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27 Luglio 2025 - 01:28
Settantotto settimane, centosettantotto sabati, una sola domanda che ritorna ogni volta in piazza: quanto tempo ci vorrà ancora per chiamare la realtà con il suo nome? La risposta, almeno a Ivrea, è già nei corpi, nei volti, nelle parole che da quasi quattro anni si raccolgono in presidio sotto il Municipio. Sabato 26 luglio, circa settanta persone si sono riunite per il 178° Presidio per la Pace. Ancora una volta, ancora lì...
Ha aperto come sempre Pierangelo Monti, tracciando un bilancio del mondo che peggiora.
“Anche questa settimana le guerre hanno continuato a causare morti, feriti, distruzioni e sofferenze”. Poi l’aggiornamento: un nuovo conflitto armato è esploso al confine tra Cambogia e Thailandia. I due Paesi si accusano reciprocamente. La Malesia e la Cina stanno cercando di mediare. Anche l’Europa invoca una de-escalation.
“Entrambi i Paesi coinvolti sono acquirenti di armi cinesi. E il primo ministro cambogiano ha già chiesto la convocazione del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Peccato che l’ONU sia in una crisi profonda, quasi strutturale. Speriamo che non inizi un’altra guerra. Ma intanto questa è già cominciata.”
Poi su Gaza. “Continua il genocidio. Si muore ogni giorno di fame. I bambini sono ormai le prime vittime della carestia. L’orrore è tale che non si riesce più nemmeno a raccontarlo. Il capo del Mossad ha chiesto agli USA di trovare Paesi disposti a ospitare gli abitanti di Gaza: Libia, Etiopia, Indonesia. In cambio, soldi americani. Netanyahu sta progettando una città chiusa, un campo di prigionia a Rafah. Non se ne potrà uscire, se non per espatriare. È un piano lucido di deportazione. È pulizia etnica.”
E ancora: “Qual è il costo di tutto questo? In vite, certo. Ma anche in risorse: soldi per le armi, energia umana, interruzioni del lavoro, devastazioni, ricostruzioni. Provino gli economisti a calcolare questi costi. Provino a dire cosa si sarebbe potuto costruire a Gaza con quelle stesse risorse.”
Finalmente, ma con ritardo, 28 ministri degli Esteri, compreso quello italiano, hanno firmato una condanna contro l’uccisione disumana dei civili, soprattutto dei bambini affamati. Hanno chiesto il cessate il fuoco e il rispetto del diritto internazionale. Ma — sottolinea Monti — “non hanno parlato di sanzioni, né della sospensione dell’accordo di associazione UE-Israele, come ha invece chiesto la Spagna. E naturalmente l’Italia non osa nemmeno mettere in discussione l’alleanza con Israele.”
E mentre Israele premia Salvini per la sua “costante fedeltà”, Monti ricorda le parole di Papa Francesco, pronunciate solo sei giorni prima: “Chiedo che si fermi la barbarie della guerra e che si raggiunga una risoluzione pacifica. Si rispetti l’obbligo di tutela dei civili. Si interrompa l’uso indiscriminato della forza e lo spostamento forzato della popolazione.”
Anche il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, in un messaggio al patriarca Pizzaballa, ha denunciato la “vergogna di restare alla finestra mentre si compie la profezia di morte dell’intera umanità”.
Emmanuel Macron ha annunciato che a settembre la Francia riconoscerà lo Stato di Palestina. Una decisione che si aggiunge a quelle di Slovenia, Spagna e Irlanda. Ora 141 Paesi ONU hanno riconosciuto la Palestina, contro i 163 che hanno riconosciuto Israele. Ma l’Italia no.
Il dito è puntato su una dichiarazione del ministro Tajani (“Per noi va bene il riconoscimento, se loro riconoscono Israele.”) che Monti smonta pezzo per pezzo: “L’Autorità Palestinese lo ha già fatto nel 1994. E comunque, se vale la reciprocità, perché allora non si dice che Israele deve riconoscere la Palestina? E se si pretende il disarmo di Hamas, si chieda anche il disarmo di Israele. Come nel caso dell’Iran: si chiede lo stop al nucleare ma si lascia Israele con le sue testate. Questa non è logica, è complicità.”
