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Il coleottero giapponese sta devastando il Canavese

L’insetto infestante orientale colonizza la pianura e si arrampica sulle colline. Foglie divorate, raccolti compromessi, agricoltori esasperati: “Nessuno ci aiuta, ma qui sta saltando un’intera stagione”

Il coleottero giapponese sta devastando il Canavese

Il coleottero giapponese

È minuscola, verde metallizzata, lunga appena un centimetro. Ma sta terrorizzando un intero territorio. Si chiama Popillia japonica, è un coleottero originario dell’Estremo Oriente e sta trasformando il Canavese in un campo di battaglia. Foglie divorate, frutti caduti, radici compromesse. Il quadro è quello di un’invasione silenziosa e capillare, che ogni estate peggiora, senza che nessuno riesca a fermarla davvero.

Le notizie che arrivano in questi giorni da Scarmagno e Perosa Canavese fanno rabbrividire. Gli agricoltori parlano di una vera e propria ondata distruttiva: le vigne sono state attaccate in massa, gli alberi da frutto scheletrizzati, intere parcelle agricole compromesse nel giro di pochi giorni. Non è un’iperbole, ma il racconto amaro di chi vive la terra ogni giorno e oggi guarda impotente un disastro che si consuma foglia dopo foglia.

“Sono arrivati in silenzio, poi in una settimana hanno fatto più danni di una grandinata”, racconta un viticoltore di Scarmagno. “Foglie mangiate, grappoli che non si sviluppano. Passi tra i filari e senti solo il ronzio. Ce ne sono ovunque, anche a decine sulla stessa pianta.”

La Popillia japonica è presente in Piemonte da anni, ma è proprio tra i filari del Canavese che sta dando oggi il peggio di sé. Il problema non è solo l’insetto adulto, che si nutre delle foglie lasciandole “a scheletro”, ma anche le larve nel terreno, capaci di distruggere radici di erba medica, prati stabili e ortaggi. Un doppio attacco che rende inefficace ogni difesa improvvisata.

La Regione Piemonte ha inserito Scarmagno, Perosa, Pavone, Candia, San Giorgio e altri comuni del basso Canavese tra le aree ufficialmente infestate, attivando il Piano d’Azione 2025. Le misure prevedono: trappole a feromoni, lavorazioni meccaniche del terreno, raccolta manuale, trattamenti fitosanitari. Ma per gli agricoltori, è troppo poco, troppo tardi.

“Ci sentiamo abbandonati”, denuncia un frutticoltore di Perosa. “Ci dicono di raccoglierle a mano. Ma come si fa, se ne hai centinaia per pianta? Servono risorse vere, una strategia regionale seria, e soprattutto qualcuno che venga a vedere davvero cosa sta succedendo nei campi.”

Intanto i numeri parlano chiaro: nelle trappole installate dai tecnici del Settore Fitosanitario sono stati contati anche 800 adulti al giorno, solo in un fazzoletto di terra tra i vigneti e i frutteti di Scarmagno. E non si contano i danni nei prati e nei vivai, che vedono ogni giorno morire le giovani piante, assediate da insetti voraci e invisibili.

Nessun predatore autoctono riesce a fermarla. E mentre altrove si studiano soluzioni con insetti antagonisti, nel Canavese si arrangia chi può. I Comuni pubblicano avvisi, i tecnici dell’IPLA forniscono linee guida, ma sul campo a combattere sono solo agricoltori, contadini, vivaisti, soli contro un nemico che prolifera indisturbato.

coleottero

Le prospettive non sono buone. Se non si riesce a bloccare la diffusione entro l’estate, la Popillia colonizzerà definitivamente anche le colline, i boschi, le zone umide. Un insetto che divora vite, mele, mais, olmi, rose e ogni pianta coltivata o ornamentale. E che mette a rischio non solo le rese agricole, ma anche la tenuta economica di un intero territorio.

Per ora, il Canavese guarda il cielo sperando nella pioggia. Ma non basterà. Contro questa invasione servono mezzi, volontà politica e risposte concrete. Altrimenti, l’estate 2025 passerà alla storia non per la vendemmia, ma per la fame di un coleottero venuto da lontano.

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