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Crisi Decathlon: sindacati e Regione intervengono. Che cosa non ha funzionato?

Proteste, interrogazioni e tavoli istituzionali: il sindaco chiede chiarimenti, la Regione promette aiuti

Crisi Decathlon:  sindacati e Regione intervengono. Che cosa non ha funzionato?

Adesso è ufficiale. Non è più una voce. Non è più un post sdegnato. Non è più quel brusio da retrobottega che a Venaria circolava già da giorni. La chiusura del punto vendita Decathlon di corso Garibaldi è realtà. L’annuncio è arrivato venerdì 23 maggio con una nota stampa chirurgica, fredda, senza margini di interpretazione. Il negozio chiuderà entro la fine di ottobre 2025.

Dietro la formula aziendale – “dare maggiore impulso alla nostra attività globale” – ci sono 15 lavoratori. Uomini e donne. Con figli. Con mutui. Con vite radicate su un territorio che ora li scarica. Decathlon promette dialogo, ascolto, soluzioni. “Abbiamo avviato un confronto con l’équipe per conoscere le loro aspettative e l’apertura al trasferimento, anche in altre sedi”, si legge nel comunicato ufficiale. L’obiettivo dichiarato è “permettere a ciascun decathloniano e decathloniana di dare continuità al proprio progetto professionale”.

Peccato che questo progetto, per chi oggi lavora nel punto vendita di Venaria, venga smantellato senza preavviso. E come troppo spesso accade, a pagare il prezzo di questa razionalizzazione saranno i più deboli.

“Ci hanno detto che proveranno a ricollocarli, ma non è mai semplice”, ha dichiarato Luca Sanna della UILTuCS, che da settimane segue il caso. “Di certo chiederemo aiuto alle istituzioni locali. Ci auguriamo che siano al nostro fianco”.

Sullo sfondo resta la stessa inquietudine che ha già accompagnato un’altra chiusura eccellente, quella del polo logistico di Brandizzo, chiuso lo scorso 31 marzo. Lì erano 125 i lavoratori coinvolti. Lì, come a Venaria, la comunicazione fu improvvisa, spiazzante, e si parlò di “riorganizzazione europea”. In mezzo, promesse di ricollocazione mai pienamente concretizzate. E adesso, la storia si ripete.

Il rischio è che anche stavolta, il territorio venga lasciato solo.

Lavoratore Decathlon

Nel pomeriggio di martedì 27 maggio, della questione si è parlato anche in Consiglio regionale a Torino. A portare il caso in aula sono stati Sarah Disabato per il Movimento 5 Stelle e Laura Pompeo per il Partito Democratico.

“La chiusura rappresenta un duro colpo per il tessuto economico e sociale di Venaria Reale, già provato da altre perdite recenti”, ha dichiarato Disabato. “Abbiamo presentato un’interrogazione per chiedere un tavolo di confronto con tutti gli attori coinvolti. Non si può lasciare soli i lavoratori. La Regione deve elaborare strategie per aumentare l’attrattività economica. Continueremo a monitorare la situazione, insieme al nostro consigliere comunale Davide De Santis”.

E proprio De Santis, consigliere comunale M5S, rilancia: “Ogni chiusura è un colpo al cuore della città. Venaria non può assistere passivamente al proprio declino. Serve un confronto urgente tra istituzioni, commercianti e cittadini per trovare soluzioni concrete. Serve un piano di rilancio”.

Dalla sponda Pd, la consigliera regionale Laura Pompeo ha fatto sapere di aver interrogato l’assessore Elena Chiorino. “L’assessore ci ha comunicato che non è ancora stata attivata alcuna procedura di licenziamento e che l’azienda sta lavorando per ricollocare il personale su altri punti vendita del Torinese”, ha dichiarato Pompeo. “Ma, nonostante le rassicurazioni, resta il fatto che questa chiusura rappresenta un duro colpo per la zona. Soprattutto se si pensa alle aspettative create nel 2021 con l’apertura del punto vendita. Monitorerò con attenzione i prossimi sviluppi, soprattutto per quanto riguarda i piani di ricollocamento”.

Anche il sindaco Fabio Giulivi è intervenuto, affidando il proprio commento a Facebook. “Abbiamo appreso con grande sorpresa della chiusura. È una decisione inattesa che ha spiazzato tutti: dipendenti, sindacati e amministrazione. Con Decathlon avevamo avviato progetti importanti, anche in ambito sportivo. Ci siamo attivati per chiedere subito un incontro alla direzione aziendale. Abbiamo chiesto l’apertura di un tavolo di confronto”.

Ma le parole, da sole, non bastano.

È l’ennesima chiusura, in una città che negli ultimi mesi ha perso un pezzo dopo l’altro. Prima il Bricocenter. Ora Decathlon. Tutte aziende che, al momento dell’inaugurazione, erano state salutate come simboli di rinascita, crescita, sviluppo. Oggi sono ferite aperte. Spazi vuoti. Capannoni abbandonati.

E intanto il tessuto economico di Venaria Reale si sfilaccia. Il commercio crolla. I lavoratori restano appesi. I cittadini perdono servizi, presidi, riferimenti. Ogni chiusura è un colpo alla vivibilità. Ogni serranda abbassata è una vetrina spenta nel cuore della città.

C’è chi parla di “strategia di disimpegno dal territorio”, ma Decathlon – a differenza di chi chiude perché fallisce – continua ad aprire altrove: in corso Unione Sovietica, in Borgo Filadelfia, in corso Vittorio Emanuele a Torino. Perché a Venaria no? E cosa non ha funzionato?

La risposta, forse, sta nei numeri. Forse nella logistica. O forse in una miopia strutturale che continua a colpire le città medie, troppo grandi per essere ignorate, ma troppo piccole per essere salvate.

A rimetterci, ancora una volta, sono i lavoratori. I clienti. Il territorio.

L’unica certezza, oggi, è che da qui a ottobre, 15 famiglie si giocheranno il futuro. Con la speranza di non essere, ancora una volta, dimenticate.

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