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Santissima Annunziata verso la "messa in liquidazione". I genitori si appellano alle istituzioni: “Così si distrugge una comunità”

La riunione di ieri sera si è trasformata in un vero e proprio grido di dolore. L’istituto Santissima Annunziata di Rivarolo Canavese è ormai sull’orlo della liquidazione. Dopo l’ufficializzazione della perdita della parità scolastica, per la storica scuola non sembrano più esserci vie d’uscita.

Santissima Annunziata verso la "messa in liquidazione". I genitori si appellano alle istituzioni: “Così si distrugge una comunità”

Estate calda a Rivarolo. La cooperativa “La Risposta – s.r.l. Onlus” che gestisce l’istituto Santissima Annunziata ha convocato un incontro con i genitori per fare il punto della situazione. E la realtà che è emersa (assente il presidente Gabriele Cibrario Rossi, in malattia) è a dir poco drammatica. Nonostante gli appelli, nonostante la lettera accorata diffusa dai rappresentanti delle famiglie, decine di genitori (più di 40) avrebbero già chiesto il nulla osta per trasferire i propri figli in altre scuole pubbliche, nel tentativo disperato di garantirsi almeno la continuità educativa. Non ci sono già più i numero per seconda media, e pure quelli per la 3^ e 4^ liceo. Insomma una catastrofe...

Così facendo, però, si sancisce di fatto la morte dell’istituto: senza studenti, senza rette, senza fondi pubblici e senza il sostegno del Comune la cooperativa non può più sostenersi economicamente. La messa in liquidazione è all’orizzonte. E questa volta non è un’ipotesi remota.

Negli scorsi mesi era emersa la possibilità di una salvezza: un gruppo di imprenditori locali aveva manifestato l’intenzione di rilevare l’intera struttura, fabbricato compreso (di proprietà della Diocesi di Ivrea), con l’obiettivo di rilanciare il progetto educativo ed eventualmente collegarlo a qualcosa di economicamente vantaggioso. Ma la trattativa è naufragata, e con essa ogni speranza concreta.

Il vero nodo resta quello degli insegnanti. Molti di loro, pur lavorando da anni nella scuola, non possiedono il titolo abilitante all’insegnamento. Alcuni sono stati addirittura assunti a tempo indeterminato. Licenziarli ora significherebbe aprire contenziosi legali a catena, con costi insostenibili per una realtà già in affanno. Assumerne di nuovi, formati e in regola, è pressoché impossibile in tempi così stretti.

Eppure, come denunciato da La Voce già nel 2022 – all’epoca bollata come “fandonia” dalla scuola e oggi pienamente confermata dal Provveditorato – quella irregolarità era evidente da tempo.

La cooperativa, di fronte alle prime accuse, aveva minimizzato, parlando di “qualche eccezione”. Ma nessun elenco fu mai reso pubblico, nessun nome, nessun chiarimento. Solo risposte evasive e appelli alla privacy.

Nel frattempo, mentre la scuola difendeva la sua posizione, i carabinieri acquisivano in Comune i documenti legati alla gestione dell’istituto, il presidente Gabriele Cibrario Rossi si dichiarava vittima di un “accanimento mediatico”, mentre l’assessora Conta Canova – che a quei tempi era anche docente della scuola e oggi non lo è più – firmava comunicati che non chiarivano nulla, evitando ogni presa d’atto formale sulle irregolarità del personale.

Oggi il cerchio si chiude. La revoca della parità è arrivata, e con essa la crisi è esplosa.

Nel mezzo di questo disastro annunciato, a prendere la parola sono i genitori. Chiedono che le istituzioni – Comune, Diocesi, Regione, Ministero – non si concentrino solo sulle responsabilità, ma sul futuro dei bambini e delle famiglie.

“Molti di noi non possono permettersi rette più alte, né possono contare su aiuti esterni. Il rischio è un impatto devastante sul piano educativo, economico e sociale. I nostri figli hanno bisogno di continuità, di stabilità. Non si può smantellare tutto così, dall’oggi al domani”, si legge.

