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Biella, scoperta truffa ai danni dello Stato: 15 stranieri percepivano indebitamente l’assegno sociale per oltre 440mila euro

Indagine dei Carabinieri del Nucleo Tutela Lavoro: vivevano all’estero ma continuavano a incassare il contributo economico. Revoche in corso e controlli estesi a 200 posizioni

Biella, scoperta truffa

Biella, scoperta truffa ai danni dello Stato: 15 stranieri percepivano indebitamente l’assegno sociale per oltre 440mila euro

Vivevano stabilmente nel loro Paese di origine, ma ogni mese il bonifico dell’assegno sociale continuava ad arrivare puntuale sui loro conti correnti. Alcuni prelevavano da bancomat italiani durante brevi rientri, altri lo facevano direttamente dall’estero. C’è perfino chi, da tempo deceduto, risulta aver continuato a percepire l’assegno grazie a operazioni bancarie ancora attive. È quanto hanno scoperto i Carabinieri del Nucleo Tutela Lavoro di Biella, che hanno concluso un’indagine accurata su 200 posizioni di cittadini stranieri, individuando 15 casi anomali, con una cifra indebitamente percepita pari a 445.218 euro.

L’inchiesta, avviata nei mesi scorsi, ha passato al setaccio i beneficiari dell’assegno sociale nati all’estero e residenti nel biellese. Il sospetto iniziale era semplice: in diversi avrebbero trascorso all’estero più tempo di quanto consentito dalla legge, pur continuando a risultare formalmente residenti in Italia. I sospetti si sono rivelati fondati. I 15 cittadini stranieri — le cui nazionalità non sono ancora state rese note — avrebbero violato il requisito di effettiva permanenza nel territorio italiano, continuando a godere di una misura destinata a chi, in teoria, vive stabilmente in Italia in condizione di bisogno economico.

La legge è chiara: l’assegno sociale — in passato chiamato pensione sociale — è una prestazione assistenziale non contributiva che l’INPS eroga a chi ha compiuto almeno 67 anni, è residente stabile in Italia e possiede redditi inferiori alla soglia prevista per legge (circa 6.947 euro annui nel 2024). Non è sufficiente avere il permesso di soggiorno o la cittadinanza: è necessario dimostrare di risiedere effettivamente in Italia per almeno 10 anni continuativi, e soprattutto non assentarsi dal territorio nazionale per oltre 29 giorni consecutivi o 183 giorni complessivi in un anno, pena la revoca del beneficio.

Invece, secondo i riscontri raccolti dai carabinieri, alcuni dei soggetti finiti sotto inchiesta tornavano nei Paesi di origine per lunghi periodi, in certi casi per anni, ma senza interrompere la percezione dell’assegno. Non solo: le operazioni bancarie sono proseguite regolarmente, con prelievi da conti italiani o esteri, aggirando così il monitoraggio INPS. I casi più gravi riguardano due persone risultate decedute da tempo, per le quali — incredibilmente — il flusso di denaro pubblico non si era mai interrotto.

Gli investigatori hanno ora avviato la procedura per la revoca immediata del beneficio a tutti i soggetti coinvolti e la recupero delle somme indebitamente percepite. Inoltre, i fascicoli sono stati trasmessi all’autorità giudiziaria per valutare l’eventuale configurazione del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato. Le indagini proseguono anche per accertare possibili complicità o omissioni nei controlli amministrativi, e per individuare altri beneficiari in situazioni simili.

Il caso solleva l’ennesima questione sulla vulnerabilità dei sistemi di welfare, spesso troppo facili da eludere per chi è disposto a manipolare dati e dichiarazioni. Ma anche sulla difficoltà cronica dello Stato nel controllare in tempo reale la permanenza effettiva dei beneficiari. È un problema che non riguarda solo Biella: analoghe inchieste in Lombardia, Campania e Lazio hanno già evidenziato numerose criticità nella gestione dell’assegno sociale e di altre misure non contributive, soprattutto quando si tratta di stranieri o di soggetti con legami familiari e patrimoniali all’estero.

Il bilancio, ancora una volta, è quello di un welfare sotto assedio, in cui i controlli arrivano sempre tardi, spesso su segnalazione, e le cifre sottratte alla collettività diventano irrecuperabili. Intanto, a pagare il conto, sono i cittadini onesti che vedono un sistema sbilanciato e inefficiente, incapace di distinguere chi ha davvero bisogno da chi ne approfitta.

Il caso Biella è un campanello d’allarme. Serve una rete di controlli incrociati tra INPS, anagrafe e istituzioni consolari, un uso più sistematico dei dati bancari e un miglioramento degli strumenti digitali di tracciabilità, soprattutto per prestazioni pubbliche sensibili. Perché quando lo Stato viene frodato, non è solo una perdita di denaro: è una ferita alla fiducia collettiva, e un danno per chi davvero non arriva a fine mese.

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