilibrio e di presenza scenica. Katia Buchicchio, eletta Miss Italia 2025, misura un metro e settantacinque: un’altezza che non punta agli estremi delle passerelle internazionali, ma che riesce a racchiudere in sé grazia, armonia e naturalezza. È questa la statura ufficiale comunicata dall’organizzazione del concorso, un dato che ha subito incuriosito gli appassionati e che si inserisce in un racconto più ampio, quello di una reginetta che non vuole farsi rinchiudere nei numeri, ma che della spontaneità ha fatto la sua cifra distintiva.
La nuova Miss Italia arriva da Anzi, piccolo borgo della provincia di Potenza, e ha appena diciotto anni. Studentessa con l’obiettivo di intraprendere la carriera in odontoiatria e protesi dentaria, Katia ha saputo colpire la giuria e il pubblico per la freschezza e la schiettezza con cui si è presentata sul palco. Non ha nascosto l’apparecchio ai denti, dettaglio che altrove sarebbe stato considerato un difetto, ma che in questo contesto si è trasformato in segno di autenticità. Un gesto semplice che ha ribadito l’idea di una bellezza reale, vicina a quella quotidiana delle coetanee.
L’altezza, dunque, non è un mero dato statistico: in lei diventa parte di una narrazione che lega portamento, sorriso e capacità comunicativa. Un metro e settantacinque che non sovrasta, ma accompagna: un fisico slanciato che non crea distanze ma che, anzi, restituisce l’immagine di una giovane donna che sa stare in scena senza perdere contatto con chi la guarda. È questo equilibrio tra eleganza e vicinanza a rendere Katia Buchicchio una Miss Italia che sa unire tradizione e modernità.
Il concorso, del resto, da tempo ha abbandonato i criteri rigidi delle misure da passerella. La direttrice Patrizia Mirigliani ha aperto il format a una concezione più ampia e inclusiva della bellezza: non solo centimetri, ma anche carattere, spontaneità, capacità di dialogo con il pubblico. In questo senso, Katia incarna bene la nuova filosofia del concorso, che non vuole premiare un canone prestabilito, ma raccontare volti capaci di rappresentare un’Italia plurale.
L’incoronazione, affidata a Francesca Pascale, non è stata casuale. Da anni impegnata come attivista, Pascale ha portato sul palco la sua esperienza e la sua battaglia per i diritti civili, trasformando il momento della proclamazione in un segnale simbolico. La nuova Miss Italia, con la sua altezza “giusta” e la sua scelta di mostrarsi senza maschere, si lega a questa visione: un concorso che, pur mantenendo il fascino della tradizione, vuole aprirsi a un racconto diverso, più vicino alla realtà sociale contemporanea.
La storia di Katia, però, non si esaurisce nei confini del concorso. Per una ragazza proveniente da un piccolo paese lucano, calcare il palco di una manifestazione che da decenni rappresenta un passaggio quasi rituale della cultura popolare italiana significa portare con sé un intero territorio. È un riscatto e una vetrina: la possibilità di mostrare come dalle aree più periferiche possano emergere storie di talento e determinazione.
Il metro e settantacinque, in questo quadro, smette di essere un numero da curiosità e diventa una metafora: misura di equilibrio tra passato e presente, tra immagine e sostanza. Katia Buchicchio non è una Miss Italia fatta di artifici, ma una giovane donna che si affaccia alla ribalta nazionale con il peso leggero della sua età e con la consapevolezza di rappresentare una nuova idea di femminilità.
Il successo di Katia è quindi duplice: personale, perché le regala la corona di reginetta di bellezza, e collettivo, perché ridefinisce i contorni di un concorso che continua a cercare il proprio posto in un’Italia cambiata. Lontana dalle Miss di altri tempi, più vicina alle ragazze che studiano, che affrontano la vita quotidiana con i propri sogni e le proprie imperfezioni, la vincitrice del 2025 diventa così volto e simbolo di un’epoca che non ha più paura di dire che la bellezza è anche normalità.
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