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“Eleganza”: il ricordo dello stilista torinese per Giorgio Armani

Un omaggio che intreccia cinema, moda e memoria: da Richard Gere in American Gigolò alle passerelle mondiali, la visione sobria e rivoluzionaria del maestro rivive nelle parole di Maurizio Stancanelli

“Eleganza”: il ricordo dello stilista torinese per Giorgio Armani

“Eleganza”: il ricordo dello stilista torinese per Giorgio Armani

"Eleganza”. Non ha esitazioni Maurizio Stancanelli, stilista torinese, nello scegliere la parola che meglio racconta Giorgio Armani, scomparso lasciando un vuoto immenso nella moda italiana e mondiale. Una parola semplice, ma che per lui racchiude tutto: il ricordo di un cinema degli anni ’80, la sobrietà sabauda, la forza di una visione che ha cambiato per sempre il nostro modo di vestire.

La morte di Armani non segna soltanto la scomparsa di un maestro, ma la chiusura di un’epoca. Un tempo in cui un singolo nome riusciva a incarnare lo spirito di un Paese intero, diventando ambasciatore silenzioso ma potentissimo di un’identità collettiva. Da Torino, Stancanelli racconta cosa significhi oggi dire addio al “Re della moda”, attraverso ricordi personali, incontri, emozioni e la consapevolezza di ciò che Armani ha lasciato in eredità.

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Maurizio, qual è il tuo primo ricordo legato a Giorgio Armani?

“È l’inverno del 1980. Al cinema scorre ‘American Gigolò’ e sullo schermo Richard Gere incarna un fascino nuovo, magnetico. Ricordo ancora quei completi impeccabili: linee morbide, proporzioni perfette, un’eleganza e mai ostentata. Davanti a tanta bellezza e armonia, la domanda nasce spontanea: chi è lo stilista capace di trasformare un abito in icona? La risposta è un nome destinato a entrare nella leggenda: Giorgio Armani. In quell’istante, mentre la sua firma prendeva forma sul grande schermo, anche l’aquila del suo logo cominciava a spiccare il volo verso la celebrità, librandosi per non scendere più”.

Che cosa ha rappresentato Armani per te come stilista nato e cresciuto a Torino?

“Per me il grande maestro ha rappresentato la delicatezza e la sobrietà, in perfetta sintonia con l’essere sabaudi: discreti, riservati, ma al tempo stesso unici e speciali”. 

Hai mai avuto occasione di incontrarlo o di avvicinarsi al suo mondo creativo?

“Ebbi l’occasione di incontrare, in modo molto formale, il grande maestro durante una sfilata nel lontano 1984. Passò come una lama di fuoco in mezzo al ghiaccio, tra noi invitati, e io riuscii solo a mormorare un timido “complimenti”. Mi restituì uno sguardo al tempo stesso euforico e glaciale. Più tardi lavorai per lui, non direttamente, e fu allora che compresi fino in fondo la sua filosofia: capace di grande generosità, pignolo e irascibile, come sanno esserlo tutti i veri grandi”. 

Secondo te, in che modo Giorgio Armani ha cambiato l’identità della moda italiana?

“Giorgio Armani è riuscito a destrutturare un capo tipicamente maschile, come la giacca, trasformandolo in un simbolo di libertà e nonchalance anche per il mondo femminile. Ha saputo mescolare stili diversi, con colori mai chiassosi, dal celebre ‘greige’ di King Giorgio a uno street style mai esasperato”.

Lo stile sobrio e senza tempo di Armani è diventato un marchio mondiale: cosa ci insegna oggi quella coerenza estetica?

“Come madame Gabrielle Chanel consigliava di togliere sempre un elemento prima di uscire, così Giorgio Armani ha saputo ribadire, con altre sfumature, lo stesso concetto. Non a caso sono tra i pochi, nel mondo della moda, a essere immediatamente riconoscibili. Con sicurezza hanno voluto affermare la propria cifra stilistica in una società caotica. Armani, in particolare, è riuscito a rendere gentile ogni capo che ha creato”. 

Quali elementi della sua visione restano un modello per le nuove generazioni di designer?

