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17 Settembre 2025 - 10:48
Dalla Turchia alla Nuova Zelanda
Sei accenti diversi, sei storie che arrivano da lontano e che ora si intrecciano con quelle del Canavese. A partire dal 6 settembre, sei studentesse internazionali provenienti da Turchia, Brasile, Nuova Zelanda, Serbia e Spagna hanno scelto di vivere un pezzo della loro formazione tra le colline e i paesi piemontesi, immerse nella quotidianità delle scuole locali e accolte dalle famiglie del territorio. È il progetto promosso dal Centro locale di Intercultura di Ivrea, realtà che da anni lavora per creare ponti tra culture e generazioni, trasformando la curiosità in esperienza e l’ospitalità in pratica concreta di cittadinanza.
L’arrivo delle ragazze è stato salutato giovedì 11 settembre allo Spazio Giovani di via Dora Baltea, con una festa che ha riunito studenti, famiglie e volontari. Non solo un benvenuto, ma anche un momento di bilancio per i coetanei italiani che, nello stesso periodo, hanno concluso i loro percorsi all’estero. L’incontro ha mostrato le due facce dello stesso viaggio: chi parte e scopre il mondo e chi arriva e lo porta con sé. Entrambe le esperienze, infatti, diventano un tassello in più per comunità sempre più aperte e capaci di dialogare con il diverso.
Il progetto di Intercultura si fonda sulla reciprocità. Non è solo l’ospite a crescere: cambiano anche le famiglie che aprono la porta di casa. Una ricerca internazionale condotta da AFS Intercultural Programs sottolinea che oltre il 60% dei figli dei nuclei ospitanti sviluppa maggiore curiosità verso altre lingue e culture, mentre più della metà stringe legami destinati a durare negli anni. È la conferma che l’ospitalità lascia segni profondi e duraturi, diventando esperienza collettiva più che individuale.

La permanenza delle sei studentesse avrà durate diverse, dai tre mesi a un anno intero, ma per ciascuna il percorso sarà scandito da tappe comuni: la scuola come primo luogo di inserimento, la vita domestica come laboratorio di confronto quotidiano, le amicizie come terreno fertile per imparare a riconoscere somiglianze e differenze. Il territorio canavesano, con la sua rete di volontari e la disponibilità delle famiglie, diventa così scenario di un progetto che guarda al futuro con strumenti semplici ma potenti.
Come ricordato dal segretario generale di Intercultura Andrea Franzoi, l’obiettivo è lavorare per una società fondata su pace e rispetto, dove il dialogo interculturale non sia episodio isolato ma pratica quotidiana. In quest’ottica, le famiglie hanno un ruolo centrale: accogliere un ragazzo straniero significa educare i propri figli all’apertura, trasformare la casa in luogo di scambio e la comunità in palestra di convivenza. Ogni anno circa 600 famiglie italiane ospitano giovani provenienti da oltre 60 Paesi, e la ricerca di nuove disponibilità resta costante. Nel Canavese i volontari di Intercultura offrono supporto e informazioni a chi volesse candidarsi, con percorsi flessibili che vanno da due mesi a un intero anno scolastico.
In tempi in cui i muri sembrano rialzarsi e le distanze culturali apparire più nette, iniziative come questa raccontano un’Italia diversa, capace di trasformare la propria ospitalità in seme di cittadinanza globale. Un seme che cresce giorno dopo giorno, attorno a un tavolo di cucina, tra i corridoi di una scuola, nelle piazze di un territorio che si scopre più internazionale di quanto credesse.
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