La lettera, seppur diplomatica nei toni, è un’accusa implicita all’immobilismo di chi avrebbe potuto intervenire prima.

“L’Istituto Santissima Annunziata rappresenta un presidio educativo fondamentale per tutta la comunità. Una sua chiusura sarebbe un colpo durissimo per le famiglie e per il territorio”, scrivono ancora.

Ma intanto, in via Cotonificio, la realtà è amara. Le famiglie si disperano, il personale è nel panico, la cooperativa è pronta a gettare la spugna. E una scuola con oltre un secolo di storia – già affidata prima alle Suore Orsoline, poi alle Suore di San Giuseppe e infine alla gestione laica della cooperativa – è già praticamente "morta!.

Una sconfitta per tutti. Ma, soprattutto, una lezione sulla trasparenza negata, sulle scelte rinviate e sull’inerzia di questi anni.

Santissima Annunziata: quando il tempo massimo è già scaduto

C’è un momento, nelle partite importanti, in cui l’arbitro guarda l’orologio e fischia tre volte. Fine dei giochi. Il “tempo massimo” è passato. E poco importa se qualcuno in panchina continua a dare ordini, se un dirigente si agita a bordo campo, se sugli spalti c’è chi spera ancora in un rigore all’ultimo secondo. Il tempo finisce. E basta.
Per la Santissima Annunziata di Rivarolo Canavese quel momento è arrivato. Anzi, è arrivato da tempo. Ma c’è voluto il colpo di fischietto del Provveditorato per farlo capire a tutti.

Cibrario

Gabriele Cibrario Rossi

Oggi si parla di liquidazione della cooperativa. Di rette che mancano, di famiglie che scappano, di convenzioni sospese, di futuri compromessi. Ma nessuno dica che è successo all’improvviso. Nessuno provi a spacciare questo disastro per un fulmine a ciel sereno.
Perché se siamo arrivati fin qui, è perché per troppo tempo non si è fatto nulla. O meglio: si è scelto di non fare nulla.

A cominciare dalla cooperativa che gestisce l’istituto. È da anni che si sapeva della presenza di personale non abilitato all’insegnamento. La Voce lo scriveva già nel 2022. Gli ispettori del Ministero hanno semplicemente certificato quello che era sotto gli occhi di tutti. Eppure, cosa ha fatto il presidente Gabriele Cibrario Rossi?
Nulla. Ha parlato di “qualche eccezione”. Ha invocato le difficoltà nel trovare docenti qualificati. Ha alzato le spalle. Ha scritto lettere stizzite ai giornali, minacciato querele, ma non ha mai affrontato davvero il problema.

È il prezzo dell’improvvisazione e dell’inadeguatezza. Di una gestione che, negli anni, ha preferito trincerarsi dietro la privacy anziché mettere mano alle criticità. Di un presidente che non è mai stato all’altezza del ruolo, che ha guidato una realtà educativa come se fosse un comitato di quartiere, dimenticando che quando in gioco ci sono fondi pubblici, trasparenza e titoli di studio non sono optional.

E il Comune? Anche lì, silenzi imbarazzanti. Assessori che insegnano nella scuola e che avrebbero dovuto vigilare sulla regolarità delle convenzioni, ma che invece si sono accontentati di frasi generiche. Delibere e richieste di chiarimento lasciate cadere nel vuoto. Carabinieri che bussano in municipio per acquisire documenti. E ancora, nessuna assunzione di responsabilità. Nessuna voce chiara, netta, risolutiva.
Solo interlocuzioni, tavoli di confronto, attese. E intanto il tempo passava.

Lo stesso vale per la Diocesi, proprietaria dell’immobile e corresponsabile, seppur indirettamente, del progetto educativo. È vero: l’istituto è formalmente autonomo. Ma chi concede in comodato gratuito un edificio scolastico, chi lo considera “opera pastorale”, non può voltarsi dall’altra parte quando l’intera struttura crolla sotto il peso della sua opacità.