“Con lui, sul finire degli anni Settanta, è nato il prêt-à-porter italiano: raffinato, frutto di un lavoro durissimo e di una dedizione assoluta. Come un mantra magnifico, Armani è riuscito a non cadere nei trabocchetti del suono cacofonico che mistifica il bello. Ha creato armonia negli abbinamenti e negli accessori, lasciando in eredità un’idea di bellezza da custodire e insegnare. Quella stessa bellezza che un uomo geniale sa percepire e tramandare attraverso una narrazione perpetua”. 

Cosa perde la moda italiana con la sua scomparsa e cosa, invece, eredita dalla sua visione?

“Ha saputo creare una visione del futuro attraverso gli occhi del presente, intrecciando il passato in una mescolanza di stili destinati a essere sempre condivisi e indossati. Ha dato forma all’eternità del kalòs kai agathòs, l’ideale di bellezza e bontà. Con la scomparsa del maestro, la società italiana si scopre orfana di una voce e di una guida fondamentale, proprio in un momento di grandi incertezze per il settore moda. Dovrà colmare il vuoto che lascia, ma il suo instancabile essere stakanovista ci consegna un’eredità di visione positiva, intrisa di speranza, gioia e vita. Armani ci ricorda che nulla è impossibile, se la volontà è ferrea e i principi restano saldi”.

Quanto Armani ha contribuito a costruire l’immagine dell’Italia elegante e autorevole all’estero?

“Negli anni ’80 c’erano quattro stilisti osannati all’estero, e tra questi spiccava il maestro Armani. Col passare dei decenni, solo lui è rimasto il vero ambasciatore della moda italiana: sempre vigile, attento, punto di riferimento. Grazie a lui la Camera della Moda ha beneficiato immensamente della sua autorevolezza. C’era sempre un negozio o un abito Armani in ogni angolo del mondo e, nei miei viaggi all’estero, era sempre il nome più desiderato”. 

Se dovessi descrivere Giorgio Armani con poche e semplici parole, quali sceglieresti?

“È stato il Fibonacci della moda, capace di trasformare le proporzioni in armonia e di rendere ogni linea una sequenza perfetta di bellezza”. 

C’è un capo o una collezione che, secondo te, racchiude al meglio la sua filosofia?

“Tutto ciò che Armani ha creato, con estro, intelligenza e armonia, meriterebbe di essere ricordato. Ma come dimenticare la Tosca di Puccini, per la quale nel 2003 curò l’allestimento dei costumi, a cui ebbi l’onore di partecipare? E che dire di Armani Privé, dove la scultura prende forma e anima nell’estetica, nell’essere unico. Quanta grazia, quanta perfezione nelle sue opere”.

BOX di approfondimento: Chi è Maurizio Stancanelli

 

Maurizio Stancanelli, stilista piemontese, con indosso un capo frutto della sua maestria artigianale

Maurizio Adamo Stancanelli, stilista torinese di origini siciliane, nasce in una famiglia di artigiani: il nonno Carmelo, già nel dopoguerra, aveva una bottega specializzata nella produzione di scarpe su misura e abbigliamento di pregio. Nel 1972 la famiglia si trasferisce a Torino, portando con sé quell’eredità di saperi e di tessuti che diventa la radice della sua creatività.

Tra profumi di pellami e stoffe, Maurizio cresce respirando il fascino del mestiere e si forma tra le maestranze più qualificate del settore. Dopo aver lavorato in diversi atelier e accumulato esperienze internazionali, sceglie di affermare la sua indipendenza e di definire il proprio stile. Ama definirsi couturier, con un approccio artigianale ma sempre proiettato alla modernità: i suoi abiti, come lui stesso racconta, “sono pensati per diventare una seconda pelle”.

Nel suo atelier torinese porta avanti l’arte della sartoria d’eccellenza: capi unici, armonie di colori e accessori, scelte stilistiche capaci di coniugare memoria e futuro. Non mancano incursioni nella grande cultura italiana: nel 2003 firma i costumi per la Tosca di Puccini, unendo teatralità e grazia.

Oggi Stancanelli collabora con importanti aziende di moda, cura ‘capsule collection’ e creazioni di alta gamma, senza rinunciare al ‘made to measure’ per uomo, donna e bambino. Accanto all’abbigliamento esclusivo per cerimonie ed eventi, offre un pacchetto completo di consulenze per matrimoni e occasioni speciali, coniugando la sua maestria sartoriale con la cura per i dettagli che fanno la differenza.

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