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22 Maggio 2025 - 12:41
San Maurizio, la biblioteca civica prende il nome di Margherita “Tota” Benanzio: l’educatrice che fece della cultura una casa per tutti
Non è servita una ricorrenza ufficiale, né l’eco del Salone del Libro per riportare al centro di San Maurizio Canavese il nome di Margherita Benanzio, per tutti “Tota”. È bastato l’affetto, sedimentato nel tempo, di un’intera comunità che sabato scorso si è ritrovata nella sala consiliare del municipio, gremita come nelle grandi occasioni, per intitolare ufficialmente la biblioteca civica all’educatrice che, nel 1945, ne aveva gettato le fondamenta tra i corridoi del primo piano dello stesso palazzo comunale. A distanza di ottant’anni, i suoi libri – alcuni ancora presenti sugli scaffali dell’attuale sede di via Carlo Alberto – sono tornati idealmente “a casa”. E con loro, la donna che insegnava senza cattedra, educava senza registro e donava senza risparmiarsi.
Classe 1899, torinese di nascita, figlia di un dentista, Margherita scelse San Maurizio come luogo dell’anima. La casa di villeggiatura di famiglia in via Mameli divenne la sua residenza stabile, e lì costruì la sua missione: educare i giovani, accoglierli, ascoltarli, prepararli alla vita con un rigore dolce e una generosità senza misura. Non insegnò mai formalmente, pur essendo diplomata maestra. Ma a San Maurizio nessuno dubita che fosse un’insegnante con la “I” maiuscola, come ha ricordato con commozione uno dei suoi “monelli”, presente alla cerimonia.
Quella parola, monelli, non era una forma di rimprovero, ma un vezzeggiativo affettuoso: erano i suoi ragazzi, che dopo i compiti aspettavano i genitori di ritorno dalla fabbrica o dai campi nella sua casa salotto, un luogo che nelle testimonianze viene descritto con lo stupore dei bambini di un tempo: il pianoforte nero con i tasti d’avorio, la cuccia del barboncino, il mobile di cristallo, la poltrona in velluto.
A tratteggiare la figura di Margherita, con precisione e amore, è stata anche la bibliotecaria Maria Chiara Borsa, autrice di una tesi di laurea proprio dedicata a Benanzio e alla nascita della biblioteca sanmauriziese. «Non solo catalogava i volumi – ha spiegato – ma sapeva consigliarli uno per uno, con l’intuizione di chi conosce il cuore della gente». Era lei, insomma, a dare un’anima a quelle pagine. Un patrimonio di carta e umanità che oggi viene formalmente riconosciuto, con la decisione di sostituire l’intitolazione precedente – ad Adriano Fangareggi, giovane figlio del podestà – con quella della donna che più di ogni altro ha incarnato il senso stesso di una biblioteca civica: essere spazio di conoscenza, comunità e accoglienza.
A dare voce al tributo istituzionale è stato il sindaco Michelangelo Picat Re, che ha sottolineato come la sala gremita sia «la testimonianza vivente di quanto Margherita Benanzio abbia seminato», mentre l’assessora alla Cultura Sonia Giugliano ha parlato di “una donna straordinaria, che ci ha lasciato in eredità un tesoro non solo culturale ma umano”. Non meno toccante l’intervento di Mauro Fiorio, presidente dell’associazione “Amici di San Maurizio”, che ha ricordato l’episodio emblematico del giorno in cui il Comune acquistò la Treccani: «Per Margherita fu come toccare il cielo con un dito. Era il suo Internet, uno strumento essenziale per apprendere in un’epoca senza connessioni digitali ma ricca di connessioni umane».
Oggi la biblioteca è gestita dalla Fondazione Csmc BiblioPan, che ne ha raccolto l’eredità proiettandola nel futuro. Il presidente Guido Aghem ha raccontato la nascita del laboratorio “Il Flauto di Pan”, dove i bambini scoprono il canto e la musica, affiancando la lettura ai suoni, in una sinestesia che unisce parole e note, proprio come Margherita avrebbe voluto. «L’intitolazione – ha detto Aghem – non è legata al calendario del Salone del Libro, ma al desiderio profondo di riconoscere una figura capace di unire. E in un tempo come il nostro, questa capacità è più preziosa che mai».
Chi l’ha conosciuta – direttamente o attraverso i racconti familiari – la paragona a una figura gozzaniana, sospesa tra poesia e concretezza, tra eleganza d’animo e semplicità dei gesti. Regalava set di posate ai suoi ragazzi quando si sposavano, anche quando per farlo doveva rinunciare alla cena. A pane e latte, dicevano. Ma nessuno ha mai sentito che si lamentasse. La sua ricchezza era quella dei libri, della cura, della presenza.
Ora, finalmente, la biblioteca civica di San Maurizio porta il suo nome. Un nome che non è solo un ricordo, ma un orizzonte educativo, un simbolo di cultura accessibile, una storia che continua a parlare anche a chi, come i bambini del 2025, sfoglia un libro tra le pareti dove ancora riecheggia la sua voce.
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