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09 Maggio 2025 - 22:41
Settimo Rottaro, il paese del nonno di Papa Leone
Ci sono paesi che esistono nell’ombra, nel silenzio. Che non fanno notizia, che non urlano. Paesi che sembrano dimenticati, a volte persino da chi ci vive. Poi accade qualcosa: un dettaglio emerso da una ricerca, un nome in un registro, una riga sbiadita su un atto di nascita. E tutto cambia.
Quel qualcosa è accaduto a Settimo Rottaro, un comune di poco più di 500 anime nel cuore del Canavese, in provincia di Torino. Un luogo rimasto per decenni fuori dai radar, oggi al centro dell’attenzione internazionale per una ragione che nessuno avrebbe mai potuto immaginare: il nonno paterno del nuovo Papa, Robert Francis Prevost, eletto col nome di Leone XIV, potrebbe essere nato proprio qui, tra queste colline. Non si tratta di un’indiscrezione né di una fantasia campanilistica: potrebbe essere storia.
Stando alle prime ricostruzioni, John R. Prevost sarebbe nato a Settimo Rottaro nel 1876, figlio di quell’Italia contadina e povera che guardava all’America come a una terra promessa. Lasciò il Canavese, come tanti altri, inseguendo un futuro oltre l’oceano. Lo trovò a Chicago. E oggi, uno dei suoi discendenti siede sul trono di Pietro. Una parabola degna di un romanzo.
Ma che paese è Settimo Rottaro? È un punto sulla mappa. Un comune che si affaccia timido sul lago di Viverone. Un luogo che potresti attraversare senza nemmeno accorgertene, se non fosse per quella quiete che ti invita a fermarti. È uno di quei paesi dove il tempo sembra essersi accovacciato sulle panchine: la lentezza, la dignità, la fatica, le stagioni che comandano. Una chiesa, una manciata di case, vigneti che si arrampicano sulla Serra morenica. E poco più.
Ma oggi, questo poco più è diventato moltissimo. È diventato un legame diretto con la storia della Chiesa cattolica universale.
La notizia, tra i cittadini, si è sparsa piano. Qualcuno quel cognome, Prevosto, se lo ricordava. Qualcuno l’aveva letto su vecchie lapidi, su documenti scoloriti, su fogli dimenticati in fondo agli archivi comunali. Altri hanno avuto bisogno di controllare, di chiedere, di confrontare. L’ipotesi è affascinante: il sangue di Papa Leone XIV passa per Settimo Rottaro. E questo, nel 2025, basta a riscrivere la storia di un paese.
A rendere tutto ancora più surreale – e irresistibilmente piemontese – è il fatto che Settimo Rottaro è noto, da sempre, quasi esclusivamente per la sua Sagra del salam ‘d patata. Un insaccato povero, umile, contadino: patate, sangue di maiale, spezie, budello naturale. Il simbolo stesso di una cucina di sopravvivenza e creatività.
Un Papa americano con il nonno del paese del salam ‘d patata: fosse stato un romanzo, nessuno ci avrebbe creduto.
Chissà che faccia avrà fatto il sindaco, Massimo Ottogalli, quando la voce ha iniziato a girare. Una scrollata di spalle? Un sorriso incredulo? O magari una telefonata concitata a don Silvio Faga, oggi vescovo di Biella?
Di certo, da oggi, la sagra del salam avrà un sapore diverso. Forse, tra gli stand, ci sarà chi lo assaggerà con una punta d’orgoglio in più. O chi penserà, masticando, che davvero la Provvidenza ha un’ironia sopraffina.
C’è chi sogna già una lapide commemorativa. Chi immagina il ritorno di un familiare, un lontano cugino, magari persino una visita papale. Chi, più pragmaticamente, spera almeno in qualche turista in più, in un po’ di attenzione mediatica, in qualche articolo – questo compreso – che riporti il nome di Settimo Rottaro dove non era mai arrivato.
Il sindaco, i parrocchiani, gli anziani del paese condividono un’emozione composta, tipica delle terre piemontesi: non si esagera, non si urla, ma si conserva tutto dentro. Con fierezza. E con un filo d’incredulità. Perché non capita spesso che un Papa abbia un nonno nato a due passi da casa tua.
Ma la bellezza di questa storia è anche un’altra: Settimo Rottaro non cambia. Non si traveste da paese vaticano, non si monta la testa. Resta se stesso. Una comunità minuscola, fatta di silenzi, di colline, di nebbie. Di gente che conosce il valore della terra e delle sue radici.
E sono proprio le radici il cuore di questa vicenda. Quelle che il Papa – anche senza aver mai camminato per queste strade – potrebbe portare dentro. Radici di chi è partito per necessità, ma ha tramandato, nel sangue, la memoria di un luogo.
E così oggi Settimo Rottaro non è più solo un piccolo comune del Canavese. È diventato una tappa del cammino che ha portato un uomo da Chicago alla Basilica di San Pietro.
Un giorno qualcuno lo scriverà su una guida turistica. O forse no. Ma chi vive qui oggi lo sa: tra le tante strade che portano a Roma, una passa anche da qui. Tra i filari d’uva, il profumo del salam ‘d patata e le pietre antiche di Settimo Rottaro.
E davvero, non serve dire altro.
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