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Cronaca
04 Settembre 2025 - 15:53
Si è spento oggi, 4 settembre, a 91 anni, Giorgio Armani. Il fondatore dell’omonimo impero ha attraversato in convalescenza gli ultimi mesi, mantenendo riservato un precedente ricovero. La sua giornata, però, è rimasta quella di sempre: controllo dei fitting via video, occhi sui look, agenda puntata sulla sfilata in Accademia di Brera del 28 settembre, pensata per celebrare i cinquant’anni del marchio. Una dedizione totale, la cifra di un protagonista che ha trasformato il vestire in linguaggio universale.
Per Milano e per la moda mondiale è la scomparsa di un riferimento assoluto. Nato a Piacenza l’11 luglio 1934, trasferito a Milano nel 1949, Armani attraversa medicina, leva militare e poi la scuola pratica della Rinascente. Da lì il salto: nel 1965 l’ingaggio di Nino Cerruti per la linea Hitman, quindi lo studio con Sergio Galeotti e, il 24 luglio 1975, la nascita della Giorgio Armani in corso Venezia. L’esordio in passerella con la primavera/estate 1976 consacra un’estetica nuova: forme pure, palette misurate, centralità della persona.
Il 1980 fissa l’icona: la giacca destrutturata, che svuota le impalcature interne e libera il corpo senza tradire l’eleganza. Nel 1982 la copertina di Time lo pone tra i pochissimi stilisti celebrati dal settimanale. Il suo universo si allarga: nel 1981 nasce Emporio Armani con il celebre aquilotto, preludio di una grammatica che parlerà a generazioni diverse. Arrivano le uniformi Alitalia (1991), la couture con Armani Privé (2005), la linea sportiva EA7 e l’impegno diretto nello sport con l’Olimpia Milano (2008).
Ma il “sistema Armani” non è solo prodotto. È comunicazione e spazio: l’EA Magazine, i maxi impianti pubblicitari che ridisegnano l’immaginario urbano, l’hangar Emporio a Linate, la sede di via Bergognone con il Teatro firmato Tadao Ando, e il Silos, la casa-museo che racconta per immagini il suo archivio. La relazione con il cinema amplifica il mito: da American Gigolò agli abiti per i red carpet, fino al sostegno a progetti come il documentario di Martin Scorsese sul cinema italiano.
Dopo la morte di Sergio Galeotti (1985), Armani tiene saldo il timone con la famiglia: la sorella Rosanna, il nipote Andrea Camerana, le nipoti Silvana Armani (womenswear) e Roberta (celebrities), accanto a figure chiave come Leo Dell’Orco (menswear). Nel tempo arrivano fondazione e governance familiare per blindare il futuro del gruppo. Sul piano pubblico, in momenti cruciali ha imposto il passo: nel febbraio 2020, in piena Milano Fashion Week, sceglie la sfilata a porte chiuse e destina risorse all’emergenza sanitaria; nel 2022 fa sfilare senza musica per rispetto delle vittime della guerra in Ucraina.
Il suo stile resta un lessico riconoscibile: linee nitide, proporzioni calibrate, colori che vanno dal greige al blu profondo, tailleur e cappotti che attraversano le stagioni con naturalezza. Ha modellato il modo di presentarsi di generazioni di donne e uomini, spostando il baricentro dalla tendenza al portabilità, senza rinunciare all’autorevolezza. Una modernità che ha dato vita a un ecosistema completo: Armani Casa, gli Armani Hotel, progetti immobiliari, collaborazioni e premi. La sua impronta è stata anche economica: tra i marchi di maggiore valore a livello globale, patrimonio personale stimato per anni ai vertici delle classifiche italiane.
La città potrà rendergli omaggio a Milano, all’Armani/Teatro in via Bergognone 59: camera ardente sabato 6 e domenica 7 settembre, dalle 9 alle 18. I funerali si terranno in forma privata, per esplicita volontà dello stilista. Restano l’opera e una lezione semplice e severa: mettere la persona al centro, far parlare gli abiti a bassa voce, lasciare che sia lo stile a dire l’essenziale.
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