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Cassano e Adani contro Allegri: il duello infinito tra bel gioco e risultati che divide il calcio italiano

Le critiche degli opinionisti non si fermano al passato juventino, ma accompagnano anche la nuova avventura rossonera del tecnico livornese

Cassano e Adani

Cassano e Adani contro Allegri: il duello infinito tra bel gioco e risultati che divide il calcio italiano

Massimiliano Allegri non siede più sulla panchina della Juventus, ma il suo nome resta un bersaglio privilegiato per Antonio Cassano e Daniele Adani. Oggi alla guida del Milan, il tecnico livornese continua a suscitare discussioni e giudizi contrastanti, come se ogni sua scelta fosse il riflesso di una visione del calcio che divide tifosi e addetti ai lavori. Le critiche dei due opinionisti più pungenti della televisione sportiva italiana hanno radici profonde, legate non solo agli ultimi anni bianconeri, ma anche al dibattito eterno tra pragmatismo e bel gioco.

Adani è stato sempre il più intransigente. Lo accusa da tempo di proporre un calcio statico, povero di idee e ormai fuori passo rispetto alle esigenze del calcio moderno. Per l’ex difensore, Allegri è l’emblema di un approccio che punta esclusivamente a contenere e sopravvivere, senza offrire un’identità chiara o una progettualità di lungo periodo. In più occasioni ha ironizzato sostenendo che, con il suo gioco, Allegri riuscirebbe a far sembrare visionari allenatori ben più ordinari. La sua posizione non si è ammorbidita nemmeno dopo i titoli conquistati con la Juventus e oggi si rinnova di fronte alla sfida rossonera, che per Adani richiederebbe invece coraggio e un’impronta europea.

Cassano ha sempre avuto un rapporto più ambiguo con Allegri. Lo considera un allenatore ossessionato dal risultato e lontano dall’idea di spettacolo e creatività che per lui rappresentano l’essenza del calcio. Negli ultimi mesi, però, ha rivalutato in parte il suo lavoro, almeno in relazione al rendimento della Juventus sotto nuove gestioni. Ha riconosciuto che, con Allegri, i piazzamenti erano una certezza, mentre oggi la squadra rischia più spesso di perdersi per strada. È un riconoscimento pragmatico, non stilistico: Cassano non apprezza il modo in cui le sue squadre giocano, ma ne ammette la capacità di portare a casa il risultato.

Le critiche di entrambi si alimentano soprattutto degli ultimi anni di Allegri a Torino. Eliminazioni premature in Europa, pochi successi in Coppa Italia, campionati vissuti senza il dominio che aveva caratterizzato il primo ciclo. Per i suoi detrattori, il ritorno sulla panchina bianconera ha segnato un passo indietro e la conferma di un approccio incapace di rinnovarsi. Oggi, al Milan, le stesse ombre vengono proiettate sulla nuova esperienza: può davvero Allegri rappresentare il futuro di una squadra che ambisce a primeggiare in Italia e in Europa?

Il confronto tra Allegri e i suoi critici mette in scena il dilemma più antico del pallone: conta più vincere o convincere? Allegri ha sempre difeso l’idea che il calcio non sia una scienza esatta, che l’obiettivo resti portare a casa il risultato, anche con partite sporche e calcoli difensivi. Cassano e Adani, ognuno a suo modo, rappresentano l’opposto: la necessità di un calcio che emozioni, che esprima identità e che non si riduca a un calcolo aritmetico. È il contrasto tra chi considera il successo l’unico parametro e chi vede nella bellezza del gioco il vero obiettivo.

Le scintille tra i due opinionisti non mancano. In una recente discussione televisiva, Cassano ha sostenuto che, nonostante i limiti del suo calcio, Allegri avrebbe garantito comunque piazzamenti sicuri rispetto al rendimento altalenante dei suoi successori. Adani ha ribattuto che paragonare la Juventus alle big europee è un errore, perché la squadra sotto Allegri si era già ridotta a una copia sbiadita, incapace di esprimere calcio di alto livello. È il riflesso di due visioni opposte: Cassano riconosce ad Allegri una solidità di base, Adani non gli concede nemmeno quello.

La Juventus, con le sue incertezze e la sua transizione, ha offerto per anni il terreno ideale per questo dibattito. Ora che Allegri è al Milan, la questione si sposta: i rossoneri hanno una tradizione che unisce successi e bellezza, da Sacchi ad Ancelotti, e ogni passo del tecnico toscano sarà letto alla luce di quella eredità. Cassano e Adani continueranno a vigilare, pronti a ricordare i limiti di un approccio che per loro non può bastare.

Il futuro del dibattito è scritto: Allegri resterà un allenatore divisivo finché siederà in panchina. Per i suoi sostenitori è l’uomo dei risultati, capace di far rendere al massimo le squadre con ciò che ha a disposizione. Per i suoi detrattori, rappresenta invece la fotografia di un calcio italiano che rischia di rimanere indietro rispetto ai modelli europei. Cassano e Adani, con le loro provocazioni, non fanno che amplificare questa frattura, trasformando Allegri in un simbolo di quella contrapposizione eterna tra pragmatismo e spettacolo.

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