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11 Agosto 2025 - 20:25
Il ristorante La Moia ha mandato una diffida ai Comuni e alla Provincia. La minoranza interroga
Se non sai dov’è, non ci arrivi. Poco da fare. Tonengo è un paese minuscolo, per un soffio già in provincia di Asti, aggrappato a un cucuzzolo, e lo attraversi in una manciata di minuti. Ma c’è un “però” grande come una casa: il ristorante La Moia (ufficialmente “Il Moya”), che da queste parti è un’istituzione. Vengono a mangiare qui da tutto il Piemonte, attratti da quell’atmosfera fuori dal tempo, dai piattoni che girano in sala senza menù e da un fritto misto capace di far dimenticare ogni dieta. Un posto per professionisti del mangiare, dove quantità e qualità viaggiano insieme, senza troppi orpelli, e dove ogni portata è un pezzo di mito.
Ma da qualche tempo, raggiungerlo è diventata un’impresa. E ora, dopo quattro mesi di disagi, i titolari hanno detto basta.
I titolari del ristorante La Moia alla festa dei cinquant'anni dell'attività, nel 2019
Il 23 luglio scorso l’avvocato Guido Cardello, per conto della società Sorelle Audino s.n.c. – che gestisce il ristorante in via Cocconato 5 – ha inviato una diffida pesante come un macigno alla Provincia di Asti e alla Città Metropolitana di Torino e per conoscenza ai Comuni di Lauriano, Cocconato, Moransengo Tonengo. Una mossa che non lascia spazio a interpretazioni: se non si ripristina la viabilità entro trenta giorni, si andrà in tribunale. Non solo: le amministrazioni hanno cinque giorni per segnalare in maniera adeguata le strade alternative, sistemando anche quelle dissestate. E, soprattutto, dovranno sedersi a un tavolo per parlare di risarcimento danni.
Il motivo?
Dal 17 aprile 2025, una serie di frane ha spezzato in due la strada provinciale Cunico-Lauriano, bloccando gli accessi sia da Cocconato (zona Regione Maroero) che da Lauriano (Regione Piazzo). Risultato: La Moia è rimasta irraggiungibile da entrambe le direzioni.
Nella diffida si legge che il ristorante ha perso oltre il 50% della clientela e quindi del fatturato. Un crollo che mette in difficoltà non solo l’azienda, ma anche i dipendenti, per i quali si parla già di richiesta di cassa integrazione.
Il quadro è aggravato dal fatto che Moransengo Tonengo, soprattutto la parte di Tonengo, è di fatto isolata anche per l’accesso a servizi essenziali: farmacia, ufficio postale, caserma dei Carabinieri, ASL, tutti a Cocconato. Prima erano a 6 km di distanza, oggi bisogna farne 14, con tempi e costi moltiplicati.
E a peggiorare le cose c’è un altro aspetto: nessuno, denuncia la società, ha segnalato in modo chiaro le strade alternative, comunque dissestate e di competenza degli stessi enti chiamati in causa.
Renato Dutto consigliere comunale di opposizione a Lauriano
Il caso ha avuto un’eco immediata a Lauriano. L’11 agosto i consiglieri comunali di minoranza Renato Dutto, Graziano Bronzin e Sabino Fusco (gruppo “Lauriano e Piazzo Domani”) hanno protocollato un’interrogazione alla sindaca Mara Baccolla.
Otto le domande messe nero su bianco, e tutte piuttosto dirette:
Perché, dopo la frana del 17 aprile, non è stata installata subito la segnaletica per indicare i percorsi alternativi?
Quando sarà messa questa segnaletica?
Quali sono i tempi di ripristino della strada Piazzo–Moransengo Tonengo?
Il Comune ha sollecitato la Città Metropolitana? Se sì, si mostri la documentazione.
Come intende rispondere l’Amministrazione alla diffida, visto che un eventuale risarcimento ricadrebbe sulle casse comunali e quindi sui cittadini?
Sono arrivate altre diffide o richieste di risarcimento per danni legati all’alluvione del 17 aprile?
In caso affermativo, si forniscano copie di tutti i documenti.
Quali azioni si vogliono intraprendere per evitare che situazioni simili si ripetano, esponendo il Comune a nuovi esborsi?
Il gruppo di minoranza non si limita a domandare, ma punta il dito anche sulla “pessima gestione” dell’emergenza, ricordando che il rio Grande non veniva pulito da sei anni, con tutte le conseguenze che si sono viste.
Il caso de La Moia è emblematico di come una frana possa diventare un problema strutturale se non affrontata subito. Non si tratta solo di un esercizio commerciale penalizzato – per quanto importante a livello locale e regionale – ma di un’intera comunità che si ritrova tagliata fuori. Le ricadute economiche sono evidenti, quelle sociali e di sicurezza forse ancora di più.
La Moia non è un ristorante qualsiasi. È un pezzo di identità gastronomica piemontese, un luogo dove si celebrano pranzi familiari, cene tra amici, ricorrenze. La sua fama supera i confini provinciali, e l’idea che possa essere messo in ginocchio da una strada chiusa senza alternative praticabili sta facendo discutere.
Dalla diffida emerge un ultimatum chiaro: trenta giorni per riaprire la strada, cinque per mettere la segnaletica, e altrettanti per discutere di risarcimenti. In caso contrario, l’avvocato Cardello ha già il mandato per procedere anche in sede penale.
Resta da capire come risponderanno gli enti coinvolti, ognuno con le proprie competenze e bilanci. Perché se è vero che la frana è un evento naturale, la gestione dell’emergenza e della viabilità alternativa è tutta una questione amministrativa. E qui, la pazienza sembra essere finita.
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