AGGIORNAMENTI
Cerca
Attualità
10 Maggio 2025 - 00:14
Massimo Ottogalli, sindaco di Settimo Rottaro
Non è una certezza. Non ancora. Ma nemmeno una leggenda di paese. È un’ipotesi suggestiva, concreta, con una base documentale che sta man mano prendendo forma tra le mani di chi, a Settimo Rottaro, ha deciso di sfogliare il passato con pazienza da archivista e cuore da detective.
Tutto comincia con una serie di segnalazioni, arrivate in municipio a poche ore dall’elezione di Papa Leone XIV. Qualcuno riconosce un cognome, un’ascendenza, un dettaglio sfuggito agli annali ufficiali ma custodito nella memoria collettiva. È il sindaco, Massimo Ottogalli, a raccontarlo senza troppi giri di parole: “Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni in merito e stiamo verificando nei registri del Comune e in quelli della parrocchia”.
Da lì parte una piccola corsa contro il tempo – o forse con il tempo – alla ricerca di un uomo chiamato Giovanni Prevosto, che secondo alcuni indizi sarebbe partito da Settimo Rottaro tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. E che potrebbe essere il nonno del nuovo Papa, emigrato prima in Francia e poi negli Stati Uniti, dove il cognome originario sarebbe stato modificato, forse per renderlo più “americano”, forse per un errore dello scriba al porto, come accadeva spesso.
Il nome Prevosto non è raro in paese. Anzi. Lo conferma ancora il sindaco: “In paese sono numerosi i residenti che portano quel cognome. Dai dati che abbiamo recuperato, per ora, non è possibile ottenere una conferma definitiva”. Ma proprio per questo, l’indagine assume i contorni di un puzzle complicato, dove ogni tessera deve combaciare perfettamente per far emergere un legame familiare credibile, documentato, inattaccabile.
A dare ulteriore corpo alla ricerca è l’archivio digitale della Ellis Island Foundation, scrigno di storie e partenze verso il Nuovo Mondo. Lì compare effettivamente un Giovanni Prevosto, partito da Settimo Rottaro, insieme ad almeno altri quindici omonimi registrati nel corso dei decenni. È su di lui che si stanno concentrando gli sforzi: potrebbe essere proprio quel Giovanni ad aver messo piede negli States e ad aver gettato le basi di una stirpe che oggi siede sul trono di Pietro.
Nel frattempo, tra le vie strette del paese e nella canonica della parrocchia, si respira un’aria di attesa, quasi di sospensione. C’è chi sfoglia vecchie foto, chi rovista nei cassetti, chi ricorda aneddoti sentiti dai nonni. Una comunità intera si è ritrovata, quasi senza accorgersene, parte di una storia più grande, di una cronaca che potrebbe collegare il più piccolo dei comuni del Torinese al cuore stesso della Chiesa cattolica.
È ancora presto per parlare di certezze. Ma è già tardi per ignorare la suggestione. E se davvero il Papa venisse da qui, anche solo per un ramo familiare dimenticato, Settimo Rottaro diventerebbe, suo malgrado, una nuova voce nel grande libro delle origini di Leone XIV.
Nel dubbio, i registri si sfogliano. Le carte si studiano. I sogni si accarezzano. E qualcuno già immagina – tra il serio e il faceto – una piazza intitolata, una visita papale, o almeno un francobollo commemorativo.
Perché certe storie, in fondo, non chiedono conferme. Basta che comincino con: “Forse il Papa veniva da qui…”
Dove finisce l’oceano e comincia il sogno americano: in un archivio digitale che custodisce milioni di nomi, tra speranza, fatica e identità perdute. È qui che si ricostruisce la storia dell’emigrazione europea. E dell’Italia che partiva.
C’è un’isola nella baia di New York che ha accolto più storie di qualunque altra al mondo. Non spiagge tropicali, né paradisi caraibici: Ellis Island, un lembo di terra tra Manhattan e la Statua della Libertà, è stata per oltre sessant’anni la porta d’ingresso degli Stati Uniti. E oggi è tornata a vivere grazie al lavoro silenzioso e prezioso della Ellis Island Foundation, un’organizzazione non profit che ha trasformato quell’ex stazione di controllo in un museo, un monumento, e un archivio di memoria collettiva.
Fondata nel 1982 su iniziativa dell’allora presidente Ronald Reagan, la Statue of Liberty-Ellis Island Foundation è nata con un obiettivo ambizioso: salvare dal degrado i luoghi simbolo dell’immigrazione americana e restituirli alla storia. Missione compiuta. Con una delle più grandi operazioni di fundraising culturale degli Stati Uniti, la Fondazione ha restaurato la Statua della Libertà e, soprattutto, l’edificio centrale di Ellis Island, trasformandolo nel National Museum of Immigration, inaugurato nel 1990.
Ma la vera rivoluzione è avvenuta qualche anno dopo, con la digitalizzazione di milioni di documenti: elenchi passeggeri, manifesti di bordo, registri sanitari. Così è nato uno strumento unico al mondo: l’Ellis Island Passenger Search, un archivio accessibile online che permette a chiunque di cercare i propri antenati arrivati via nave negli Stati Uniti tra il 1892 e il 1957.
Oltre 51 milioni di nomi scorrono oggi tra le righe di quel database. Cognomi italiani, irlandesi, tedeschi, russi. Donne con il fazzoletto in testa, bambini che stringono la mano ai genitori, uomini con la valigia di cartone. In quegli elenchi si legge un’epopea. Ogni nome è una storia. Ogni dato, una traiettoria esistenziale.
Anche l’Italia ha lasciato un’impronta profonda in quei registri. Tra fine Ottocento e inizio Novecento, milioni di italiani salparono dai porti di Genova, Napoli, Palermo, Livorno, in cerca di un futuro.
E' qui negli archivi digitali della Ellis Island Foundation che si potrebbe trovare il nome di un Giovanni Prevosto, partito da Settimo Rottaro, in provincia di Torino. Il nonno del nuovo Papa, Leone XIV, oggi al soglio pontificio. Una storia nella storia, possibile solo grazie a un lavoro di ricostruzione.
Ma la Fondazione non è solo passato. Ogni anno migliaia di americani si collegano al portale o visitano l’isola per trovare una radice, un legame, una fotografia sbiadita da raccontare ai figli. E chi vuole può anche iscrivere il nome del proprio avo sul Wall of Honor, un lungo muro che circonda il museo con incisi, uno dopo l’altro, i cognomi degli immigrati che hanno costruito l’America.
In tempi di confini chiusi, muri e respingimenti, Ellis Island resta un monumento aperto. Aperto al racconto, alla memoria, alla dignità delle partenze. Ricorda che nessuno è straniero, finché c’è una storia da ascoltare. E che ogni migrazione, prima che un fatto politico, è una faccenda di persone. E di nomi. Quei nomi che, un giorno, potrebbero anche salire al soglio pontificio. O tornare a vivere nei ricordi di un piccolo paese del Canavese.
Edicola digitale
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.