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Parcheggio selvaggio in piazza, scoppia la polemica a Gassino

L'appello del consigliere comunale di minoranza Gazzara via social

Auto in piazza A. Chiesa a Gassino

Auto in piazza A. Chiesa a Gassino

La piazza più bella della città trasformata in parcheggio improvvisato, panchine assediate da auto e furgoni, cartelli chiari ma ignorati: a Gassino Torinese il caso di piazza A. Chiesa non è un dettaglio d’arredo urbano, è una questione di fiducia pubblica. Un confronto che chiama in causa politica, cittadini e istituzioni su un punto cruciale: o le regole valgono per tutti, oppure diventano finzione.

A riaccendere i riflettori è stato Maurizio Gazzara, capogruppo di Gassino Insieme, che in un post ha parlato di “anarchia urbanistica all’italiana”. Il cuore del problema è semplice: piazza A. Chiesa è formalmente area pedonale, con divieto di transito e sosta, salvo i residenti con accesso a cortili e box. Eppure, nella pratica quotidiana, è diventata un parcheggio libero, con veicoli lasciati anche a ridosso delle panchine, di fatto inutilizzabili. “La richiesta è semplice e di buon senso — scrive Gazzara —: o si fa rispettare il divieto per tutti, o si abbia il coraggio di rimuovere cartelli e finzioni, liberalizzando la piazza per tutti, non solo per i più furbi. In democrazia le regole valgono per tutti, altrimenti si chiama privilegio.”


Il sindaco Cristian Corrado conferma il quadro e la sua complessità. Servono scelte nette: far rispettare le regole esistenti oppure ripensare radicalmente l’accesso, per evitare l’attuale zona grigia.Corrado ha spiegato che, pur essendo una richiesta di buon senso, senza un presidio costante le transenne vengono rimosse da residenti o terzi. Ha annunciato che l’amministrazione ha già finanziato l’impianto elettrico e l’installazione di dissuasori idraulici azionabili solo da aventi diritto e mezzi di servizio, considerandola l’unica soluzione definitiva.

La vicenda di piazza A. Chiesa va oltre un contenzioso locale: nei piccoli centri, la gestione delle aree pedonali non è solo una questione di arredo urbano, ma di coerenza amministrativa e giustizia percepita. Se i divieti restano lettera morta, si alimenta l’idea che le regole siano negoziabili, che i più furbi se la cavino e che lo spazio pubblico possa essere privatizzato di fatto. È il nodo che Gazzara ha tradotto nell’opposizione tra regola e privilegio e che il sindaco prova a sciogliere con una soluzione strutturale.

Sul tavolo, di fatto, ci sono tre linee. La prima: far rispettare rigorosamente l’area pedonale, con controlli e sanzioni, ma il Comune ammette l’impossibilità di un presidio costante. La seconda: liberalizzare, togliendo cartelli e finzioni, ipotesi evocata da Gazzara come via di trasparenza ma che snaturerebbe la vocazione della piazza. La terza, quella che l’amministrazione ha già avviato: i dissuasori idraulici, una barriera fisica e “intelligente” per ristabilire la priorità pedonale e chiudere la stagione dell’illegalità di fatto.

La palla passa ora all’amministrazione e alle forze dell’ordine locali. La credibilità del progetto si misurerà sui tempi di realizzazione, sulla chiarezza delle deroghe per residenti, soccorso e servizi, e sulla capacità di ricucire il patto civico attorno a un’idea semplice: lo spazio pubblico è di tutti soltanto se le regole sono di tutti.

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