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30 Luglio 2025 - 18:27
Il manager di Luxottica conquista 4 ori mondiali nel culturismo naturale a 50 anni
Ha vinto contro il cronometro e contro i fantasmi di un’infanzia difficile. Ha scalato podi internazionali senza mai barare, sfidando atleti più giovani, più visibili, più noti. Ma Davide Minuzzo, manager di Luxottica e culturista per passione, ha scritto una pagina che va ben oltre lo sport. Un uomo di 50 anni, partito dal Bellunese, arrivato fino a New York, che si è guadagnato quattro ori ai Mondiali di culturismo naturale della federazione Inba/Pnba, la più prestigiosa per chi pratica bodybuilding senza doping.
La sua ultima impresa sportiva è avvenuta negli Stati Uniti, patria del fitness estremo e delle competizioni più dure. Minuzzo si è imposto nella categoria Sport Model in ben quattro divisioni — Master 50, Master 40, Open e Assoluto — battendo anche avversari con la metà dei suoi anni. E non si è fermato lì: ha conquistato due secondi posti nella categoria Men Physique, portando a casa anche i titoli di vicecampione mondiale. Numeri che impressionano, ma sono nulla rispetto al percorso personale che li ha resi possibili.
Dietro ogni medaglia, c’è un uomo che ha trasformato la disciplina in una risposta alla sofferenza. Abbandonato da bambino, Minuzzo non ha cercato alibi né scorciatoie. Ha costruito la propria identità attraverso lo sport e la tenacia. La palestra, per lui, è stata rifugio e campo di battaglia, luogo dove riscattarsi e rimettersi in piedi dopo ogni caduta.
La sua carriera sportiva si intreccia con quella manageriale: oggi lavora nel settore salute, sicurezza e ambiente di EssilorLuxottica per il Nord America, con base a New York. Un impiego ad alta responsabilità che non gli impedisce di allenarsi ogni giorno. Pianificazione, metodo e rigore sono le parole chiave che ricorrono nel suo racconto. Nulla è lasciato al caso, nemmeno la fatica.
Ha iniziato ad allenarsi dopo un infortunio alla spalla durante una partita di pallavolo, a 17 anni. Poi sono venuti gli anni all’estero, tra Hong Kong, la Cina e infine gli Stati Uniti. Con sé, sempre il culto dell’alimentazione corretta e dell’esercizio fisico. L’idea di gareggiare nel culturismo è nata come una promessa per i suoi 50 anni, ma l’ha anticipata causa pandemia. E oggi raccoglie i frutti di un lavoro che dura da decenni.
Nel suo passato c’è anche un altro nemico da sconfiggere: la malattia. Alcuni familiari, tra cui il padre e il fratello, sono morti per complicanze legate al diabete. Un monito che lo ha spinto ad abbracciare uno stile di vita estremamente controllato, non solo per l’estetica ma per la salute. Ogni allenamento è un investimento sul futuro, ogni sacrificio una forma di prevenzione.
La sua storia personale è un invito a non cedere alla rassegnazione. Nessuna età è sbagliata per mettersi in gioco. Nessun passato è abbastanza pesante da impedire un riscatto. Il messaggio che lancia — con i muscoli e con l’esempio — è quello di un cambiamento possibile, alla portata di chiunque sia disposto a impegnarsi davvero. La trasformazione non avviene in un giorno, ma la costanza vince sulla genetica, la programmazione batte la pigrizia, la motivazione tiene lontano il fallimento.
Per questo i prossimi traguardi sono già fissati: diventare professionista, continuare a gareggiare, arrivare a 80 anni ancora in forma. Non solo per sé, ma per essere guida per chi crede che il tempo sia una condanna. Minuzzo vuole diventare testimone di un’altra idea di maturità: non quella che ti dice di rallentare, ma quella che ti invita a crescere ancora.
In un mondo in cui il culturismo è spesso associato a eccessi e scorciatoie farmacologiche, il suo nome brilla in controtendenza. Ha scelto la via più difficile: quella del natural bodybuilding, sottoponendosi a controlli antidoping secondo il protocollo WADA, come gli atleti olimpici. E ha vinto. Con onestà, con forza, con metodo.
C’è qualcosa di profondamente umano nel suo cammino. La determinazione di chi ha fatto della ferita iniziale una spinta per migliorarsi. La perseveranza di chi ha deciso di non essere vittima del proprio passato. E la generosità di chi, raggiunta la vetta, tende la mano a chi ancora arranca a valle.
Minuzzo non è soltanto un manager, né solo un atleta. È un simbolo silenzioso di resistenza quotidiana. La prova vivente che la forza non si misura in centimetri di bicipiti, ma nella capacità di scegliere ogni giorno chi si vuole diventare.
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