E ora? Ora si scopre che i genitori – stanchi, delusi, arrabbiati – stanno chiedendo in massa il nulla osta. Che la cooperativa è pronta alla liquidazione. Che il futuro di decine di bambini è a rischio. Che una scuola che per decenni è stata presidio educativo e sociale rischia di chiudere nel silenzio generale.

Ecco, questo è il risultato delle decisioni non prese. Del “vedremo”, del “intanto andiamo avanti”, del “qualcosa succederà”. Ma non è successo nulla. È accaduto solo ciò che era inevitabile: la realtà ha presentato il conto.

In queste ore circola una lettera accorata firmata dai rappresentanti dei genitori. Chiedono alle istituzioni di non abbandonarli. Di trovare una soluzione. Ma siamo oltre. Il tempo massimo è finito. E quel che resta, purtroppo, è solo la fotografia di un fallimento collettivo.

Un fallimento che ha nomi e cognomi. Che ha firme in calce e protocolli dimenticati. Un fallimento che non nasce ieri, ma cresce da anni. E che ora si abbatte sui più piccoli. Come sempre. Come troppo spesso.

Insomma, alla Santissima Annunziata, più che un miracolo, sarebbe servita una classe dirigente vera. Non l’hanno avuta. E ora, purtroppo, è troppo tardi.

La lettera

Egregi,
vi scriviamo in quanto gruppo di rappresentanti dei genitori degli studenti dell'Istituto SS Annunziata di Rivarolo Canavese, per esprimere la nostra profonda preoccupazione riguardo all’attuale situazione della scuola, a seguito del provvedimento di revoca della Parificazione sopraggiunto di recente.

Non entriamo nel merito delle responsabilità – in quanto consapevoli di possibili errori e anche delle risapute difficoltà da parte di tutte le Istituzioni scolastiche, pubbliche e non, a reperire insegnanti qualificati a causa di una normativa che da anni pare essere lacunosa – ma vogliamo porre l'attenzione sui nostri figli e ci rivolgiamo a Voi in cerca di soluzioni che possano consentire a loro e a noi genitori di affrontare l'anno scolastico alle porte con la serenità che in questo momento è venuta a mancare.

Siamo consapevoli che per gli enti coinvolti a vario titolo si tratti di un caso difficile, ma le conseguenze negative derivanti da una possibile interruzione nella continuità scolastica o, peggio ancora, dalla chiusura dell'Istituto ricadrebbero, oltre che sul personale dell'ISSA, sui nostri figli e sull'intera comunità.

L'Istituto Santissima Annunziata rappresenta da sempre un punto di riferimento scolastico fondamentale per la nostra comunità e per quella dei paesi limitrofi, un servizio reso a tutto il territorio, una valida proposta per le famiglie che, sempre di più, hanno difficoltà a conciliare la vita lavorativa con la gestione dei figli.

Siete certamente a conoscenza di quali siano le difficoltà della zona in cui viviamo e quanto i servizi a sostegno delle famiglie siano carenti e non riescano a soddisfare le esigenze delle stesse. Spesso la sede di lavoro dei genitori è a Torino o addirittura a distanze maggiori e sono sempre più coloro che non possono contare su aiuti alternativi per la gestione dei figli.

La perdita dei sostegni economici da parte dell’Istituto avrebbe sulle nostre famiglie un impatto devastante. Molti di noi non sarebbero in grado di reggere una retta più elevata (spesso la scelta di una scuola paritaria è dovuta ad esigenze lavorative che richiedono un servizio scolastico con orari più flessibili) e spostarli nella scuola pubblica per molti genitori vorrebbe dire dover ricorrere ad aiuti supplementari esterni a pagamento che molti non potrebbero permettersi.

