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10 Giugno 2025 - 16:19
Rivarolo Canavese, un anno dopo: degrado, silenzi e promesse al vento (foto archivio)
A distanza di un anno, il quartiere che affaccia sul centro commerciale San Francesco, a Rivarolo Canavese, è ancora ostaggio del degrado e dell’incuria. Nulla è cambiato, nonostante le segnalazioni, le denunce pubbliche e le promesse dell’amministrazione. Le testimonianze dei residenti suonano come un disco rotto: schiamazzi notturni, comportamenti incivili, atti di vandalismo e cumuli di rifiuti che stazionano per giorni. Una situazione ormai diventata insostenibile, che alimenta rabbia e frustrazione.
Il parcheggio del centro, a due passi dalle scuole superiori, continua ad attrarre gruppi di giovani provenienti non solo da Rivarolo ma anche dai comuni limitrofi. È diventato un punto di ritrovo serale e pomeridiano, dove la socializzazione sfocia troppo spesso in inciviltà. Si parla di musica ad alto volume, danneggiamenti a strutture, rifiuti abbandonati, bottiglie rotte. Ma ciò che più fa infuriare i residenti è l’immobilismo delle istituzioni.
Chi vive nei palazzi affacciati sull’area racconta di aver contattato più volte l’amministrazione comunale. Le email restano senza risposta, le telefonate vengono ignorate o deviate ad altri uffici, i pochi interventi sul posto sono fugaci e inefficaci. Una cittadina ci dice: "Abbiamo scritto, telefonato, segnalato in tutti i modi possibili. Non chiediamo miracoli, chiediamo rispetto. Ma da chi dovrebbe rappresentarci, abbiamo ricevuto solo silenzio". E il silenzio, in certi casi, pesa più del rumore.
Anche la ditta incaricata della pulizia dell’area, la Teknoservice, finisce nel mirino. I residenti raccontano di aver contattato il responsabile del servizio per segnalare la presenza di rifiuti e cassonetti stracolmi, ma anche in questo caso le risposte sono mancate o sono servite solo a spostare la responsabilità altrove. "Ogni tanto passano a pulire – ci spiega un residente – ma poi tutto torna come prima. E se chiedi spiegazioni, ti senti dire che il problema non è loro".
Nel frattempo, le telecamere di videosorveglianza installate nell’area sembrano essere lì solo per fare scena. Nessun deterrente, nessuna vera funzione. I ragazzi continuano a radunarsi proprio sotto gli obiettivi delle telecamere, certi dell’impunità. Le immagini, se vengono registrate, non sembrano mai portare a conseguenze. Il controllo è apparente, la sicurezza solo illusoria.
Lo scorso anno, il sindaco Martino Zucco Chinà, appena eletto, aveva riconosciuto il problema parlando di “interventi strutturali” e coinvolgimento di privati per riqualificare l’area e offrire nuove opportunità ai giovani. A oggi, però, nulla di tutto questo è stato avviato. Nessun progetto presentato, nessun cantiere aperto, nessun tavolo di confronto con i cittadini. Solo parole, promesse e buone intenzioni. Ma la città non può più permettersi di aspettare.
La questione è delicata, certo. Nessuno vuole criminalizzare i giovani, che hanno il diritto di avere luoghi dove incontrarsi e socializzare. Ma la libertà di alcuni non può prevaricare il diritto di altri a vivere in ambienti salubri e sicuri. Non si tratta di reprimere, ma di educare, progettare, ascoltare. La risposta non può essere solo polizia e repressione, ma nemmeno abbandono e menefreghismo.
Serve un piano serio, partecipato, concreto. E serve ora. Perché la pazienza dei cittadini è finita, e il degrado, se non contrastato, rischia di diventare la normalità. Una città che accetta l’abbandono come stato di fatto è una città che rinuncia a se stessa. Rivarolo merita di più. E i suoi cittadini non smetteranno di chiederlo.
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