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29 Luglio 2025 - 10:23
Disastro fondi Pnrr: 82% dei fondi inutilizzati mentre l’assistenza territoriale crolla
Altro che rivoluzione sanitaria. A meno di un anno dalla scadenza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la Missione Salute si presenta come un gigantesco cantiere incompiuto, con milioni di euro ancora inutilizzati, obiettivi disattesi e promesse trasformate in statistiche da brivido. È quanto emerge dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe, che accende i riflettori su un fallimento annunciato: l’82% delle risorse destinate alla sanità non è stato ancora speso, mentre 5 dei 14 obiettivi europei sono già in ritardo.
Eppure, sulla carta, tutto sembrava procedere. Le quattro scadenze formali previste entro il secondo trimestre del 2025 sono state teoricamente raggiunte, di cui due con valenza europea. Ma si tratta di adempimenti di facciata, avverte Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe: «Il rispetto delle scadenze non è più un indicatore affidabile dello stato reale dei progetti. Senza spesa effettiva e strutture operative, i cittadini non vedranno alcun beneficio».
Il quadro è desolante, soprattutto sul fronte dell’assistenza territoriale, su cui il Pnrr aveva puntato per risolvere i problemi cronici del sistema sanitario italiano. La promessa era chiara: 1.038 Case della Comunità pienamente operative entro il 30 giugno 2026, strutture moderne, integrate e capaci di offrire servizi sanitari di prossimità. Ma a dicembre 2024, solo 164 avevano attivato tutti i servizi previsti. Peggio ancora, solo 46 (il 4,4%) erano dotate del personale medico e infermieristico necessario. Una presa in giro che dimostra quanto la narrazione politica sia ormai scollegata dalla realtà dei territori.
Non va meglio con gli Ospedali di Comunità, quelle strutture intermedie pensate per accogliere pazienti dimessi dagli ospedali per acuti. Dovrebbero essere 307 entro metà 2026. Al momento, invece, solo 124 dichiarano di avere almeno un servizio attivo, ma nessuna informazione viene fornita sul personale in servizio, come se bastasse un’insegna sulla porta per curare le persone.
Ancora più preoccupante è la situazione delle terapie intensive e semi-intensive, uno dei nodi emersi tragicamente durante la pandemia. Il Pnrr prevedeva 2.692 nuovi posti letto di terapia intensiva e 3.230 di semi-intensiva. Eppure, a marzo 2025, ne risultano attivati solo un terzo: 890 letti di terapia intensiva (33,1%) e 1.199 di semi-intensiva (37,1%). È una cifra che fa rabbia. "È surreale che a cinque anni dal Covid l’Italia non sia ancora riuscita a completare un’infrastruttura essenziale per fronteggiare future emergenze sanitarie", denuncia Cartabellotta. E ha ragione.
La retorica del “tutto procede secondo i piani” regge solo nei comunicati, ma crolla appena si guardano i numeri. Il vero stato del Pnrr Salute è questo: ritardi gravi, assenza di personale, strutture incomplete o mai aperte, e fondi parcheggiati nei conti pubblici. E mentre le Regioni arrancano tra burocrazia e incapacità gestionale, i cittadini continuano a fare la fila nei pronto soccorso, senza medici di base, senza assistenza domiciliare, senza servizi minimi nei quartieri.
Il rischio è che entro il 2026 si arrivi a un maquillage dell’ultimo minuto, con inaugurazioni simboliche, strutture aperte ma vuote, e qualche taglio del nastro per salvare l’immagine. Ma una Casa della Comunità senza medici non è una Casa, così come una terapia intensiva senza infermieri non è un presidio salvavita. È una scatola vuota. Una truffa architettata con soldi europei.
Il paradosso è evidente: l’Italia ha ricevuto fondi straordinari per trasformare il suo sistema sanitario, ma non riesce nemmeno a spenderli. A pagarne il prezzo, come sempre, saranno i cittadini. Soprattutto i più fragili, i più anziani, quelli che vivono nei piccoli centri o nelle periferie dimenticate.
Cartabellotta lancia un monito amaro ma necessario: «Serve una corsa contro il tempo, altrimenti sarà l’ennesima occasione sprecata». Ma forse la corsa doveva iniziare ieri. E oggi, a guardare le carte, sembra già troppo tardi.
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