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Vendemmia 2025 anticipata dal caldo, tra qualità e incertezze globali

Il clima anticipa la vendemmia italiana del 2025: sfide e resilienza in un mercato globale incerto.

Vendemmia anticipata

Vendemmia 2025 anticipata dal caldo, tra qualità e incertezze globali

La vendemmia italiana è partita in anticipo. Un effetto diretto delle temperature elevate che, ancora una volta, hanno accelerato la maturazione delle uve in numerose zone vitivinicole del Paese. I primi grappoli – Pinot nero destinato alla spumantizzazione – sono stati raccolti in questi giorni nell’azienda agricola Massimo Cassarà, in provincia di Trapani, dando ufficialmente il via alla stagione vendemmiale 2025.

Secondo le stime della Coldiretti, la produzione dovrebbe attestarsi intorno ai 45 milioni di ettolitri, un dato in linea con gli ultimi anni, nonostante un contesto meteorologico complesso, segnato da siccità prolungata e piogge violente a intermittenza. I tecnici parlano comunque di una qualità tra il buono e l’ottimo, anche grazie al contenimento di alcune minacce temute nei mesi scorsi, come la peronospora, l’oidio e gli attacchi di insetti alieni, che hanno colpito meno del previsto.

Se da un lato il clima estremo ha accelerato i tempi, dall’altro ha inciso sulle rese in alcune aree, rendendo più onerosa la gestione dei vigneti. L’acqua, sempre più scarsa, è diventata un costo in ascesa, così come le strategie fitosanitarie necessarie a difendere le coltivazioni. Ma l’Italia, anche in un’annata difficile, mostra la resilienza di un settore che resta centrale per l’economia agricola nazionale.

La raccolta si estenderà nel mese di agosto con i bianchi, proseguirà a settembre e ottobre con le varietà più note – Glera per il Prosecco, Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo – e si concluderà in alcune zone solo a novembre, con le vendemmie tardive di Aglianico e Nerello Mascalese.

Accanto alle sfide climatiche, pesa però un'altra incognita: quella geopolitica. L’avvio della vendemmia cade in un momento delicato per il mercato internazionale del vino, con i dazi statunitensi che tornano a preoccupare i produttori. Il vino italiano, da sempre tra i protagonisti delle esportazioni agroalimentari, rischia di vedere compromessi i suoi margini in un contesto commerciale già rallentato da inflazione e riduzione dei consumi.

Il settore resta tuttavia una colonna portante dell’agricoltura italiana, con 241mila imprese viticole attive su 675mila ettari di superficie coltivata. Il fatturato complessivo supera i 14 miliardi di euro, e l’indotto coinvolge oltre 1,3 milioni di persone: dai viticoltori ai cantinieri, dagli operatori logistici fino al marketing e alla ristorazione. Le regioni leader restano Veneto, Sicilia e Puglia, che concentrano la maggior parte delle superfici coltivate e dei volumi prodotti.

L’avvio anticipato della vendemmia è, in fondo, un segnale di allarme e adattamento insieme. Dimostra come i viticoltori italiani stiano imparando a fare i conti con una nuova normalità climatica, in cui tempistiche, tecniche e logistica devono essere ripensate di anno in anno. Ma testimonia anche la forza di un settore che sa rinnovarsi, investendo nella qualità e nella diversificazione per restare competitivo a livello globale, nonostante ostacoli interni ed esterni.

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