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Gli effetti dello smog sul cervello: la scoperta scientifica lascia senza parole...

L'inquinamento atmosferico può compromettere la salute cerebrale, aumentando il rischio di demenza, rivela una ricerca globale.

Respirare smog

Respirare smog: il cervello a rischio demenza secondo il più grande studio mai realizzato

Non è solo nei polmoni che finisce l’inquinamento. Ogni respiro, ogni particella sospesa nell’aria, può raggiungere il cervello, e farlo lentamente ammalare. A dirlo è uno studio imponente dell’Università di Cambridge, pubblicato su The Lancet Planetary Health, che mette nero su bianco ciò che finora era solo un sospetto: l’inquinamento atmosferico influisce direttamente sulla salute mentale, aumentando il rischio di sviluppare demenza.

È la più vasta ricerca mai condotta sull’argomento. Ha incrociato i dati di 51 studi precedenti, analizzando quasi 30 milioni di persone residenti soprattutto in paesi ad alto reddito. E i numeri che emergono sono inquietanti. Per ogni aumento di 10 microgrammi per metro cubo di particolato fine PM₂.₅, il rischio di demenza cresce del 17%. Il biossido di azoto NO₂ alza l’asticella del 3% per ogni incremento, mentre la fuliggine è responsabile di un +13% ogni microgrammo in più nell’aria.

Non si tratta solo di numeri. Sono frammenti di vita compromessa, ricordi che svaniscono, identità che si sfaldano. La demenza non è una sola malattia, ma un insieme di condizioni neurologiche degenerative, tra cui l’Alzheimer, che oggi colpiscono decine di milioni di persone nel mondo. Il fatto che l’aria che respiriamo possa agire da detonatore silenzioso cambia radicalmente le priorità della salute pubblica.

Lo studio spiega che il particolato ultrafine riesce a penetrare nel flusso sanguigno, fino a raggiungere il cervello, dove può provocare infiammazioni e danni ossidativi, compromettendo le cellule nervose e la circolazione cerebrale. L’esposizione cronica ai gas tossici, come quelli derivati dal traffico, dalle industrie, dalla combustione di legna o carburanti fossili, crea una condizione sistemica di stress per l’organismo. E il cervello, organo fragile per eccellenza, non è immune.

Londra, California, Pechino, Milano, Torino: lo smog non ha confini, e ovunque lascia segni. In Inghilterra, uno studio su adulti di mezza età ha riscontrato che chi vive in aree più inquinate ottiene punteggi cognitivi più bassi, anche in assenza di patologie. In California, durante gli incendi boschivi, i casi di demenza sono aumentati sensibilmente nelle zone esposte al fumo. La correlazione è chiara, e non è più possibile ignorarla.

Non è solo una questione di ecologia, ma di salute mentale collettiva. Lo sottolinea con forza Isolde Radford, portavoce di Alzheimer’s Research UK: «L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale. È una minaccia per la salute del nostro cervello». La frase è pesante, ma giustificata dai dati.

Il messaggio agli amministratori è diretto: serve una politica più aggressiva sulla qualità dell’aria. Non bastano più le domeniche a piedi o i divieti temporanei. Ci vogliono investimenti strutturali in mobilità sostenibile, efficienza energetica e riforestazione urbana. Ridurre lo smog non salverà solo i polmoni, ma potrà ritardare o prevenire l’insorgere di malattie neurodegenerative, con benefici immensi anche per i sistemi sanitari.

In Italia, dove l’invecchiamento demografico è tra i più rapidi d’Europa e si stimano oltre 1 milione di persone affette da demenza, queste evidenze non possono più essere ignorate. In aree ad alta densità di traffico come la Pianura Padana, i livelli di PM₂.₅ superano spesso i limiti raccomandati dall’OMS, mettendo a rischio non solo il corpo ma anche la mente.

Il punto critico, secondo gli esperti, è che il danno è graduale e invisibile. Nessuno si accorge di respirare male finché non compaiono i primi segnali: difficoltà di concentrazione, perdita di memoria, confusione. E quando si manifesta la diagnosi, è spesso troppo tardi per intervenire.

Ciò che respiriamo ogni giorno, dunque, non è un dettaglio: è il terreno su cui si costruisce (o si sgretola) il nostro futuro cognitivo. Gli amministratori locali, i medici di base, i politici, ma anche i cittadini comuni, devono iniziare a chiedersi che prezzo siamo disposti a pagare per ignorare l’aria che ci circonda.

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