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31 Luglio 2025 - 18:55
Santissima Annunziata: è la fine. Tutti gli studenti del liceo al Faccio di Cuorgnè. Medie svuotate
Due giorni fa parlavamo di una crisi profonda. Oggi, purtroppo, possiamo dirlo senza più giri di parole: è finita.
L’Istituto Santissima Annunziata di Rivarolo non esiste più. Esiste l’edificio, esiste la cooperativa La Risposta – s.r.l. Onlus, esistono ancora delle carte, delle firme, dei verbali, un ricorso al Tar. Ma non esiste più la scuola.
La conferma è arrivata nelle ultime ore: tutti gli studenti delle classi 3ª, 4ª e 5ª liceo si sono iscritti all’Istituto Faccio di Cuorgnè. In blocco. Una migrazione di massa verso un approdo sicuro. Il biennio, invece, non esisteva già più da tempo: tagliato, svuotato, dimenticato.
E non è finita. Anche le scuole medie inferiori sono state colpite dalla fuga: classi decimate, con un vero e proprio fuggi fuggi verso gli istituti di Favria e Valperga.
Una ritirata silenziosa, inarrestabile, resa possibile dal nulla osta firmato da oltre quaranta famiglie, decise a garantire ai propri figli un minimo di continuità educativa e, soprattutto, di dignità.
Così facendo si sancisce, di fatto, la morte dell’Istituto: senza studenti, senza rette, senza fondi pubblici, senza il sostegno del Comune, la cooperativa non ha più alcuna possibilità di sopravvivenza. La messa in liquidazione è dietro l’angolo. E questa volta non è più un’ipotesi: è solo questione di giorni.
Negli scorsi mesi si era parlato di una possibile ancora di salvezza: un gruppo di imprenditori locali aveva manifestato l’intenzione di rilevare l’intera struttura, fabbricato compreso, di proprietà della Diocesi di Ivrea.
Un progetto ambizioso: rilanciare l’idea educativa collegandola eventualmente ad attività economicamente sostenibili. Ma anche questa trattativa è naufragata. E con lei ogni residua speranza.
Nel frattempo, il vero nodo rimane quello del personale docente. Molti insegnanti non possiedono il titolo abilitante all’insegnamento. Alcuni erano stati persino assunti a tempo indeterminato. Licenziarli oggi significherebbe aprire la strada a contenziosi legali a catena. Costi insostenibili. Ma anche assumere docenti abilitati, in tempi così stretti, è una missione impossibile.
Qualcosina, per sfoltire il personale, si potrebbe anche fare. Per esempio, il licenziamento dei docenti prossimi alla pensione, che potrebbero accedere alla NASpI. Ma su questo fronte il silenzio è pressoché totale. Silenzio anche da parte della Diocesi di Ivrea, proprietaria dell’immobile, che ne aveva concesso l’uso per finalità “educative cristiane”.
Insomma, nessuno si sta impietosendo di fronte al comunicato firmato dai genitori e inviato a Comune, Diocesi, Regione e Ministero, in cui si chiede di guardare oltre le responsabilità e pensare al futuro.
“Molti di noi non possono permettersi rette più alte – scrivono – Il rischio è un impatto devastante: educativo, economico, sociale. I nostri figli hanno bisogno di continuità e stabilità. Non si può smantellare tutto dall’oggi al domani”.
Tant’è. L’incredibile epilogo si scontra con quanto La Voce, in seguito ad alcune segnalazioni, aveva già denunciato tra il 2022 e il 2023, quando la scuola reagì con risposte vaghe e rassicurazioni di facciata.
“Grazie per aver voluto verificare con noi le segnalazioni che vi sono state riportate – ci aveva risposto Gabriele Cibrario Rossi – Per amore di trasparenza le confermiamo che sussiste nel nostro corpo insegnante qualche eccezione al possesso dei titoli di abilitazione per il ruolo: si tratta di persone che stanno ancora completando il loro percorso di formazione, e che prestano servizio come avviene anche in molte scuole statali. […]”
Un lungo messaggio che si concludeva con la rassicurazione che “tutte le persone che prestano servizio nella nostra cooperativa hanno percorsi di studi, esperienze professionali e sensibilità tali da garantire un servizio di eccellenza per la comunità”.
Ma che cosa significa “qualche eccezione”? Chi erano questi docenti “in formazione”? Che ruolo avevano? Avremmo voluto capirlo allora, ma dall’Istituto ci dissero che bastava così. “Privacy”, fu la risposta.
Poi arrivarono due ispezioni del Provveditorato. E pure i carabinieri in Comune, a cercare documenti.
E Cibrario Rossi? Si disse vittima di “accanimento mediatico”.
Si fosse dato da fare allora, forse oggi non saremmo qui a parlare della fine di una scuola con oltre cent’anni di storia, passata dalle Suore Orsoline alle Suore di San Giuseppe, fino alla gestione laica.
Oggi le famiglie sono disperate. Il personale nel panico. La scuola, morta.
Una sconfitta per tutti. Ma soprattutto, una lezione dolorosa: sulla trasparenza negata, sulle scelte rinviate, sull’inerzia di questi anni.
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