Sempre Monti dà la notizia di due soldati israeliani sono stati arrestati in Belgio su mandato della magistratura di Bruxelles per presunti crimini di guerra a Gaza. Si tratta di un’applicazione della giurisdizione universale, dopo una denuncia della Fondazione Hind Rajab e dell’ong Global Legal Action Network ("Sono stati rilasciati, ma restano indagati. È un precedente. Solo Marocco e Brasile hanno fatto lo stesso...") e ricorda anche la straordinaria scelta di Raniero La Valle, Tomaso Montanari, mons. Ricchiuti, Elena Basile, Alex Zanotelli, don Nandino Capovilla, Enrico Peyretti e molti altri che hanno eletto Gaza come proprio domicilio elettivo, per dire che la salvezza dell’umanità passa di lì.
“Eleggere domicilio a Gaza significa difendere la nostra casa comune. Diventare tanti, impossibili da cancellare, da espellere, da ridurre a servitori dei ricchi.”
Al presidio di sabato c'era anche l’assessora Gabriella Colosso.
“Il governo israeliano - ha commentato durissima - prosegue la sua folle e disumana operazione di sterminio. Serve subito l’embargo sulle armi, la sospensione degli accordi UE-Israele, il riconoscimento dello Stato di Palestina. Dire che occorre attendere il ‘mutuo riconoscimento’ — come Tajani o Provenzano — significa attendere che decida Netanyahu. Significa aspettare il mai.” L’assessora ha chiuso leggendo una poesia della poetessa gazawi Fadwa Ziyad, scritta sotto le bombe: “Vorrei essere una tartaruga per nascondere tutti sotto il mio guscio.”
Ma l’intervento più profondo e centrale è stato quello di Giorgio Franco.
Ha parlato di frattura storica, di genocidio esibito, di fine della trasmissione tra generazioni. “Non sappiamo in quale mondo vivranno i nostri figli. Non possiamo immaginarlo. Non è la selva dantesca, è un deserto. Oggi l’adulto non ha più nulla da lasciare. È saltata la trasmissione culturale, emotiva, umana.”
E poi la denuncia: “È la prima volta che un genocidio viene mostrato al mondo come qualcosa di legittimo, opportuno, persino necessario. L’Occidente, con il pieno appoggio degli Stati Uniti e il silenzio colpevole dell’Unione Europea, ha distrutto ogni residuo di diritto internazionale.”
Infine la richiesta, chiarissima: “Ben venga lo striscione sul municipio che riporta il gemellaggio tra Ivrea e Beit Ummar. Ma io insisto: venga esposta anche la bandiera palestinese e lo striscione con la scritta ‘Stop genocidio’. È una richiesta del Comitato per la Palestina, avanzata dopo la manifestazione cittadina e ribadita dopo ogni presidio. Non ci si può più nascondere dietro i simboli ambigui. È ora di dire da che parte si sta.”
Rosanna Barzan ha raccontato la telefonata con l’amica Islaam da Beit Ummar.
“I coloni hanno bruciato i terreni, lanciato pietre, invaso le case di notte. I militari israeliani sono entrati, hanno arrestato dieci persone. I fatti sono confermati dall’attivista palestinese Mohammad Awad.”
Cristina Bona ha ricordato il passaggio a Ivrea di Ruth, la donna inglese che sta camminando a piedi dall’Inghilterra alla Turchia per Gaza. “È stata qui, ci ha portato il suo coraggio.”
Livio Obert ha letto un articolo di Padre Alex Zanotelli.
“Siamo davanti al suicidio dell’Occidente. Israele, che ha subito la Shoah, oggi replica la Nakba. L’Occidente che si dice cristiano è complice. È tempo di BDS: Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni. È tempo di sostenere Francesca Albanese e candidarla al Nobel per la Pace.”
Infine Monti ha letto una comunicazione di Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Pace e Disarmo sulle iniziative per l’80° anniversario dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki.
Il 9 agosto ci sarà una manifestazione ad Aviano, davanti alla base con armi nucleari statunitensi. A breve sarà diffuso un report sui costi delle armi nucleari.
E proprio per il 9 agosto, Ivrea si prepara per un presidio speciale sul lungo Dora. Se non sarà possibile per il 9 agosto, si farà il 27 settembre, in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione delle Armi Nucleari.
L’appuntamento più vicino è però per martedì 29 luglio, alle 18, di nuovo in piazza, su invito dell’ANPI, per ricordare Ferruccio Nazionale, partigiano, combattente, antifascista. Dopo il presidio, ci sarà una pastasciutta antifascista al Castello di Albiano, per unire memoria, lotta e convivialità.
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