Ovviamente l'aspetto più preoccupante è l'impatto sui nostri figli, che giunti ormai alla fine di luglio sono convinti di iniziare l'anno scolastico in una struttura che noi genitori abbiamo scelto a fronte della qualità del percorso formativo e della tipologia di servizio proposti. La perdita di un ambiente scolastico stabile e familiare che per loro è “casa” potrebbe compromettere la continuità dell'istruzione e il rendimento scolastico dei nostri figli, che sarebbero costretti a ripartire da zero senza un’adeguata preparazione al cambiamento.

Noi famiglie vorremmo che tutte le istituzioni ponessero l’attenzione non solo sugli aspetti che hanno portato alla revoca della parificazione, e che comunque vanno gestiti, ma soprattutto sul valore del progetto formativo offerto dall’equipe dei docenti che, tutti i giorni con impegno e dedizione, si sono occupati della crescita personale e culturale dei nostri figli.

A questo va aggiunta la valutazione dell’impatto economico che un’eventuale chiusura dell’istituto potrebbe determinare ricadendo in maniera trasversale sul tessuto commerciale, sui servizi nonché sulla fruizione delle attività extrascolastiche ludico-motorie locali.

A fronte di quanto sopra, chiediamo di farvi carico delle nostre preoccupazioni e di supportare con tutti gli strumenti a vostra disposizione il nostro Istituto per il benessere dei nostri figli e di tutta la comunità.

Siamo disponibili a collaborare con tutte le Istituzioni che vorranno farsi parte attiva nell’elaborazione di una rapida ed efficace soluzione.

In attesa di un Vostro riscontro in merito, e grati per l’attenzione che vorrete riservarci, porgiamo i nostri più cordiali saluti.

Rivarolo Canavese, 28 luglio 2025
Il gruppo di rappresentanti dei genitori degli alunni dell’Istituto Santissima Annunziata di Rivarolo Canavese

Tratto da www.istitutossannunziata.it

L’Istituto prende il nome dalle Suore Orsoline della Santissima Annunziata di Rivarolo, piccola Congregazione religiosa locale, fondata dalla rivarolese Madre Maria di Gesù, al secolo Anna Maria Borgaratti e riconosciuta dal Vescovo di Ivrea, monsignor Colombano Chiaverotti, con decreto del 26 gennaio 1818. Sempre per interessamento di monsignor Chiaverotti, il 27 settembre 1821 le Orsoline, che abitavano in un edificio fatiscente nel centro di Rivarolo, ebbero in dono da Re Carlo Felice la Chiesa e il Convento di San Francesco, incamerati dal Regio Demanio dopo la soppressione napoleonica del Convento francescano. Infine, il 28 novembre 1824, il nuovo Vescovo di Ivrea, monsignor Luigi Pochettini, impose loro la perfetta clausura. 

 

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Intorno al 1845 il Vescovo monsignor Luigi Moreno attenuò la clausura e fece aprire il Monastero alle scuole femminili istituendo un educandato, con annessa scuola e convitto, per bambine e ragazze; secondo una radicata tradizione inoltre, avrebbe anche fatto aprire una Scuola di Metodo, cioè corsi di formazione per le maestre, sul modello di quelle aperte dall’abate Aporti a Torino, su mandato del Governo. Nel Monastero, oltre alla scuola elementare, le ragazze potevano frequentare un triennio di scuola detta “Commerciale” che comprendeva corsi di economia e contabilità, seguito da un ulteriore biennio di specializzazione dal quale uscivano con una licenza di “computista-contabile”. L’attività educativa a favore delle ragazze, attestata dal Bertolotti e da diversi documenti del Comune, fu uno dei motivi che concorsero a sottrarre le Orsoline dagli effetti della Legge di soppressione di conventi e monasteri del 7 luglio 1866: infatti, su richiesta del Comune di Rivarolo, che lo voleva per sistemarci le proprie scuole, l'intero complesso venne incamerato dall'Amministrazione delle Finanze dello Stato. Le Orsoline ricorsero al Tribunale Civile di Torino che, il 23 dicembre 1867, diede loro ragione e confermò loro la proprietà del Monastero e dei suoi beni, mobili ed immobili, proprio in ragione delle loro attività educative. Sui corsi della Scuola di Metodo per la formazione delle maestre, le notizie sono piuttosto frammentarie, erano corsi annuali e, probabilmente, si svolsero con notevole discontinuità.  È certo invece che ai primi del Novecento era operante, nel Monastero, il corso quadriennale della Scuola Normale per la formazione delle maestre (diventato poi Istituto Magistrale), una scuola con annesso convitto per cui era frequentata da ragazze provenienti da paesi anche lontani e che preparò le maestre per tante scuole del Canavese.

