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14 Settembre 2025 - 18:47
Vietato ridere in campo: Marcus Thuram e il sorriso della "discordia"
Il gol del 91’ della Juventus che ha chiuso un Derby d’Italia spettacolare non ha solo segnato il punteggio finale: ha regalato al pubblico un’immagine destinata a far discutere. Marcus e Khéphren Thuram, fratelli in campo ma rivali di club, si sono scambiati un sorriso al momento della rete bianconera. Subito le reazioni sui social sono state contrastanti: da un lato chi ha criticato il gesto, giudicandolo fuori luogo e quasi irriverente verso la maglia nerazzurra, dall’altro chi ha sottolineato la spontaneità e la normalità di un gesto tra due fratelli che, pur essendo rivali, condividono un legame forte e visibile.
A commentare la vicenda è stato Aldo Serena, ex attaccante nerazzurro, che ha ricordato come il calcio richieda concentrazione e professionalità: «Quando vai in campo la centralità deve essere quello per cui ti pagano: cercare di vincere e giocare bene». Eppure, sebbene il messaggio dell’ex bomber richiamasse il calcio di un tempo, fatto di rigore e dedizione assoluta, l’episodio dei Thuram va inserito in un contesto più ampio, che racconta la loro storia e il loro modo di interpretare il gioco.
Non è la prima volta che Marcus Thuram mostra questo lato del suo carattere. Lo scorso campionato, al Maradona di Napoli, durante Napoli-Inter, all’inizio del secondo tempo si rivolse a Scott McTominay con una frase che molti hanno ricordato: «Sorridi, guardati intorno, è bellissimo», riferendosi alla bellezza dell’atmosfera dello stadio e alla festa dei tifosi.
Quel gesto, così come il sorriso con il fratello Khéphren, non è mai stato interpretato come mancanza di professionalità, ma come la manifestazione di un calciatore che sa conciliare concentrazione, emozione e leggerezza.
Insomma, guardare ogni dettaglio, ripreso dalle decine di telecamere, non deve trasformarsi in processo pubblico. I calciatori sono professionisti, ma prima di tutto esseri umani. Un sorriso tra fratelli per un gol segnato non diminuisce l’impegno in campo né la serietà di una prestazione: è un momento di genuina umanità, una pausa tra tensione e adrenalina, un piccolo gesto che ricorda che il calcio, oltre ai numeri e alle statistiche, vive anche di emozioni condivise.
In definitiva, il sorriso dei Thuram è più di un gesto istantaneo: è un promemoria per tifosi e addetti ai lavori che il gioco non è fatto solo di rigore e tattica, ma anche di complicità, affetto e rispetto tra chi, pur competendo con tutto se stesso, sa godersi i piccoli momenti di bellezza che il campo può regalare.
E allora? Allora, evviva i Thuram e tutti quelli che non si fanno avvelenare dalla rivalità calcistica, a tutti coloro che si ricordano che il calcio è pur sempre un pallone che rotola su un campo, la gioia di un ragazzino che lo rincorre e l’incanto di un gol che resta nella memoria.
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