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Cronaca

Macellazione clandestina di cavalli: il caso che ha scosso l'Italia

Svelato un sistema illegale tra Umbria e Puglia che eliminava equini non tracciabili e li introduceva nel mercato alimentare. L’organizzazione animalista: “Giustizia per Cigno, Cisco, Cliver, Whisky e Pallino. L’Italia segua l’esempio della Grecia”

Macellazione clandestina

Macellazione clandestina di cavalli: il caso che ha scosso l'Italia

Un processo che fa rumore, non solo per le accuse gravi, ma per ciò che rappresenta: una ferita aperta tra legalità, benessere animale e sicurezza alimentare. È iniziato ufficialmente il processo sulla macellazione clandestina di cavalli, portato alla luce dai Nas di Perugia nei primi mesi del 2025. Un'indagine complessa che ha coinvolto due commercianti umbri e due macellai pugliesi, accusati di aver gestito un traffico illecito di equini non destinati al consumo umano, avviati invece alla macellazione illegale.

La vicenda ha già avuto un impatto pubblico rilevante. Gli equini coinvolti – molti dei quali malati, feriti o sottoposti a trattamenti farmacologici incompatibili con la filiera alimentare – venivano cancellati dai registri ufficiali grazie a manipolazioni informatiche, rendendoli invisibili al sistema di tracciamento nazionale. Poi, trasportati in condizioni estreme fino ai macelli in Puglia, alcuni di questi animali sono morti durante il viaggio, mentre altri sono finiti sulle tavole italiane, con evidenti rischi per la salute pubblica.

Nella prima udienza del 12 giugno al Tribunale di Perugia, l’organizzazione Animal Equality si è costituita parte civile, rappresentata dall’avvocato Glauco Gasperini, con l’intento di dare voce ai cavalli macellati: «Non possono difendersi da soli. È nostro dovere farlo». Gasperini ha rigettato la richiesta di patteggiamento per uno degli imputati, riconosciuto recidivo nelle violazioni. Il giudice ha accolto l’opposizione, e il processo per quell’imputato proseguirà regolarmente nel 2026. «Le condotte contestate erano troppo gravi per chiudere il caso con una pena lieve – ha spiegato il legale –. In questo modo, abbiamo dato giustizia a Cigno, Cisco, Cliver, Whisky, Pallino e agli altri cavalli coinvolti».

L’inchiesta non tocca solo l’ambito giudiziario ma solleva questioni etiche, politiche e sanitarie. La carne di cavallo, se non controllata, può rappresentare un pericolo per i consumatori. Ma soprattutto, secondo Animal Equality, non può essere più considerata una risorsa legittima, perché i cavalli devono essere riconosciuti come animali d’affezione, al pari di cani e gatti. «L’Italia deve seguire l’esempio della Grecia – dichiara Matteo Cupi, direttore dell’organizzazione – che nel 2020 ha vietato la macellazione degli equidi e l’utilizzo dei cavalli per la produzione di carne, pelli o cuoio. È tempo di fermare questa pratica anche da noi».

La battaglia legale si intreccia con la mobilitazione sociale: oltre 205 mila cittadini hanno firmato la petizione per vietare in via definitiva la macellazione dei cavalli. A sostegno della richiesta, Animal Equality ha pubblicato a maggio 2025 i dati di un sondaggio Ipsos: l’83% degli italiani dichiara di non consumare carne di cavallo, e il 73% afferma di provare empatia verso questi animali. Tra chi invece dichiara di mangiarla, il 67% chiede maggiori controlli e tracciabilità. Una maggioranza trasversale che chiede trasparenza, rispetto e una nuova normativa nazionale.

In questo quadro, il processo in corso assume un significato simbolico. Non si tratta solo di punire chi ha infranto la legge, ma di aprire una riflessione profonda sul rapporto che il nostro Paese ha con gli animali, in particolare con gli equidi, storicamente considerati compagni dell’uomo, simboli di libertà, fatica, sport, cura. E non carne da commercio.

Animal Equality annuncia che continuerà a seguire da vicino tutte le fasi del processo e a sostenere la richiesta di una legge nazionale. «Non ci può essere giustizia finché i cavalli vengono macellati nell’illegalità e nell’indifferenza – ha ribadito Cupi –. Chiediamo che questa pratica sia vietata una volta per tutte, e che l’Italia faccia un passo avanti, allineandosi ai valori di una società civile e compassionevole».

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