 

Negli anni Trenta del Novecento don Amedeo Sicco, Vicario del Monastero cioè il sacerdote che, su mandato del Vescovo di Ivrea, amministrava la Congregazione delle Orsoline, diede ulteriore impulso all’Istituto, sia ottenendo il Riconoscimento legale per tutti i tipi di scuole, dalle elementari all’Istituto Magistrale, sia ampliando l’edificio di via San Francesco in modo da aprire la scuola anche ai ragazzi.  Nella seconda metà degli anni Trenta esistevano, per elementari e “commerciali”, classi maschili e femminili mentre le superiori erano miste, anche i ragazzi che venivano da altri paesi potevano essere accolti in un piccolo convitto vicino al Monastero e alcuni di loro si diplomarono maestri. Don Sicco era un sacerdote molto colto, capace, un educatore valente e non era proprio allineato con le idee imperanti in quel periodo per cui si fece molti nemici, che, nel 1941, riuscirono a farlo trasferire. Con la sua partenza, il convitto maschile fu subito chiuso e successivamente la scuola tornò ad essere esclusivamente femminile. La Congregazione delle Orsoline, rimasta sempre sotto la giurisdizione del Vescovo di Ivrea, fu soppressa dalla Santa Sede nel 1950, a seguito di una lunga ispezione che mise in luce diverse problematiche e criticità, anche economiche e gestionali. Le religiose confluirono nella Congregazione delle Suore di San Giuseppe di Torino che diventarono proprietarie anche degli immobili.

 

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L’Istituto Magistrale Santissima Annunziata fu affidato alle cure di una giovane religiosa, suor Maria Carla de Sarno, romana, laureata in Lettere e Filosofia presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma, membro della FUCI, collaboratrice dell’allora presidente Aldo Moro e dell’Assistente Ecclesiastico monsignor Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI. Suor Carla, nel 1947 fece la Professione religiosa nella Congregazione delle Suore di San Giuseppe di Torino e nel 1950 giunse a Rivarolo, all’Istituto SS. Annunziata. Come Preside e insegnante seppe dare nuova vitalità all’antica istituzione che conobbe uno straordinario sviluppo e formò generazioni di maestre. Nel 1963, in seguito alla soppressione delle scuole di avviamento e delle scuole tecniche con la nascita della Scuola Media Unica, suor Carla diede l’avvio all’Istituto Tecnico Commerciale (la “Ragioneria”), ottenendone il pieno riconoscimento legale nel 1968. Nel 1990 fu l’ispiratrice e la guida del lungo iter che portò al progetto di sperimentazione per la trasformazione dell’Istituto Magistrale prima nel quinquennio Pedagogico e poi nel Liceo della Comunicazione. Suor Carla si spense a Rivarolo nel giugno 1997, in quello stesso anno le Suore Giuseppine si ritirarono dalla gestione della scuola e, pochi anni dopo, misero in vendita l’intera proprietà. Nel 2011, per volere del Vescovo monsignor Arrigo Miglio, tutto il complesso del Convento di San Francesco, compresi gli edifici scolastici, fu acquistato dalla Diocesi di Ivrea.

 

Oggi la scuola è gestita dalla Cooperativa di insegnanti “La Risposta”, nata appunto nel 1997, nel 1998 è stata riaperta la Scuola Primaria e nello stesso anno è stato chiuso il ramo tecnico – commerciale, nel 2010 il Liceo della Comunicazione è diventato Liceo delle Scienze Umane.

 di Riccardo Poletto

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