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26 Maggio 2025 - 13:39
Salmone scozzese, la verità sotto la superficie: urina nelle vasche, bastonate e pesci mutilati
È il lato oscuro dell’industria del salmone scozzese, quello che i cartelloni pubblicitari e i menù dei ristoranti stellati non mostrano. A illuminarlo con crudezza è l’inchiesta trasmessa da Report su Rai 3, condotta dalla giornalista Giulia Innocenzi in collaborazione con Animal Equality, l’organizzazione internazionale per la tutela degli animali. Le immagini esclusive, andate in onda domenica 25 maggio, documentano una lunga sequenza di orrori all’interno degli allevamenti intensivi di salmoni in Scozia: un operatore che urina nelle vasche, pesci malati lasciati morire di asfissia, salmoni bastonati a morte, corpi mutilati dai pidocchi di mare.
È il secondo servizio in due settimane sullo stesso tema, e gli effetti cominciano a farsi sentire: uno degli allevamenti coinvolti ha perso il riconoscimento della Royal Society for the Prevention of Cruelty to Animals (RSPCA), l’ente britannico che certifica le aziende “virtuose” in materia di benessere animale. Un secondo impianto è ufficialmente sotto indagine. Ma la domanda più urgente resta una: quanta verità c’è dietro la narrazione “gourmet” del salmone scozzese?
Secondo Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia, “ciò che hanno mostrato le nostre telecamere non rappresenta un’eccezione: il degrado negli allevamenti intensivi, anche quelli ittici, è la norma”. E i filmati raccolti lo dimostrano senza bisogno di commenti. Le telecamere nascoste mostrano salmoni affetti da pop-eye – una condizione in cui gli occhi fuoriescono dalle orbite a causa di infezioni batteriche, pesci mutilati dai parassiti, e corpi che galleggiano morti o morenti in superficie. A peggiorare il quadro, il sovraffollamento cronico, l’assenza di cure veterinarie adeguate, la diffusione incontrollata di pidocchi di mare, che si nutrono letteralmente della pelle viva dei pesci.
Il colpo allo stomaco arriva quando un investigatore sotto copertura, intervistato da Report, dice: “Quando mangi il salmone non sei il primo a farlo: i pidocchi lo hanno già mangiato prima di te.” Un’immagine tanto efficace quanto inquietante, che riassume in poche parole l’entità del problema.
La filiera del salmone – quello venduto nei supermercati, nei sushi bar e nei piatti “healthy” – è una catena industriale senza trasparenza né controllo effettivo. Gli animali non sono protetti da alcuna legislazione specifica sulla macellazione, come ha ricordato più volte Animal Equality, e i certificati di qualità non sempre corrispondono a pratiche realmente etiche. La presenza del marchio RSPCA non è bastata a impedire maltrattamenti gravi, e solo la diffusione pubblica dei video ha portato a conseguenze concrete.
Ma il tema va ben oltre la Scozia. L’Italia, che importa tonnellate di salmone scozzese ogni anno, è parte integrante della catena. Quello che succede negli allevamenti del nord Europa finisce sulle tavole delle famiglie italiane, nei piatti dei bambini, negli aperitivi e nelle diete proteiche. Con la convinzione – errata – di consumare un prodotto “salutare”. E invece è il risultato di un sistema intensivo che produce sofferenza, degrado ambientale e pericoli per la salute pubblica.
Dopo la messa in onda del servizio, sui social è esplosa l’indignazione. “Mai più salmone nel mio piatto” scrivono molti utenti, mentre cresce la richiesta di etichette trasparenti, tracciabilità reale e controlli seri. Ma, come sempre, serve più di uno scossone mediatico. Servono regole vincolanti, responsabilità chiare e soprattutto la volontà politica di non voltarsi dall’altra parte.
Animal Equality, intanto, chiede un intervento immediato delle autorità europee e una riflessione sul consumo di pesce allevato, sottolineando che la sensibilità verso gli animali non può fermarsi ai mammiferi. I pesci sentono dolore, soffrono, e meritano tutele adeguate. Intanto, quel salmone rosa brillante nel banco frigo non è più solo un alimento. È il simbolo di una scelta, individuale e collettiva. Una scelta che, dopo quest’inchiesta, non può più essere inconsapevole.
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