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La Resistenza torna viva tra le valli del Canavese

Ricordo e riflessione a Sale: commemorazione dei partigiani caduti del 1944 come monito contro le nuove forme di oppressione

La Resistenza torna

La Resistenza torna viva tra le valli del Canavese

Tra le montagne del Canavese, in una piccola frazione carica di memoria e sacrificio, la Storia ha ripreso voce. Sabato 26 luglio, nella frazione Sale di San Colombano Belmonte, si è svolta la commemorazione dei partigiani caduti nella battaglia del 31 luglio 1944. Un appuntamento carico di significato, curato dalla sezione Anpi di Cuorgnè con il sostegno dei Comuni di Canischio, Prascorsano e San Colombano, per tenere viva la memoria di chi, ottant’anni fa, pagò con la vita il prezzo della libertà.

La giornata si è aperta con la Santa Messa e la deposizione della corona di alloro al Monumento dedicato ai caduti della Resistenza. Un gesto semplice, ma carico di forza simbolica. Il momento musicale è stato affidato alla Filarmonica di Canischio e Prascorsano e alla cantoria di Canischio, che hanno accompagnato con le loro note il raccoglimento dei presenti.

L’appuntamento ha richiamato numerosi cittadini, autorità locali, rappresentanti delle amministrazioni dei Comuni coinvolti e i vertici dell’Anpi. Erano presenti Roberto Rizzi, presidente della sezione cuorgnatese dell’Associazione Nazionale Partigiani, e la vicepresidente provinciale dell’Anpi di Torino, Valentina Rizzi, che ha concluso il momento commemorativo con un intervento lucido e appassionato, invitando a non voltare lo sguardo davanti alle nuove forme di oppressione e violenza che affiorano nella società contemporanea.

Il discorso introduttivo è stato affidato a Vladimir Chiuminatto, in rappresentanza del Comune di San Colombano Belmonte, che ha voluto ricordare il significato profondo di questa commemorazione, radicata nella terra e nella memoria collettiva. Sale non è soltanto un luogo geografico, ma un simbolo di Resistenza, dove uomini e donne scelsero di non piegarsi al regime e di combattere per un futuro diverso.

A distanza di ottant’anni, il ricordo di quella battaglia continua a parlare, e lo fa con parole nuove, che si intrecciano ai drammi contemporanei: la guerra che bussa ancora alle porte dell’Europa, le intolleranze che si moltiplicano sotto nuove bandiere, la fatica della memoria in una società che troppo spesso dimentica. La riflessione che ha chiuso la cerimonia ha invitato a rifiutare l’indifferenza, a parlare, a tramandare, a riconoscere i segnali di un passato che, se trascurato, rischia di tornare.

L’evento si è confermato come uno dei momenti più intensi della stagione della memoria canavesana, capace di tenere insieme la narrazione storica, il ricordo individuale e la responsabilità collettiva. Non è stata solo una cerimonia, ma un atto di presenza, un modo per ribadire che la libertà non è mai conquistata una volta per tutte e che ogni generazione deve farla propria, difendendola, raccontandola, scegliendola ogni giorno.

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